L’abbandono scolastico è un problema in crescita per alcuni paesi Ue Europa

Mentre l’Unione europea nel suo complesso si sta avvicinando all’obiettivo di abbattere l’abbandono scolastico precoce, alcuni paesi – tra cui la Germania – sembrano allontanarsi dai target.

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L’Unione europea si sta avvicinando all’obiettivo di ridurre sotto il 9% l’abbandono scolastico precoce, fissato per il 2030, ma non tutti i paesi marciano alla stessa velocità e nella stessa direzione.

Nel 2024 il 9,4% dei giovani europei tra 18 e 24 anni aveva lasciato gli studi con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore. Quasi 2 punti percentuali in meno rispetto a dieci anni prima, quando l’abbandono scolastico precoce colpiva oltre l’11% dei giovani.

-1,7 il calo, in punti percentuali, del tasso di abbandono scolastico in Ue tra 2014 e 2024.

Un trend positivo, trainato in particolare dai paesi mediterranei – su tutti quelli della penisola iberica. Anche se nel tempo il modo di calcolare l’indicatore è stato aggiornato, rendendo non perfettamente comparabili i dati in serie storica, l’ordine di grandezza appare evidente. Nel 2014 in Spagna quasi il 22% dei giovani aveva lasciato precocemente i percorsi scolastici o di formazione; in Portogallo il 17,3%. Oggi i due paesi si attestano rispettivamente al 13% e al 6,6%, con un calo di 8,9 e 10,7 punti percentuali.

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 11 Settembre 2025)

Anche diversi altri stati dell’Europa meridionale hanno registrato un miglioramento superiore ai 5 punti percentuali. In particolare Malta (-7,4 punti), Grecia (-6) e Italia (-5,2).

Negli ultimi anni, alcuni paesi invece si segnalano per una tendenza all’aumento della dispersione formativa e scolastica. Nell’arco del decennio, l’incidenza dell’abbandono precoce è infatti cresciuta di oltre 2 punti percentuali in Danimarca (+2,3 punti), Lituania (2,5), Germania (3,4) e Cipro (4,5). Numeri non perfettamente comparabili, come detto, dal momento che la metodologia di calcolo è stata aggiustata nell’arco del decennio.

Tuttavia una spaccatura nelle tendenze di fondo sembra piuttosto nitida. Alcuni paesi, soprattutto dell’Europa del sud, hanno migliorato molto la propria posizione negli ultimi anni; altri mostrano una traiettoria molto meno chiara, se non in possibile peggioramento. Si tratta di aspetti da monitorare e di cui tenere conto nella definizione delle politiche educative per l’intero continente.

Se l’Unione nel suo complesso sta dimostrando una certa capacità di raggiungere gli obiettivi sull’abbandono scolastico, centrando prima i target per il 2020 e adesso avvicinandosi a quelli per il 2030, non altrettanto si può dire di tutti i suoi stati membri.

Il percorso dei paesi verso gli obiettivi europei

Da oltre un decennio le politiche dell’Unione europea hanno individuato nella riduzione degli abbandoni scolastici precoci uno degli obiettivi principali per la competitività del Vecchio Continente.

Dapprima, nel 2010, inserendo tra gli obiettivi della strategia Europa 2020 quello di ridurre il tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10%. Questo obiettivo è stato raggiunto a livello continentale proprio tra il 2020 e il 2021: in quella fase per la prima volta la quota di abbandoni è scesa sotto la soglia stabilita.

9,7% il tasso di abbandono precoce in Ue nel 2021.

Nel 2021, nel pieno dell’emergenza Covid, sono stati aggiornati gli obiettivi sull’educazione, nell’ambito della ridefinizione del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. In questo contesto, una risoluzione del consiglio dell’Unione europea nel febbraio 2021 ha abbassato di un punto l’obiettivo Ue, in vista del 2030.

La percentuale di abbandono precoce dell’istruzione e della formazione dovrebbe essere inferiore al 9% entro il 2030.

Una soglia quindi ancora più sfidante, che sulla carta sembrerebbe alla portata del Vecchio Continente. In uscita dalla pandemia, nel 2023, la quota di abbandoni precoci era già scesa al 9,6%, calando ulteriormente al 9,4% l’anno successivo. A più di cinque anni dalla scadenza manca meno di mezzo punto percentuale per raggiungere l’obiettivo continentale.

