L’Europa è ancora lontana dagli obiettivi climatici per il 2030 Ambiente

Secondo la corte dei conti europea, gli obiettivi climatici per il 2020 sono stati raggiunti, ma più grazie a fattori esterni che per l’efficacia dell’azione europea per il clima. Si pone il problema dei traguardi previsti per il 2030.

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Negli anni l’Unione europea si è posta importanti obiettivi in materia di clima e di energia, fissati per il 2020 e poi per il 2030.

Quelli relativi al 2020 sono stati raggiunti, anche se non tutti da tutti gli stati membri. Tuttavia il raggiungimento è stato reso possibile da fattori esterni, come la crisi finanziaria del 2009 e la pandemia da Covid-19 nel 2020, che hanno generato significative (e impreviste) fluttuazioni del Pil. Non è quindi un risultato esclusivamente attribuibile alle politiche di azione per il clima implementate dall’Ue.

Per quanto riguarda poi gli obiettivi per il 2030, sono pochi a oggi i segnali che indicano una buona probabilità di riuscita. È quanto emerge da una relazione speciale della corte dei conti europea.

Gli obiettivi europei per il 2020 e il 2030

L’Unione europea ha elaborato una serie di obiettivi per il clima, diventati via via più ambiziosi negli anni. Il più importante riguarda la limitazione delle emissioni di gas a effetto serra ed è basato sull’accordo di Parigi, per limitare l’aumento delle temperature globali e tenerlo al di sotto di 1,5 gradi centigradi. L’obiettivo per il 2020 era, specificamente, ridurre le emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990. Un traguardo raggiunto da tutti gli stati membri tranne Germania, Irlanda e Malta, che hanno dovuto acquistare Co2 da altri paesi. Per il 2030 invece il traguardo è pari al 55%.

Un altro obiettivo fondamentale riguarda le energie rinnovabili. Per il 2020 era previsto che gli stati membri raggiungessero una quota di produzione da rinnovabili pari al 20%. Complessivamente anche questo traguardo è stato superato, fatta eccezione per 6 stati: Belgio, Irlanda, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovenia. L’obiettivo per il 2030 è diventato sempre più ambizioso fino a raggiungere, con il RePowerEu, quota 45%.

Infine c’è la promozione dell’efficienza energetica, con cui si intende la riduzione dei consumi. L’obiettivo 2020 era di contrarre i consumi del 20% e, a parte 7 stati (Austria, Belgio, Bulgaria, Germania, Lituania, Polonia e Svezia) anche questo traguardo può dirsi superato. Per quanto riguarda il 2030, la riduzione prevista è pari al 42%.

È vero che gli obiettivi 2020 sono stati raggiunti, ma secondo la ricostruzione della corte dei conti ciò è dipeso in larga parte da fattori esterni. In particolare la crisi economica del 2009 e lo scoppio della pandemia da Covid-19, due episodi che hanno avuto un impatto sulla crescita economica e quindi sul prodotto interno lordo (Pil). Non un progresso che si può quindi attribuire esclusivamente all’azione per il clima portata avanti dall’Unione europea.

Calano le emissioni anche a fronte di una crescita economica

In vista del raggiungimento della neutralità climatica, l’Unione europea vuole, in particolare, disaccoppiare le emissioni di gas serra dalla crescita economica. Ovvero perseguire una politica di crescita economica sostenibile.

Sono considerati tutti i gas a effetto serra, misurati in chilotonnellate (kt) di Co2 equivalente, in questo caso in rapporto al prodotto interno lordo (Pil), come milione di euro a prezzi costanti (riferiti al 2015). I dati si riferiscono alle emissioni nette, escludendo il trasporto internazionale e l’aviazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eea
(pubblicati: martedì 18 Aprile 2023)

Le emissioni rispetto al Pil (calcolate in rapporto a un milione di euro a prezzi costanti, riferiti al 2015) sono gradualmente diminuite negli ultimi 20 anni, passando da oltre 400 chilotonnellate (kt) nel 2000 a 245 nel 2021. Tuttavia il valore del 2021 segna un lieve aumento rispetto all’anno precedente (244 kt). Anno caratterizzato, come accennato precedentemente, dallo scoppio della pandemia e dalla conseguente interruzione di molte attività produttive.

Ma non tutte le emissioni vengono conteggiate

Nel complesso l’Ue si posiziona bene a livello internazionale, anche rispetto agli altri paesi industrializzati, in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Tuttavia bisogna evidenziare che non si tiene conto di tutte le emissioni.

In particolare, secondo la ricostruzione della corte dei conti, nella rendicontazione globale si fa uso di un approccio “basato sulla produzione”, ovvero che conteggia le emissioni nel luogo in cui esse vengono prodotte. Sfugge quindi alla rendicontazione la “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”, con cui si intende il trasferimento della produzione in paesi extra-Ue, con regimi meno rigidi in fatto di inquinamento.

L’Ue è inoltre un importatore di merci dal resto del mondo. Per renderne conto bisognerebbe usare un sistema “basato sul consumo”. In questo modo si rileverebbero 300 milioni di tonnellate aggiuntive di Co2.

+8% le emissioni in Ue se si usasse un approccio “basato sul consumo”, secondo la corte dei conti europea.

A questo si aggiunge poi il fatto che non vengono contabilizzate le emissioni prodotte dal trasporto aereo e marittimo internazionale.

Viene indicata la variazione percentuale tra 1990 e 2019, in totale per tutti gli stati Ue, a seconda degli specifici settori.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eea
(pubblicati: martedì 18 Aprile 2023)

Nel complesso le emissioni di gas serra sono diminuite negli ultimi 30 anni, in particolare nel settore energetico (-40%). Unica eccezione l’aviazione internazionale, che ha visto un aumento pari al 146%. Consideriamo qui il dato relativo al 2019 perché il 2021 è stato ancora fortemente influenzato dalla pandemia, con contestuale limitazione degli spostamenti internazionali. Infatti se utilizziamo come termine di paragone quest’ultimo dato, la variazione scende al 29%.

Anche il trasporto e il trasporto marittimo internazionale hanno registrato un incremento, anche se di entità inferiore: rispettivamente + 24% e +34%. Questi tre settori (inclusa l’aviazione) rappresentavano il 16,6% delle emissioni in Ue nel 1990, ma il 28,5% nel 2019.

Raggiungere gli obiettivi per il 2030 comporterà investimenti ingenti

La transizione ecologica ha costi non indifferenti. L’Unione europea ha previsto, per il periodo compreso tra il 2021 e il 2027, di investire a questo scopo il 30% del proprio bilancio (rispetto al 20% del periodo 2014-2020).

87 miliardi di euro del bilancio Ue da dedicare ogni anno all’azione per il clima, tra 2021 e 2027.

Risorse certamente ingenti, tuttavia si tratta di meno del 10% degli investimenti necessari. Per raggiungere la neutralità climatica infatti si stima che saranno necessari circa 1.000 miliardi di euro l’anno, in questo stesso periodo. Quanto non incluso nel budget dell’Ue dovrà provenire da fondi privati e nazionali.

Per quanto riguarda l’Italia, si stima che per il periodo 2017-2030 saranno necessari 183 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi rispetto a quanto previsto dalle politiche attuali (+18%). Questo pone il problema, evidenziato dalla corte dei conti, non soltanto di garantire l’impiego di queste ingenti risorse, ma anche di assicurare la trasparenza rispetto alle modalità del loro utilizzo.

Foto: Li-An Limlicenza

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