L’economia sociale per lo sviluppo delle aree interne in Abruzzo Abruzzo openpolis

Dopo la pandemia sono diversi i segnali di crescita dell’economia sociale, intermedia tra stato e mercato, soprattutto in Abruzzo. Tuttavia, restano limiti che ne ostacolano le potenzialità nello sviluppo delle aree interne.

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Dopo la crisi legata all’emergenza Covid, torna a crescere l’economia sociale in Abruzzo. Parliamo del segmento di economia intermedio tra il settore pubblico e quello privato, animato da soggetti come cooperative, imprese sociali e altri enti del terzo settore.

Un modello che ha rilevanza economica, ma si distingue dall’azienda privata per il perseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È in particolare il mondo della cooperazione a mostrare una crescita, in Italia come in Abruzzo.

+14,4% il valore aggiunto del sistema cooperativo abruzzese tra 2020 e 2021.

Da un lato, un indubbio segnale di vitalità per l’economia sociale della regione, il cui valore aggiunto era sceso del 2% durante la pandemia, e che oggi mostra una crescita superiore al 14%. Molto più della media nazionale per lo stesso settore (+9,4%).

L’economia sociale come opportunità per lo sviluppo delle aree interne.

Allo stesso tempo, restano delle criticità che affliggono l’economia sociale, rendendo difficile una sua messa a sistema. In particolare nel modello delle cooperative di comunità, ecosistemi innovativi dove gli abitanti di un territorio sono contemporaneamente produttori e consumatori di beni e servizi, in un rapporto mutualistico che può consentire al territorio di crescere, economicamente e socialmente.

I limiti in cui operano le cooperative di comunità sono numerosi. Pesano l’inquadramento normativo fragile, almeno a livello nazionale (mentre l’Abruzzo è stato apripista, fin dal 2015) e la mancanza di una cultura più diffusa del fare impresa. Oltre a una governance condivisa, che animi e coordini i diversi attori locali.

Ostacoli che, nel tempo, ne hanno limitato lo sviluppo. Per soggetti senza scopo di lucro, la difficoltà di sostenere i costi ha portato infatti a un investimento nei settori già più vitali (come il turismo). Limitandone invece le grandi potenzialità nella crescita per il sistema socio-economico delle aree interne.

Economia sociale in Abruzzo, un sistema in crescita

Una recente analisi di Euricse, l’istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale, ha evidenziato come questo comparto sociale ed economico risulti in crescita dopo la pandemia.

Ne è un segnale l’aumento del suo valore aggiunto, ovvero la differenza tra i ricavi e i costi intermedi di questo settore. Un indicatore da prendere con molta cautela quando parliamo di questo ambito, dal momento che lo scopo statutario dei soggetti che operano nell’economia sociale non è (o non dovrebbe essere) la massimizzazione dell’utile, attraverso il contenimento dei costi, ma proprio la mutualità che deriva anche dai costi sostenuti.

Con questa premessa, è interessante osservare come durante la crisi pandemica tutto il settore abbia subito una contrazione. Nel corso dell’emergenza Covid, il sistema cooperativo abruzzese ha mostrato una resilienza superiore alla media: -2% in Abruzzo tra 2019 e 2020, a fronte di un calo del -4% a livello nazionale nello stesso periodo, per poi risollevarsi l’anno successivo.

Tra 2020 e 2021 il sistema cooperativo nazionale è cresciuto del +9,4%. Quello abruzzese ha mostrato un incremento ancora maggiore: +14,4%.

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Euricse
(pubblicati: martedì 20 Giugno 2023)

Una crescita significativa anche nel confronto con le altre aree del paese. Sebbene inferiore a regioni del mezzogiorno come Campania e Puglia, l’incremento registrato pone l’Abruzzo ai primi posti a livello nazionale, nel contesto post-pandemico.

Questi dati segnalano come il mondo della cooperazione e, al suo interno, quello delle cooperative di comunità, non possa essere ignorato. Non solo nel rafforzamento del valore sociale attraverso modelli mutualistici, ma anche come vero e proprio motore di sviluppo economico. Piuttosto, è interessante capire come e se una realtà in crescita possa essere rivolta verso obiettivi sociali strategici per la regione, come la rivitalizzazione delle aree interne in spopolamento.

Il riconoscimento dell’economia sociale dopo il Covid

Gli attori che stanno emergendo all’interno di questo quadro sono le cosiddette imprese di comunità, ovvero dei progetti di tipo imprenditoriale di proprietà e gestione di una collettività che ha come scopo quello di lavorare attivamente per comuni obiettivi del territorio, dal recupero di beni ambientali e monumentali alla produzione di beni e servizi a livello locale. Nel contesto locale, possono assumere la forma della cooperativa di comunità.

Dopo il Covid, le politiche europee hanno riconosciuto l’importanza dell’economia sociale.

In seguito alla pandemia, l’importanza di questi modelli intermedi tra amministrazione pubblica e impresa privata è stata valorizzata e riconosciuta anche dalle strategie europee, a partire dal Social economy action plan adottato dalla commissione Ue nel dicembre 2021. Questo piano segna un rafforzamento della strategia dell’Unione verso l’economia sociale, rispetto a un passato recente in cui l’attenzione delle politiche Ue era soprattutto rivolta alla concorrenza all’interno del mercato unico.