Come detto però il percorso nell’ultimo decennio non è stato lineare per tutti i partner europei. Nel 2014 19 paesi su 27 avevano raggiunto il target del 10%; 15 di questi erano anche già al di sotto della soglia del 9% che sarebbe stata fissata nel decennio successivo. Dieci anni dopo sono saliti a 20, di cui 17 già in linea con i target per il 2030.

In questo miglioramento complessivo, spicca l’arretramento di alcuni paesi rispetto agli obiettivi europei. Come si nota dalla mappa, mentre alcuni paesi passano dal “rosso” degli obiettivi non raggiunti al “verde” del target centrato, altri hanno fatto il percorso inverso.

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 11 Settembre 2025)

Nel corso del decennio, Cipro è passata da un’incidenza inferiore al 9% (6,8% nel 2014) all’11,3% attuale. La Germania, che già nel 2014 aveva raggiunto gli obiettivi per il 2020, attestandosi al 9,5%, nell’ultimo quadriennio ha costantemente superato il 12%. La Lituania, pur restando sempre al di sotto del 9%, è passata dal 5,9% del 2014 all’8,4% attuale. In Danimarca il tasso di abbandono nel 2014 era inferiore al 9% (8,1% in quell’anno), mentre negli ultimi due anni si è attestato al 10,4%.

Uno sguardo di breve periodo sul fenomeno

Questo sguardo di lungo periodo (2014-2024) sconta purtroppo anche le variazioni metodologiche intervenute nel tempo. Negli ultimi due decenni le istituzioni Ue hanno fatto un grande sforzo in termini di armonizzazione tra i paesi. Tuttavia aspetti come l’istruzione informale e i programmi con partial level completion (corsi di studi che non danno accesso diretto al livello successivo, ad esempio l’università) possono essere perimetrati con modalità che si prestano a variazioni e aggiustamenti nel tempo, in base alle decisioni dei paesi, nonostante la presenza di linee guida comuni.

Se si osserva un periodo più ristretto, in modo da contenere l’impatto delle variazioni metodologiche, la tendenza alla crescita per alcuni paesi appare comunque confermata. Esaminiamo il periodo 2021-2023, una fase in larga parte esente dalle revisioni metodologiche che hanno coinvolto tutti paesi nell’immediatezza della pandemia e poi solo alcuni stati nel 2024. Tra 2021 e 2023, nell’immediato post-Covid, la crescita è stata superiore al punto percentuale in Slovenia, Portogallo, Finlandia, Romania, Lituania e Paesi Bassi.

In Germania si è passati dal 12,2% del 2021, al 12,5% del 2022, al 13% del 2023: un aumento di quasi un punto nel triennio, sostanzialmente confermato con la rilevazione del 2024. In Danimarca dal 9,8% del 2021 al 10,4% del 2023.

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 11 Settembre 2025)

Nello stesso periodo, ci sono anche diversi paesi che hanno migliorato l’incidenza dell’abbandono; il miglioramento è stato superiore al punto percentuale in stati come Svezia, Slovacchia, Polonia, Italia, Lussemburgo e Bulgaria.

Il confronto tra stati è cruciale per monitorare le traiettorie dei paesi nel raggiungimento dell’obiettivo del 9% entro questo decennio. Allo stesso tempo, su fenomeni socio-educativi come questi, ciascuno stato non è un monolite: gli abbandoni precoci della scuola e della formazione non colpiscono indistintamente tutti i giovani e tutti i territori.

Una variabile fondamentale in questo senso è anche la perifericità dell’area in cui si abita. Chi vive in contesti meno urbanizzati potrebbe avere infatti meno possibilità di accedere all’istruzione di livello superiore o a percorsi di formazione, specialmente dove questo tipo di servizi e opportunità mancano. Questo aspetto emerge chiaramente ad esempio nel caso delle aree interne italiane, sistematicamente più in difficoltà in tutti gli indicatori che riguardano l’accesso e la qualità dell’istruzione.

A livello continentale, è particolarmente visibile nella formazione destinata agli adulti, come emerso nell’ultimo Education and Training Monitor 2024 della Commissione europea. I paesi che hanno più difficoltà a coinvolgere gli adulti (25-64 anni) in programmi di Adult learning sono anche quelli dove il divario urbano-rurale è più ampio.

Overall, the gap between rural (and suburban) and urban rates is wider in underperforming countries.

Ciò può essere il sintomo di una difficoltà in alcune aree del Continente nello sviluppare un sistema educativo e formativo adeguato ai bisogni della popolazione. Proviamo a capire se questo problema riguarda anche l’istruzione e formazione rivolta ai più giovani, analizzando l’impatto dei divari territoriali nell’abbandono scolastico precoce nel Vecchio Continente.

