L’impatto della violenza di genere sui minori #conibambini

Nel 2023 più di 113mila bambine e bambini sono stati presi in carico dai servizi sociali a seguito di episodi di violenza. Queste situazioni possono avere un impatto psicologico e fisico devastante sulla loro vita.

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La violenza di genere è da alcuni anni sempre più al centro dell’attenzione pubblica. Anche per il susseguirsi di notizie che raccontano di donne uccise o maltrattate, spesso da partner, ex partner o persone a loro vicine. Un fenomeno che ha riacceso il dibattito pubblico e stimolato il confronto nelle sedi istituzionali: di recente si è discusso di una proposta di legge volta a inasprire le pene per il femminicidio e ad ampliare le aggravanti per reati come maltrattamenti e stalking, oltre a prevedere nuove forme di sostegno per le vittime.

Le violenze di genere colpiscono le donne e, spesso, anche bambini e bambine che vivono nel nucleo familiare: minori che, in molti casi, subiscono una qualche forma di abuso diretto, ma che sono anche testimoni delle sopraffazioni. Secondo un report pubblicato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza infatti, il 34% dei minori presi in carico dai servizi sociali nel 2023 ha assistito a episodi di violenza contro familiari o conviventi. Un’esperienza altrettanto devastante.

L’impatto in termini psicologici su bambini e bambine, ragazzi e ragazze è profondo e duraturo. Crescere in un contesto familiare violento può causare disturbi del sonno, ansia, aggressività o comportamenti “adultizzati”. Inoltre aumenta il rischio che la violenza venga interiorizzata come modello relazionale comune e accettabile.

113.892 i minorenni presi in carico dai servizi sociali a causa di una qualche forma di maltrattamento al 31 dicembre 2023.

In questo articolo analizzeremo alcune delle pubblicazioni e dei dati più recenti sul tema. Esamineremo inoltre la distribuzione del fenomeno e la presenza sul territorio nazionale di strutture di supporto — come centri antiviolenza e case rifugio — che possono rappresentare un punto di riferimento anche per i più giovani. Il quadro che ne emerge è che, sebbene la sensibilità su questo fronte sia aumentata negli ultimi anni, c’è ancora molto lavoro da fare.

Gli orfani di femminicidio

Relativamente ai minori vittime di violenza, è recentemente intervenuta anche la commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. Lo scorso agosto infatti l’organo bicamerale ha approvato una relazione dedicata agli orfani di femminicidio. Al netto degli episodi di violenza diretta, com’è evidente si tratta di casi particolarmente critici che comportano gravi conseguenze: dai disturbi psicologici alle difficoltà nel proseguire un percorso scolastico.

Secondo il documento infatti, l’impatto psicologico sui minori orfani di femminicidio è devastante. Gli esperti definiscono questa condizione come sindrome da lutto traumatico infantile (Child Traumatic Grief – Ctg). Tra i principali sintomi vengono segnalati disturbi del sonno e dell’alimentazione, ansia, isolamento, comportamenti aggressivi, apatia, sfiducia generalizzata, sensi di colpa e depressione. A questo si aggiunge lo stigma sociale che molti orfani subiscono.

A volte si presenta un rifiuto di proseguire gli studi, dato dagli aspetti depressivi e dal senso di inutilità generalizzato che provoca il ritenersi ingiustamente precipitati in un dolore senza fine, e diviene difficilissimo mantenere il precedente standard di rendimento scolastico, oppure si verificano abbandoni.

Il documento evidenzia come l’Italia disponga di un valido impianto normativo per quanto riguarda la tutela e il supporto degli orfani di femminicidio. Tuttavia individua anche alcuni aspetti critici su cui sarebbero necessari ulteriori interventi. Tra le varie proposte avanzate dalla commissione vi sono:

  • l’attivazione di un numero di pubblica utilità per l’orientamento ai servizi socio-sanitari e la consulenza legale;
  • supporto psicologico specializzato;
  • formazione specifica per gli operatori;
  • semplificazione dell’iter burocratico;
  • adeguamento dei sostegni economici (da ricordare l’indennizzo una tantum previsto dalla legge 122/2016 e il Fondo di rotazione per la solidarietà) giudicati non sufficienti.

Oltre a ciò, la commissione auspica anche la creazione di un registro nazionale/banca dati per analizzare meglio il fenomeno, i fattori di rischio e raccogliere dati su interventi e buone pratiche. Come abbiamo avuto modo di raccontare in passato anche su altri temi, questo tipo di mappatura attraverso i dati e informazioni certificate è il primo passo per produrre interventi e politiche efficaci.

I minori vittime di abusi nei territori

I minori orfani di femminicidio rappresentano certamente una delle categorie più vulnerabili tra quelle colpite dalla violenza di genere. La loro condizione richiede quindi tutele particolari. Tuttavia, molti degli effetti che segnano la vita di questi bambini e ragazzi — dal trauma emotivo alle difficoltà relazionali, fino all’impatto sul rendimento scolastico — non riguardano esclusivamente chi è rimasto orfano. Sono aspetti che accomunano, pur con intensità e sfumature diverse, l’intero universo dei minori vittime di violenza domestica o di genere, siano essi testimoni o vittime dirette.

