Il ruolo del presidente della repubblica nella nomina del governo

Il percorso delle consultazioni con i partiti, l’incarico del presidente del consiglio e la nomina del governo.

Definizioni

Con la costituzione del 1948 l’italia si è dotata di una forma di governo parlamentare. Di conseguenza alle elezioni viene eletto il parlamento e non il presidente del consiglio, che invece è nominato dal presidente della repubblica.

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.

Quello del presidente però non è un potere discrezionale. Il governo infatti per assumere i suoi poteri deve ottenere la fiducia del parlamento.

1. Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. […]

3. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

Nello scegliere il presidente del consiglio designato (ovvero che non ha ancora ricevuto la fiducia del parlamento) il capo dello stato deve identificare una figura che ritiene possa ottenere la fiducia delle camere.

Più precisamente, non è solo il presidente del consiglio a dover ottenere la fiducia ma tutto il governo. Ovviamente però le due cose sono strettamente collegate. Secondo la carta, infatti, il capo dello stato nomina i ministri su proposta del presidente del consiglio. Dunque la scelta è del presidente del consiglio, ma l’inquilino del Quirinale non si limita ad accoglierla passivamente.

Per individuare la formazione che si presenterà in parlamento a chiedere la fiducia, negli anni si è sviluppata un’irrinunciabile prassi costituzionale. Si tratta di una serie di incontri preliminari tra il capo dello stato e i partiti, noti come le consultazioni.

Il numero di incontri previsti e i soggetti invitati dal capo dello stato non sono prestabiliti e possono variare a seconda della fase politica. Attualmente potremmo considerare scontate le consultazioni con i presidenti d’aula e i capigruppo, a cui di solito si uniscono i leader di partito. Di frequente però sono stati chiamati al colle anche gli ex presidenti della repubblica, i capi delle componenti del gruppo misto e le minoranze linguistiche.

Se le consultazioni portano a un’indicazione chiara, la prassi prevede la possibilità che il presidente conferisca un mandato esplorativo. Nel 2018 ad esempio, di fronte a un panorama politico frammentato, il presidente Mattarella conferì a Carlo Cottarelli un breve mandato esplorativo.

Quando poi il capo dello stato conferisce l’incarico vero e proprio, la figura designata accetta con riserva. Dopo brevi consultazioni con i gruppi politici che dovrebbero comporre la maggioranza e torna al Quirinale per sciogliere la riserva, in maniera positiva o negativa.

Solo a questo punto il presidente del consiglio incaricato e i ministri pronunciano il giuramento:

Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione

Dati

Da quando è in vigore la costituzione sono stati nominati 65 governi. Nella gran parte dei casi il presidente del consiglio è stato espressione del partito che in parlamento aveva la maggioranza relativa. Non si tratta però di una regola, come accade spesso nelle monarchie parlamentari.

Questo modello è stato ampiamente diffuso nel corso della prima repubblica, anche se non sono mancati casi in cui la presidenza del consiglio è stata affidata a esponenti di forze minoritarie in parlamento.

Al contrario, nel corso della seconda repubblica di norma il premier era espressione della coalizione che aveva ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento.

Anche in questa fase però è capitato che, a seguito di crisi parlamentari, venisse nominato presidente del consiglio una figura indipendente dai partiti.

FONTE: openpolis
(consultati: mercoledì 17 Maggio 2023)

Analisi

A seconda della fase politica attraversata dal paese la nomina del presidente del consiglio da parte del capo dello stato può essere una scelta ovvia oppure in qualche misura discrezionale.

Se una maggioranza parlamentare esprime una chiara indicazione i margini di manovra del capo dello stato si riducono fino a quasi annullarsi.

Al contrario lo spazio discrezionale si amplia se il presidente si trova a scegliere senza che i partiti gli abbiano fornito un’indicazione chiara.

Una situazione di questo tipo si è verificata ad esempio nei casi dei governi Monti e Draghi. Bisogna ricordare però che un’ipotesi del genere è stata possibile solo perché le forze parlamentari non sono state in grado di esprimere un proprio candidato. Peraltro, affinché quest’ipotesi si concretizzi, i partiti devono accettare l’opzione proposta dal presidente in due diverse occasioni. Prima informalmente, durante le consultazioni, e poi ufficialmente, votando la fiducia in parlamento.

In tutti i casi che si pongono tra questi due estremi la scelta del presidente deriva dalle informazioni fornite dai partiti durante le consultazioni. È bene chiarire che non esiste nessun obbligo costituzionale o di prassi che imponga al presidente della repubblica una scelta predefinita. Conferire l’incarico al leader del primo partito o al leader della prima coalizione sono ovviamente le ipotesi più probabili ma non obbligate. Si tenga presente, infatti, che quando Spadolini ricevette l’incarico il Partito repubblicano italiano (Pri) aveva appena 16 seggi alla camera e 6 al senato. Questo però fu possibile perché la maggioranza che gli votò la fiducia si espresse favorevolmente sulla sua figura, nonostante i modesti numeri parlamentari.

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