La spaccatura centro-periferie nel fenomeno dell’abbandono precoce

In media nell’Unione europea il fenomeno incide molto di più al di fuori dei grandi centri urbani. Nelle aree classificate come urban centre l’obiettivo del 9% è infatti già stato raggiunto. Nel 2024 queste aree a maggiore densità abitativa hanno visto un tasso di abbandoni precoci pari all’8,3%. Fuori dai centri, la quota sale al di sopra del 10% nelle zone meno urbanizzate: towns and suburbs (10,3%) e rural areas (10,1%).

Nell’arco dell’ultimo decennio miglioramenti a livello europeo si sono registrati a prescindere dal grado di urbanizzazione, ma in modo che sembrerebbe più sensibile nelle aree rurali (-2,4 punti percentuali rispetto al 2014) rispetto a centri più urbanizzati (-1,2) e intermedi (-1,5).

Queste tendenze medie però non si registrano ovunque. In primo luogo, in alcuni stati l’incidenza degli abbandoni precoci supera il 10% nelle città: Germania (12,4%), Malta (11,4%), Spagna (11,3%), Italia (10,9%) e Austria (10,4%). Mentre il fenomeno colpisce le aree rurali soprattutto dell’Europa centro-orientale: Romania (26,3%), Bulgaria (17,7%), Ungheria (16,9%) – ma anche in quelle danesi (15,5%) e spagnole (14,6%).

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 11 Settembre 2025)

In secondo luogo, nell’arco del decennio la tendenza al calo nelle aree rurali è rilevabile soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale. Ovvero quelli che hanno registrato i miglioramenti più consistenti nel periodo. Il tasso di abbandoni precoci è calato di oltre 13 punti percentuali nelle aree rurali del Portogallo tra 2014 e 2024, di 11,6 punti in quelle della Spagna, -11,5 punti nelle aree rurali della Bulgaria, -9,8 in quelle greche, -5,4 in quelle italiane.

Al contrario, Danimarca, Lituania, Germania e Ciproi paesi che hanno visto un arretramento nell’ultimo decennio – sono anche quelli dove la situazione delle aree rurali è più peggiorata rispetto all’abbandono scolastico. Nelle aree meno urbanizzate di Danimarca, Lituania e Germania la crescita nel tasso di uscite precoci dal sistema di istruzione e formazione è stata superiore ai 3 punti percentuali. Un peggioramento da cui non sono comunque esenti anche le aree più urbanizzate di questi paesi.

L’andamento dell’abbandono scolastico precoce ha quindi connessioni con il territorio che vanno ben oltre il dato del singolo stato e che per questo motivo richiedono un approfondimento in chiave locale per comprendere meglio la situazione. Così da valutare i divari esistenti tra le regioni che compongono l’Unione europea.

I divari territoriali tra le regioni europee

Se si considerano tutte le regioni dell’Unione, anche al di fuori del continente europeo, quella con l’incidenza più elevata di abbandono scolastico è la Guyana francese (29,4% nel 2024). Da segnalare in questo senso anche la spagnola Ciudad de Melilla (26%) e le Azzorre portoghesi (19,8%).

Sul Continente, escludendo i territori d’oltremare ed extraeuropei, il fenomeno incide maggiormente nei Balcani orientali e nell’Europa orientale. In particolare nel Sud-Est della Romania (26,2%), nell’ungherese Észak-Magyarország (21,6%) e in altre regioni rumene come Centru (21,6%) e Sud-Muntenia (19%) e nella bulgara Yugoiztochen (18,1%). L’incidenza è elevata anche nell’Europa meridionale, in particolare in territori spagnoli come le Isole Baleari (20,1%) e Región de Murcia (18,2%).

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 11 Settembre 2025)

Da notare come al di sopra del 15% di abbandoni precoci – insieme ad altre regioni dell’Europa orientale meridionale tra cui alcune rumene (Sud-Vest Oltenia, Nord-Est), spagnole (La Rioja, Andalucía), italiane (come la Sicilia) – si registri la presenza di diverse aree della Germania. Tra queste Weser-Ems (18,1%), Koblenz (16,8%), Niedersachsen (16,1%), Schleswig-Holstein (16%), Lüneburg (15,7%), nonché la regione della capitale di stato, Berlino (15,5%).

