L’infinito giro di valzer dei cambi di gruppo Corsi e ricorsi

Gli ultimi 5 anni di politica italiana attraverso il progressivo aumento dei cambi di gruppo e le variazioni nella maggioranza che sostiene il governo.

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il senatore Denis Verdini

Le preferenze dei cittadini che vanno principalmente a 3 poli distinti e una legge elettorale – a detta di tutti – non adatta all’attuale sistema politico italiano non permettono a nessun schieramento di essere maggioranza in parlamento.

Al tempo stesso, la necessità di dare un governo al paese – per “riscrivere le regole del gioco” ma che inevitabilmente sarà chiamato a decisioni sui più diversi temi – spinge i partiti a cercare convergenze post elettorali.

Sono questi i temi principali della campagna elettorale per le politiche 2018, in assenza di dibattito sui programmi – sostituito da promesse per le quali non vengono indicate le coperture economiche – e tantomeno sulla leadership, con i capi partito attenti a evitare qualsiasi confronto diretto.

Ma tutto questo è già avvenuto, proprio negli stessi termini. E’ la storia della XVII legislatura, quella appena conclusa. Quando le attese di rinnovamento che erano riposte nel parlamento più giovane, con più donne e con più ricambio della storia repubblicana hanno dovuto fare i conti con la necessità di costruire una maggioranza in grado di approvare le leggi.

Per approfondire la composizione di Camera e Senato nella XVII legislatura

Il malcostume diventa pratica politica

Una politica debole confonde la forma con la sostanza.

Il record di cambi di gruppo fra deputati e senatori, il succedersi di 3 governi e la creazione di maggioranze parlamentari attraverso appoggi esterni o assenze concordate sono il lascito politico della XVII legislatura.

In questi anni in cui il rapporto fra cittadini e politici si è indebolito, il trasformismo ha certamente contribuito. E’ una questione di rappresentanza e anche di rendicontazione. Il transfugo disattende la delega che ha ricevuto con l’elezione e – in diversi casi – porta avanti il suo mandato in gruppi senza una chiara collocazione, dal nome improbabile e in continua trasformazione.

Nonostante ciò, si sta cercando di farne uno strumento legittimo sperando che l’opinione pubblica – ormai abituata – non ne faccia caso.

Se è vero che non imparando dal passato ci si condanna a ripetere gli errori, può essere utile ripercorrere gli ultimi 5 anni di politica parlamentare italiana attraverso il progressivo aumento dei cambi di gruppo e le variazioni nella maggioranza che sostiene il governo.

Larghe intese

Le elezioni del 2013 non hanno avuto un vincitore. Il centrosinistra (Partito Democratico + Sinistra ecologia e libertà) grazie al premio di maggioranza ha i numeri necessari solo alla camera ma non al senato dove si ferma a 128 membri quando ne occorrono 158. Fallito il tentativo di Bersani di guidare un esecutivo di minoranza, la strada individuata dal presidente della Repubblica è quella delle larghe intese.

La nascita del governo Letta richiede un sacrificio, le coalizioni elettorali si sfaldano e la maggioranza parlamentare si sviluppa lungo l’asse Partito Democratico – Forza Italia. Una decisione che produrrà lacerazioni nei rispettivi campi e porterà ad abbandoni e scissioni nel corso della legislatura.

Le larghe intese, il fallimento del polo centrista di Monti e l’inesperienza del M5S sono i principali motivi dei cambi di gruppo.

Il fenomeno diviene subito rilevante e aumenta costantemente con il prosieguo della legislatura. Alla fine contiamo 566 passaggi di gruppo, 313 alla camera e 253 al senato. I parlamentari coinvolti da questo moto continuo sono 347, il 36,53% degli eletti. Infatti in molti casi lo stesso politico cambia più volte gruppo e schieramento.

48 parlamentari dal 2013 al 2017 hanno cambiato almeno 3 volte gruppo

Alla camera il primato è di Ivan Catalano (eletto con il Movimento 5 stelle) e Stefano Quintarelli (eletto con Scelta civica) entrambi protagonisti di ben 5 cambi di casacca. Al senato ci sono tre parlamentari che sono riusciti a fare meglio: Andrea Augello (eletto con il Popolo delle libertà) e Salvatore Di Maggio (eletto con Scelta civica) con 6 cambi, e soprattutto Luigi Compagna, che dal 2013 a oggi si è spostato 9 volte da un gruppo all’altro.

Nella seconda repubblica il picco più basso si registra durante la XIV legislatura, l’unica che non ha visto cambiare la maggioranza di governo (centrodestra di Berlusconi). Da evidenziare invece come la legislatura XV (centrosinistra di Prodi) sia durata solo due anni e quindi più che il dato totale è la media mensile che rileva l’entità del fenomeno – 9 cambi al mese – superata solo dall’ultima legislatura, quella dei record.

«Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Lo afferma l’art. 67 della costituzione italiana, e rappresenta la base giuridica grazie alla quale deputati e senatori possono cambiare gruppo liberamente.
Un diritto di cui è stato fatto un abuso, considerando che in alcuni casi lo stesso parlamentare ha cambiato più e più volte gruppo e schieramento.

FONTE: elaborazione openpolis su dati di camera e senato
(ultimo aggiornamento: giovedì 1 Febbraio 2018)

Cambia anche il governo

Le larghe intese non durano nemmeno 7 mesi e quando Forza Italia non vota la fiducia sulla legge di stabilità, per salvare il governo e il proseguimento della legislatura occorre la scissione di Angelino Alfano e la nascita del Nuovo Centrodestra.

