I salari medi e i sussidi statali in Europa Numeri alla mano

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I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi gli articoli “Quanto guadagnano in media i cittadini europei” e “Il reddito di cittadinanza e i sussidi nel resto d’Europa” e tutti gli altri approfondimenti del canale su Europa.

-6,5%

la perdita di massa salariale (ovvero il totale dei salari lordi non standardizzati) in Europa durante la pandemia, secondo l’organizzazione internazionale del lavoro (Oil). È stata causata principalmente dalla perdita di ore lavorative, mentre quella del posto di lavoro è stata largamente controbilanciata da misure di sostegno implementate dagli stati membri. Infatti la perdita effettiva, tenendo conto di queste misure, scende al -3,1%. Vai all’articolo.

37,8mila $

è stato il salario medio annuale italiano nel 2020, calcolato a prezzi costanti e a parità di potere d’acquisto e quindi livellato rispetto agli altri paesi e all’andamento dell’inflazione. È inferiore rispetto alla media Ue Ocse (pari a 49,2mila dollari), al di sopra di Grecia e Portogallo ma al di sotto della Spagna, oltre che dei paesi dell’Europa nord-occidentale. Vai al grafico.

-2,9%

il calo di salari medi italiani dal 1990 al 2020. È l’unico paese europeo in cui sono diminuiti, passando da 38,9mila a 37,8mila dollari l’anno. Nei paesi dell’ex-blocco sovietico sono anche raddoppiati o quasi triplicati (la Lituania è il paese che ha visto l’aumento maggiore, pari al 276,3%, partendo però da salari molto bassi). Ma anche in paesi con una storia più simile a quella italiana i salari sono aumentati. In Spagna, ad esempio, si è registrato un aumento del 6,2% e in Grecia del 30,5%. Il calo maggiore in Italia (-5,9%) è avvenuto nel passaggio dal 2019 al 2020. Vai al grafico.

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i cittadini europei a rischio di povertà ed esclusione sociale. Per contrastare questo problema, tutti i paesi membri hanno introdotto schemi di reddito minimo garantito, ovvero sussidi statali concessi di solito condizionatamente, a persone indigenti e disposte a seguire programmi di inserimento lavorativo. Italia e Grecia sono state gli ultimi paesi Ue ad introdurre questo tipo di misura, a partire dal 2017. In Italia, c’è stato il reddito di inclusione tra 2018 e 2019, sostituito poi dal reddito di cittadinanza, che nonostante il nome non è una forma di reddito di base (ovvero un reddito concesso a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche), ma una forma di reddito minimo garantito fortemente condizionato. Vai all’articolo.

31%

la quota di reddito mediano disponibile cui corrisponde il reddito di cittadinanza italiano. Da questo punto di vista l’Italia è il settimo paese Ue. C’è stato soprattutto un miglioramento rispetto al preesistente reddito di inclusione, la cui erogazione media, tra 2018 e 2019, è stata di 293 euro al mese. Vai alla mappa.

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