Sono oltre 10 milioni le case inabitate in Italia Diritto alla casa

La vita delle comunità è influenzata dalla composizione degli abitanti e dalle abitazioni occupate. Vediamo quante e dove sono le case non abitate, comune per comune.

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EDIT: successivamente alla pubblicazione del nostro articolo (datato 2 febbraio 2023), Istat ha ritirato il dataset sulle abitazioni occupate nel 2019: “I dati sul numero di abitazioni non occupate relativi all’edizione 2019 del Censimento permanente sono in fase di revisione e verranno resi di nuovo disponibili al più presto”.

La presenza o meno di case abitate su un territorio può essere legato a quanto quella determinata area risenta di periodi di crisi economica, dell’eccessiva lontananza da zone con servizi più capillari ed efficienti ma anche del calo demografico che si sta registrando.

La popolazione italiana infatti sta diminuendo. Istat prevede che nel 2070 i residenti non raggiungano nemmeno la soglia dei 50 milioni, attestandosi secondo le stime a 47,7 milioni. Questo è dovuto a un progressivo calo delle nascite che sbilancia anche la quota di persone anziane presenti nel territorio italiano. Sempre secondo Istat, infatti, nel 2050 le persone con età superiore ai 65 anni saranno oltre un terzo della popolazione, secondo le stime il 34,9%.

La composizione della popolazione incide sulla vita delle comunità.

Sono queste delle dinamiche che incidono su molti aspetti della vita delle comunità. Per esempio, diminuisce il numero dei contribuenti impattando sulla finanza pubblica sia a livello locale che a livello nazionale. Ma cambiano anche le esigenze sul piano dei servizi con necessità sempre più capillare di strutture e figure adibite alla cura della popolazione anziana.

Lo spopolamento non colpisce in modo uguale tutte le aree del paese. Questo risulta evidente non soltanto dai dati della popolazione residente ma anche da quante abitazioni sono occupate dai residenti in una certa zona. In Italia nel 2019 si registrano circa 36 milioni di abitazioni. Di queste, poco più di 25 milioni risultano occupate in modo permanente. Il tema delle case sfitte non è soltanto una sfaccettatura dello spopolamento ma ha anche dei risvolti ambientali, come l’eccessivo consumo del suolo e incide anche su dinamiche sociali come l’emergenza abitativa.

29,73% le abitazioni non occupate permanentemente dalla popolazione residente (Istat, 2019).

Si tratta di un dato che varia molto tra i territori. La regione con la maggior incidenza di abitazioni non occupate è la Valle d’Aosta con il 56,73%. Seguono Molise (46,66%), Calabria (44,54%) e Abruzzo (41,11%). Quelle con il minor numero di case senza residenti si trovano nella provincia autonoma di Bolzano (24,19%), in Lombardia (23,70%) e in Lazio (21,72%).

Il dato rappresenta la percentuale di abitazioni non occupate in modo continuativo. Si considera la dimora abituale, ovvero il luogo in cui una persona trascorre abitualmente il periodo di riposo giornaliero. La popolazione dimorante costituisce la popolazione legale di un comune.

EDIT: successivamente alla pubblicazione del nostro articolo (datato 2 febbraio 2023), Istat ha ritirato il dataset sulle abitazioni occupate nel 2019: “I dati sul numero di abitazioni non occupate relativi all’edizione 2019 del Censimento permanente sono in fase di revisione e verranno resi di nuovo disponibili al più presto”.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: martedì 24 Gennaio 2023)

Tra le province italiane, quella con la quota maggiore di abitazioni non occupate in modo permanente è Sondrio, con il 57,04%. Seguono Aosta (56,73%), L’Aquila (55,09%) e Imperia (51,98%). Sono tutti territori in cui più della metà delle abitazioni è inabitata. Le aree caratterizzate dai valori più bassi sono Monza e della Brianza (16,59%), Cagliari (14,26%), Milano (13,11%) e Prato (12,61%). Queste dinamiche risultano confermate andando a vedere più nel dettaglio i dati a livello comunale.

Il dato rappresenta la percentuale di abitazioni non occupate in modo continuativo. Più è scuro il colore del comune, maggiore è la presenza di abitazioni non occupate. Per calcolare questi dati, si considera la dimora abituale, ovvero il luogo in cui una persona trascorre abitualmente il periodo di riposo giornaliero. La popolazione dimorante costituisce la popolazione legale di un comune.

EDIT: successivamente alla pubblicazione del nostro articolo (datato 2 febbraio 2023), Istat ha ritirato il dataset sulle abitazioni occupate nel 2019: “I dati sul numero di abitazioni non occupate relativi all’edizione 2019 del Censimento permanente sono in fase di revisione e verranno resi di nuovo disponibili al più presto”.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: martedì 24 Gennaio 2023)

Le zone vicine ai grandi centri urbani sono quelle in cui ci sono meno case abitate in modo non continuativo. In particolare, si possono notare le aree della Pianura Padana, la zona del nord della Toscana e quelle vicino a Roma e a Napoli. Risultano invece più alte le quote delle aree appenniniche e alpine, ad eccezione della provincia autonoma di Bolzano.

Le dinamiche demografiche incidono in misura più impattante sulle aree interne, più soggette a spopolamento e invecchiamento della popolazione. Queste zone sono quelle caratterizzate dalle distanze maggiori rispetto ai servizi essenziali. In particolare, sono inclusi i comuni intermedi, periferici e ultraperiferici con distanze pari a 20, 40 e 75 minuti dal polo più vicino.

Le aree interne sono i comuni italiani più periferici, in termini di accesso ai servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità). Vai a “Che cosa sono le aree interne”

Si stima che tra 2021 e 2031 i comuni nelle zone rurali registreranno nel complesso una riduzione della popolazione del 5,5%. Un dato ancora più sfavorevole per quelli che rientrano nelle aree interne, zone in cui questo calo previsto è pari al 9,1%.

Non è questo un fenomeno nuovo per queste zone. Al 2019 sono proprio le aree interne del paese quelle con meno case abitate. Se infatti solo il 18,88% delle abitazioni nei comuni polo non risulta permanentemente occupata, questo dato va aumentando mano a mano che ci si allontana dai centri. Nelle aree periferiche, la quota è pari al 49,88% mente nelle ultraperiferiche si raggiunge il 58,08%.

Foto: valtercirillolicenza

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