In quelli stessi giorni, Berlusconi decade da parlamentare e in molti dirigenti importati di partito e anche suoi collaboratori di lunga data scelgono la nuova formazione politica. Vi è un tentativo di riconfigurazione completa dello schieramento conservatore.

La ricerca di nuovi equilibri è ancora più forte nel centrosinistra, dove Matteo Renzi prima arriva alla segreteria del Pd e poi subentra a Enrico Letta alla guida del governo italiano.

Dopo la vittoria delle elezioni europee e forte di un grande consenso personale, il presidente del Consiglio decide di utilizzare un evento pubblico - la direzione del Partito Democratico - per ampliare la propria maggioranza parlamentare. Non si rivolge però ai segretari di altri partiti per trovare un accordo politico ma direttamente ai rispettivi ex capogruppo, che di lì a poco condurranno nelle file del Pd drappelli di parlamentari provenienti da Sinistra ecologia e libertà e da Scelta civica.

Il Pd deve essere un partito che vince e che, avendo una vocazione maggioritaria, sia in grado di contenere realtà diverse: da Gennaro Migliore ad Andrea Romano ci sia spazio di cittadinanza piena.

L'appoggio esterno

Anche se con perdite però i gruppi parlamentari di Forza Italia mantengono una consistenza importante e la maggioranza al senato è veramente esigua.

Infatti i partiti al governo raggiungono appena i 161 voti a palazzo madama, ovvero esattamente la maggioranza assoluta dei membri considerando anche i senatori a vita. Questo vuol dire che per essere certi di farcela, ogni giorno e in ogni votazione devono esserci sempre tutti e nessuno in disaccordo.

E' una cosa impossibile anche perchè molti che per via dei loro incarichi istituzionali sono poco presenti: 10 sono anche membri del governo, 19 sono presidenti di commissione e 4 sono senatori a vita.

Per risolvere l'intoppo si fa ricorso nuovamente ai cambi di gruppo. In 29 arrivano in soccorso del governo, organizzati in 3 gruppi distinti: Al-A, Gal e Misto.

Gli equilibri al senato dopo la fine delle larghe intese

 

Si tratta di un raggruppamento eterogeneo, con parlamentari provenienti da diversi gruppi anche se eletti sopratutto nelle file del centrodestra. Non è un caso se Grandi autonomie e libertà (Gal) abbia cambiato denominazione 16 volte, rimodulandola ogni volta all'arrivo di un nuovo membro.

L'appoggio esterno di Al-a, Gal e di parte del misto permette al governo di andare avanti. I termini politici dell'accordo non sono noti e i confini della maggioranza non definiti.

Regista dell'operazione è il senatore Denis Verdini che in questo modo blinda il Governo, dandogli un vantaggio non colmabile dalle opposizioni che per di più - essendo contrapposte in valori e posizionamento - raramente agiscono coordinate.

La collaborazione con il governo è altalenante ma sicuramente per alcuni mesi vi è grande sintonia con il Pd. Nel gennaio 2016, prima confermano il sostegno alla riforma costituzionale della Boschi per poi essere ricompresi nella maggioranza quando pochi giorni dopo vengono riassegnate le cariche nelle commissioni, ottenendo così 3 vice presidenze.

Assenze concordate

Questo schema sostanzialmente regge per l'intero 2016, periodo durante il quale nella politica italiana è tutto - compreso le dinamiche parlamentari - funzionale alla campagna referendaria. Si interrompe con la vittoria del No e la nomina di Paolo Gentiloni a capo del governo.

La maggioranza parlamentare gradualmente si sgretola. In ordine sparso, quasi un quarto dei parlamentari che avevano seguito Alfano torna da Berlusconi. Ma ad incidere maggiormente è la scissione dal Pd di Articolo 1, formazione guidata da Bersani e Speranza che può contare su 42 deputati e 16 senatori.

A questo punto i partiti concordano tacitamente su una gestione "ordinata" dell'ultimo anno di legislatura, che possa consentire ad ognuno di prepararsi per la campagna elettorale. Non c'è più una maggioranza in grado di approvare autonomamente le leggi - che quindi depurate degli aspetti conflittuali - passano solo grazie alle "assenze coordinate" delle opposizioni.

93 leggi sono state approvate al senato senza la maggioranza assoluta, ovvero i favorevoli erano meno di 158 voti.

Movimento 5 stelle

I cambi di gruppo hanno riguardato tutti. Il M5S è l'unico ad aver perso parlamentari senza prenderne da altri.

La dinamica principale che ha guidato i cambi di gruppo è stata il posizionamento rispetto al governo, quindi entrare o uscire dalla maggioranza parlamentare. Frequenti anche movimenti fra formazioni all'interno dello stesso schieramento.

L'identità stessa del Movimento 5 stelle - così nettamente critica rispetto qualsiasi altra forza politica - non è riuscita ad evitare che molti dei suoi parlamentari andassero altrove.

24% degli eletti M5S ha cambiato gruppo.

Colpisce poi, oltre all'elevato numero di transfughi il fatto che questi abbiamo preso le direzioni più diverse. Sparpagliati in 10 gruppi diversi - praticamente tutti tranne la Lega - anche se in misura maggiore nel misto.

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