Ma come si distribuiscono questi fenomeni sul territorio nazionale? Con specifico riferimento ai casi di violenza domestica, alcune informazioni ci vengono messe a disposizione dal rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza curato dal Gruppo Crc. A livello nazionale i reati segnalati nel 2023 per maltrattamento contro familiari e conviventi sono stati 25.258 di cui la maggior parte si è verificata in Lombardia. Qui infatti le segnalazioni sono state 3.635 pari al 14,4% del totale. Le altre regioni con più segnalazioni sono la Campania (3.293), la Sicilia (2.807) e il Lazio (2.697).

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Gruppo Crc
(pubblicati: giovedì 12 Dicembre 2024)

Logicamente, nelle aree poco popolose si sono verificati anche meno casi di violenza, tuttavia nessuna parte del paese è esente dal fenomeno. Specie se si considera che in questa statistica mancano i tanti casi non denunciati. In Basilicata, ad esempio, ci sono state 200 segnalazioni, in Molise 102, in Valle d’Aosta 50.

Centri anti violenza e case rifugio nel territorio

Tutelare e sostenere i bambini e le bambine vittime di violenza nel proprio percorso di crescita è un dovere per tutto il sistema paese. Su questo fronte anche il mondo della scuola e, più in generale, la comunità educante possono svolgere un ruolo importante, a partire dalla prevenzione, per superare stereotipi radicati ed educare a un’affettività sana. In parallelo, nei casi più gravi servono strutture e competenze specializzate per affrontare il problema. In questo senso spazi come i centri antiviolenza e le case rifugio sono fondamentali, non solo per le donne vittime di abusi ma anche per i loro figli.

I centri antiviolenza sono strutture spesso gestite da associazioni, enti locali o cooperative che offrono servizi di varia natura tra cui un primo supporto di natura psicologica oltre che consulenza legale e orientamento verso i servizi sanitari, sociali o abitativi. Le case rifugio sono invece strutture residenziali protette e segrete destinate alle donne e spesso anche ai loro figli che si trovano in pericolo di reiterazione della violenza e che quindi non possono rimanere a vivere nella propria abitazione. L’istituto di statistica ha elaborato una mappatura delle strutture attive sul territorio nazionale nel 2023.

Il tasso di copertura di case rifugio e centri antiviolenza è ancora limitato e con significative differenze territoriali.

I centri antiviolenza sono 404 in Italia. La maggior parte di queste strutture si concentra in Campania (67), Lombardia (54), Lazio (44) e Sicilia (31). Istat fornisce anche il tasso di centri antiviolenza attivi ogni 10mila donne. In base a questo indicatore possiamo osservare che il livello di copertura più ampio è quello del Molise (0,27 centri ogni 10mila donne). Seguono Umbria (0,25), Campania (0,23) e Abruzzo (0,2). I tassi più bassi sono quelli della Basilicata e delle Marche (0,07), del Trentino Alto Adige (0,09) e del Piemonte e dell’Emilia Romagna (0,1).

Le case rifugio attive sono invece 464 di cui 145 localizzate in Lombardia, 59 in Sicilia e 55 in Emilia Romagna. Questi dati segnano un raddoppio rispetto al 2017, tuttavia Istat sottolinea che il livello di copertura rimane comunque basso. Considerando il tasso di case rifugio attive ogni 10mila donne, la Lombardia si conferma al primo posto insieme al Friuli Venezia Giulia (0,29). Seguono Sicilia ed Emilia Romagna (0,24). In questo caso Istat fornisce anche l’indicazione riguardante il tasso di case rifugio attive ogni 10mila donne vittime di violenza. Per questo indicatore il valore più alto è quello fatto registrare dal Friuli Venezia Giulia (4,53), seguito da Sicilia (3,98) e Lombardia (3,92). Da notare i valori significativamente bassi riportati dal Piemonte (0,83) e dal Lazio (0,5).

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 14 Aprile 2025)

Con particolare riferimento alle case rifugio (e alle altre strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza) Istat fornisce anche alcune informazioni circa le vittime accolte. Nel 2023 le strutture residenziali in Italia hanno ospitato 7.731 persone a causa di violenza di genere. I minori rappresentano una quota significativa degli ospiti, con un totale di 4.157 presenze. Tra questi, 2.875 erano figli di donne vittime di violenza accolte nelle case rifugio, potenzialmente esposti o direttamente vittime di violenza. Altri 1.282 minori erano vittime di violenza ospitati in strutture non specializzate.

2.875 i minori potenzialmente esposti o direttamente vittime di violenza accolti nelle case rifugio nel 2023.

Da segnalare che 165 case hanno segnalato difficoltà nell’accogliere donne a causa dell’indisponibilità di posti. Di queste, 5 hanno dichiarato la necessità di triplicare la capacità di accoglienza attuale.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alla distribuzione dei centri antiviolenza e delle case rifugio nelle regioni italiane sono di fonte Istat.

Foto: Towfiqu barbhuiya da Pexels

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