L’economia sociale può, nello specifico del caso abruzzese, avere un ruolo cruciale nell’intercettare i nuovi bisogni delle comunità, come quelli legati alle tendenze demografiche. Esigenze emergenti che necessitano di risposte: dall’invecchiamento della popolazione allo spopolamento di intere porzioni di territorio. A maggior ragione nelle aree interne, in conseguenza anche della mancanza di servizi e di occupazione.

Il caso abruzzese delle cooperative di comunità

In questo quadro le cooperative di comunità rappresentano un pezzo di economia sociale che può essere valorizzato per rivitalizzare le aree interne dell’Abruzzo.

Introdotte formalmente in Abruzzo con la legge regionale 25/2015, sono cooperative che associano gli abitanti di un territorio, con lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità locale, valorizzandone le competenze, le tradizioni culturali e le risorse territoriali. Un modello per rafforzare le relazioni interne alla comunità, spesso rarefatte in contesti periferici come le aree interne. E che dà modo agli abitanti di essere parte di un rapporto mutualistico tra produzione e consumo, consentendo la crescita economica e sociale del territorio.

Ne possono far parte come soci singoli cittadini, persone giuridiche, associazioni e fondazioni senza scopo di lucro, purché abbiano la residenza e la sede legale nella comunità di riferimento della cooperativa e dichiarino di svolgere in modo prevalente le loro attività nei confronti della comunità stessa.

Per essere tali, devono associare un numero minimo di abitanti del territorio, che successive modifiche normative alla legge regionale hanno modificato per renderle più facilmente praticabili.

Soglie minime per le cooperative di comunità in Abruzzo

Dimensione comunità di riferimentoTesto originario (lr 25/2015)Modifica 2021 (lr 23/2021)Modifica 2023 (lr 5/2023)
Fino a 2.500 ab.10%1% (minimo 12 soci)1% (minimo 12 soci)
Da 2.500 a 5.000 ab.8%0,8%1% (minimo 12 soci)
Da 5.000 a 15.000 ab.5% (minimo 400 soci)0,8%0,8% (minimo 25 soci)
Da 15.000 a 50.000 ab.5% (minimo 400 soci)0,8%0,5% (minimo 50 soci)
Oltre i 50.000 ab5% (minimo 400 soci)0,8%0,1% (minimo 100 soci)
Da sapere: le percentuali indicano il rapporto minimo tra numero di soci e residenti della comunità di riferimento della cooperativa (comuni, circoscrizioni, associazione di comuni etc.). La prima versione della legge (2015) prevedeva 3 fasce demografiche (fino a 2.500 ab., fino a 5.000 ab., oltre 5.000 ab.), la seconda 2 (fino a 2.500 ab., oltre 2.500 ab.), l'ultima versione (2023) ne ha previste 4 (fino a 5.000 ab., da 5.000 a 15.000, da 15.000 a 50.000, oltre 50.000).

Questo modello può consentire l’attivazione di buone pratiche a livello locale: un paper di Euricse sulle imprese di comunità, di prossima pubblicazione, cita ad esempio la cooperativa di comunità Calascio, in Abruzzo. Un caso interessante di integrazione tra servizi sociali, con l’assistenza agli anziani e la copertura delle spese sanitarie, cura del territorio, con la gestione del verde pubblico, e attività economiche, in particolare nella gestione della rocca e del turismo locale, con l’organizzazione di servizi dedicati quali navette e visite guidate.

Opportunità e criticità delle cooperative di comunità

Modelli di questo tipo sono replicabili e già esistono in diverse aree della regione. Tuttavia non mancano alcuni limiti che oggi ne frenano fortemente lo sviluppo.

In primo luogo, di tipo normativo, per la debolezza dell’inquadramento nel sistema giuridico nazionale, nonostante il ruolo di apripista svolto dalla legislazione regionale abruzzese. Nel sistema normativo italiano infatti esistono dei provvedimenti che regolano le dinamiche delle imprese di comunità: dalla legge 381/1991 che definisce le cooperative sociali, al decreto legislativo 155/2006, riguardante la disciplina dell’impresa sociale fino alla riforma del terzo settore del 2016.

Tuttavia in nessuno di essi è presente una definizione formale di cooperative di comunità, che quindi mancano di un impianto legislativo nazionale. Anche per la difficoltà, evidenziata dalla letteratura in materia, di definire un modello omogeneo valido per tutti i settori di intervento nei territori dell’intero paese.

Despite the increasing attention, a national framework to regulate CBCs is currently lacking. This gap exists mainly due to the difficulty in defining and homogenising their territorial and sectoral areas of intervention, as well as their governance model.

L’esperienza abruzzese delle cooperative di comunità si è scontrata nel tempo con altri due ostacoli. Da un lato, la difficoltà di coordinare tutti gli attori locali coinvolti nella direzione di obiettivi comuni, attraverso una governance condivisa. Dall’altro la questione, sempre aperta per organizzazioni con obiettivi mutualistici e senza scopo di lucro, di riuscire a sostenere i propri costi.

