Che cosa fa il relatore

Con i governi sempre più protagonisti anche della produzione legislativa, la nomina a relatore è uno dei pochi modi che rimangono ai parlamentari per incidere realmente sul dibattito, in commissione e in aula.

Definizione

In Italia è il parlamento a detenere il potere legislativo. Ciò significa che spetta alle camere dare l’approvazione definitiva alle proposte di legge in discussione. Queste possono essere presentate anche da altri soggetti tra cui il governo, i consigli regionali e i cittadini (raccogliendo almeno 50mila firme). Il via libera arriva alla fine di un iter che vede, generalmente, un primo passaggio in commissione e successivamente la votazione finale in aula.

Per facilitare il lavoro dei parlamentari, ogni disegno di legge in discussione viene accompagnato da una relazione. Tale documento spiega la ratio del provvedimento e descrive le misure contenute nei vari articoli. Vengono anche nominati uno o più relatori che hanno il compito di presentare ai colleghi il disegno di legge (Ddl) in esame. Generalmente chi svolge l’incarico di relatore in commissione viene confermato poi anche per il dibattito in aula.

Questa figura però non si limita a descrivere i Ddl. Può essere considerato invece, assieme al presidente della commissione competente per materia, una sorta di regista politico del dibattito. Esprime infatti il suo parere su tutti gli emendamenti presentati e coordina la mediazione sul provvedimento.

In alcuni casi possono essere nominati anche dei relatori di minoranza. Questi ultimi esprimono la posizione contraria, generalmente dei gruppi di opposizione, al testo approvato dalla commissione.

Diventare relatore quindi dà la possibilità a deputati e senatori di avere un ruolo determinante nel processo legislativo. Per questo si tratta di un incarico molto rilevante, che non tutti i parlamentari riescono a ricoprire nell’arco di una legislatura. O comunque non con la stessa frequenza.

Dati

Focalizzandoci sulle leggi approvate dall’inizio della XIX legislatura alla fine del 2023, possiamo osservare che i parlamentari che hanno ricoperto questo incarico almeno una volta sono stati 141. Di cui 79 alla camera (circa il 20% del totale dei deputati) e 62 al senato (31%). I più coinvolti a Montecitorio sono stati Ylenja Lucaselli (Fdi) con 7 incarichi come relatrice o co-relatrice, Paolo Formentini (Lega, 5) e Roberto Pella (Fi, 4). A palazzo Madama invece ai primi posti troviamo Alberto Balboni e Andrea De Priamo (Fdi, 5), seguiti da 5 senatori con 4 incarichi di relatore ciascuno.

FONTE: elaborazione openpolis su dati senato
(ultimo aggiornamento: mercoledì 24 Gennaio 2024)

In 24 occasioni almeno uno dei relatori era anche presidente della commissione incaricata di svolgere l’esame sul provvedimento. Il più attivo da questo punto di vista è il già citato Alberto Balboni (Fdi), presidente della commissione affari costituzionali del senato.

Un altro elemento da notare riguarda l’appartenenza politica dei relatori. La stragrande maggioranza è logicamente espressione della coalizione di governo ma in alcuni casi la scelta è ricaduta anche su rappresentanti dell’opposizione. È il caso ad esempio della legge sull’oblio oncologico, di quella per le celebrazioni per i 100 anni dalla morte di Giacomo Matteotti o dell’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno del femminicidio. Com’è evidente si tratta di temi politicamente non divisivi.

Al contrario ci sono state diverse circostanze in cui il ruolo di relatore è stato monopolizzato da un singolo gruppo in entrambe le camere. A Fratelli d’Italia (che è anche la compagine più numerosa sia al senato che alla camera) questo è successo in 20 occasioni, alla Lega 4 a Forza Italia 3.

Analisi

Anche se è il parlamento che approva le leggi in via definitiva, negli ultimi anni i governi sono diventati sempre più protagonisti anche della produzione normativa. Questo avviene sia con la presentazione di Ddl di iniziativa governativa che attraverso il frequente utilizzo dei decreti legge. A ciò si aggiunge il sempre più ricorrente ricorso alla questione di fiducia che di fatto rende nulle le possibilità di intervento sui testi per senatori e deputati.

La nomina a relatore è quindi uno dei pochi modi che rimangono ai parlamentari per incidere realmente sul dibattito. Come abbiamo visto però, questo incarico non viene equamente distribuito. Anzi, si tratta molto spesso delle stesse persone. Ciò contribuisce a concentrare ancora di più il potere parlamentare limitando lo spazio di manovra di deputati e senatori che non ricoprono posizioni chiave.

I relatori hanno un ruolo fondamentale nel successo o nel fallimento di un Ddl.

Una dinamica che diventa ancora più accentuata quando la figura del relatore coincide con quella del presidente di commissione. In questo caso infatti il parlamentare che ricopre questo doppio ruolo incide in maniera molto rilevante sul successo, ma anche sul fallimento, di un disegno di legge.

Un esempio significativo di questa seconda eventualità è quello riguardante il Ddl Zan, affrontato nella XVIII legislatura. Il percorso di questa proposta infatti fu molto accidentato per la ferma opposizione delle formazioni di centrodestra. Un ruolo importante nell’ostruzionismo a questo provvedimento fu svolto dall’allora presidente della commissione giustizia del senato, Andrea Ostellari (Lega). Scelto anche come relatore del Ddl, fece in modo di ritardare il più possibile la discussione. L’impasse fu superata solo a seguito di una votazione per far proseguire la discussione direttamente nell’aula di palazzo Madama. Il senato poi però decise di non procedere.

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