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 11 Settembre 2025)

Sono tedesche anche le regioni con il maggior incremento di abbandoni nell’arco del decennio. A livello di Nuts1 – il livello di aggregazione maggiore delle regioni europee – ai primi posti spiccano Thüringen (13,1% nel 2024, 7 punti percentuali in più rispetto a dieci anni prima), Niedersachsen (16,1%, +5,5 punti) e Brandenburg (14,3%, +5,3 punti). Scendendo a livello di Nuts2 – livello più fine di ripartizione – gli incrementi appaiono ancora più ampi. Oltre 7 punti percentuali in più in territori come Weser-Ems, Niederbayern, Unterfranken e Gießen. Da notare come, nella massima parte dei casi, questi incrementi non si osservano solo con uno sguardo di lungo periodo (2014-2024), ma spesso anche con uno di breve periodo (2021-2023), come tale meno sensibile alle variazioni metodologiche intervenute nel tempo.

In Thüringen in questo periodo più ristretto l’aumento è stato di 1,3 punti percentuali, in Niedersachsen di 3,5 punti, tendenze coerenti con quella della Germania nel suo complesso. Per l’intero paese la crescita tra 2021 e 2023 è stata di quasi un punto: da 12,3% a circa il 13%.

Un fenomeno da non sottovalutare per lo sviluppo della Ue

Sulla scorta degli obiettivi europei, l’ultimo decennio ha visto un significativo miglioramento della situazione nel nostro Continente, rendendo sempre più contenuta la quota di giovani che lasciano la scuola con al massimo la licenza media.

Pur negli aggiornamenti di metodologia, si trovava in questa condizione l’11,1% dei giovani europei nel 2014; la quota era scesa al 10% all’arrivo della pandemia e successivamente ha continuato a scendere fino al 9,4% attuale. Con questo trend è ragionevole supporre che l’obiettivo di scendere al di sotto del 9% entro il 2030 possa essere conseguito.

Allo stesso tempo, il quadro è molto più in chiaroscuro di quanto la medie europee possano mostrare. Da un lato la situazione è migliorata nettamente in paesi che storicamente erano più colpiti dagli abbandoni precoci, a partire da quelli dell’Europa meridionale. Dall’altro, in alcuni paesi dell’Europa centrale e settentrionale si osservano segnali di peggioramento e restano ampi i divari tra centri urbani e aree rurali, così come tra le singole regioni di uno stesso paese.

Vi sono poi segnali che l’indicatore europeo sull’abbandono precoce non è in grado di cogliere. La dispersione scolastica è infatti un fenomeno complesso, che mal si presta ad essere esaminato con le sole uscite precoci dai percorsi di istruzione e formazione. Questa è infatti solo la punta dell’iceberg: sotto la superficie c’è una parte “implicita” del fenomeno che è molto più difficile da monitorare.

Parliamo di quella che nel contesto italiano è stata denominata “dispersione implicita”: la quota di giovani che completano gli studi senza però competenze corrispondenti al loro livello di istruzione. In Italia, in seguito alla pandemia, la quota di studenti che all’ultimo anno delle superiori hanno competenze del tutto inadeguate è cresciuta sensibilmente, dal 7,5% del 2019 a quasi il 10%. Nel 2025 si è attestata all’8,7%, segnalando che l’emergenza educativa non è ancora del tutto superata, almeno in questo paese.

Di fronte a queste tendenze, dotarsi di strumenti per monitorare anche questi aspetti sommersi del fenomeno è quanto mai necessario. Così come non si può rinunciare, parlando di abbandono scolastico, a uno sguardo che vada oltre i confini degli stati, approfondendo le tendenze in chiave interna. Specialmente laddove aree come quelle rurali risultano incapaci di tenere il passo in termini di accesso all’istruzione per i propri giovani abitanti. A maggior ragione quando il problema non riguarda solo le aree periferiche del Continente, ma anche il suo cuore pulsante.

In un contesto globale in cui l’accesso al lavoro di qualità richiede competenze sempre più elevate, queste differenze territoriali e il ritardo nel migliorare i livelli di istruzione possono produrre due rischi. Da un lato, quello di rafforzare fratture sociali ed economiche, producendo un’Europa a più velocità, con regioni in grado di inserirsi nei processi di globalizzazione e altre destinate a rimanere ai margini dello sviluppo. Dall’altro, in definitiva, quello di minare l’autonomia e le possibilità di sviluppo dell’Unione europea in un contesto globale sempre più critico.

This article is published in collaboration with the European Data Journalism Network in the context of ChatEurope and is released under a CC BY-SA 4.0 licence

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