Un problema da cui non è stata esente anche una legislazione innovativa come quella abruzzese, nella misura in cui alla legge regionale non è stata affiancata una linea di finanziamento. E che ha portato le cooperative a insediarsi nei settori già più vitali e con maggiori ricavi, come quello turistico.

Diverse risultano le esperienze di regioni come l’Abruzzo e la Liguria che, seppur all’avanguardia nella legiferazione a supporto delle cooperative di comunità, non vi hanno affiancato una linea di finanziamento, limitando il ruolo di supporto all’avvio di impresa da parte delle Regioni.

Di fronte a tali criticità normative, economiche e di governance, appare strategico il coordinamento con un altro soggetto del territorio: i Gal, gruppi di azione locale.

I gruppi di azione locale (Gal) sono delle iniziative di partenariato locale il cui obiettivo principale è strutturare e mettere in atto una strategia partecipativa di sviluppo di un’area rurale. Vai a “Che cosa sono i Gal, gruppi di azione locale”

Parliamo di organizzazioni miste pubblico-private che servono a promuovere lo sviluppo e contrastare lo spopolamento di zone rurali e montane, attraverso progetti e interventi finanziati con i fondi strutturali europei, in particolare nell’ambito della politica agricola comune (Pac). Fronti su cui è evidente la potenziale sinergia con le cooperative di comunità, un aspetto ampiamente sottolineato dalla letteratura in materia.

However, the results suggest that LAGs have the potential to support CBCs in recognising their role in the sustainable development of rural areas.

Questa possibile sinergia tra Gal e cooperative di comunità appare ancora più evidente in Abruzzo, dove le cooperative di comunità operano soprattutto in contesti montani e interni.

Una mappatura delle cooperative di comunità

Attraverso le analisi dei ricercatori Gssi è possibile ricostruire come siano 31 le cooperative di comunità attualmente attive in Abruzzo. Potenzialmente, un vero e proprio motore dell’economia sociale della regione, dal momento che la loro finalità mutualistica di associare abitanti e comunità del territorio può rappresentare uno stimolo sia alla coesione sociale, quanto alle attività produttive locali.

Una funzione particolarmente importante in territori dispersi, quali quelli più interni, rurali e montani. Per questa ragione, la loro localizzazione va analizzata in modo sinergico con la geografia abruzzese e con la ripartizione in aree Gal della regione.

Quasi 3 cooperative di comunità su 4 si trovano nell’Abruzzo interno. In particolare, poco meno della metà (48%) sono state istituite in comuni periferici e ultraperiferici, a oltre 40 minuti dalla città polo più vicina.

In rosso sono indicati i confini territoriali delle aree Gal (gruppi di azione locale). Si tratta di partenariati formati da soggetti pubblici e privati che si occupano dello sviluppo dell’area rurale a cui fanno riferimento.

Le cooperative di comunità, in base alla legge regionale 25/2015 dell’Abruzzo, sono soggetti che associano gli abitanti di un territorio per valorizzarne le competenze, le tradizioni culturali e le risorse territoriali, con l’obiettivo di soddisfare i bisogni della comunità locale stessa. Finalità che possono perseguire attraverso lo sviluppo di attività economiche eco-sostenibili rivolte alla produzione di beni e servizi, al recupero di beni ambientali e monumentali e alla creazione di offerta di lavoro.

 

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Gssi, Istat, Dip. coesione territoriale
(consultati: venerdì 16 Febbraio 2024)

Nelle aree interne le imprese di comunità sono ancora più utili, ma non mancano gli ostacoli.

La concentrazione delle cooperative di comunità nelle aree interne non deve stupire: le analisi di Euricse hanno evidenziato come le imprese di comunità nascano con maggiore frequenza nei comuni più lontani dai servizi. Allo stesso tempo, è proprio in questi territori periferici che la loro attività incontra i maggiori ostacoli legati alle caratteristiche intrinseche delle comunità. Qui è infatti maggiore la disillusione verso le prospettive di cambiamento e miglioramento nelle condizioni di vita (Euricse, 2024). Pesa anche una minore attitudine delle amministrazioni locali, nonché una limitata disponibilità di risorse per enti di piccole dimensioni, nel sostenere dinamiche di co-progettazione. Anche per questa ragione il coordinamento con i Gal è così strategico.

La maggior parte delle cooperative di comunità si trova nell’area del gruppo di azione locale Majella Verde (9 su 31). Altre 6 sono collocate rispettivamente nelle aree Gal “Gran Sasso Velino” e in quella “Abruzzo Italico Alto Sangro”. Segue l’area Gal Marsica, con 5 cooperative di comunità insistenti sul proprio territorio.

Questa localizzazione nelle aree interne ne conferma la funzione di collante del proprio territorio. Una funzione che oggi incontra i limiti già ricordati; superarli, adottando una logica di sistema negli interventi pubblici e privati, può essere una chiave per arginare lo spopolamento e l’impoverimento dell’Abruzzo interno.

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