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Nel capitolo precedente abbiamo parlato delle aziende agricole e delle trasformazioni che stanno subendo negli ultimi decenni. In particolare, abbiamo rilevato una certa polarizzazione tra le grandi e le piccole imprese e ci siamo soffermati sulla presenza femminile e giovanile, ancora poco significativa ma molto importante in vista di una maggiore apertura e innovazione all’interno del comparto.

Non a caso, le donne e i giovani hanno un’incidenza di gran lunga maggiore nelle strutture che praticano anche attività agrituristiche. Gli agriturismi sono strutture multifunzionali che assicurano un rapporto di maggiore prossimità e rispetto per la natura, l’ambiente e i processi produttivi, spesso praticati in modo biologico. Sono i primi veri esempi, in Italia, di strutture di turismo slow e quindi in prima linea per quanto riguarda la transizione del turismo verso una maggiore sostenibilità.

Aziende agricole multifunzionali, agriturismi e turismo slow

Nel 2020 il 5,7% delle aziende agricole nel nostro paese ha un’altra attività connessa: alcuni esempi sono la fattoria didattica, l’artigianato, la produzione di energia rinnovabile e l’acquacoltura. Sono soprattutto le aziende del nord a svolgere altre attività (con un’incidenza pari all’11%), mentre il fenomeno è decisamente meno diffuso nel mezzogiorno (2,6%).

Gli agriturismi sono strutture agricole multifunzionali molto diffuse in Italia.

Nel 37,8% dei casi rientra, tra le attività aggiuntive praticate, quella agrituristica. Sempre nel 2020, sono quasi 25mila gli agriturismi in Italia. Più del 44% si trova nell’area settentrionale della penisola e il 30,9% nel mezzogiorno. Tuttavia è il centro a registrare la maggiore incidenza di strutture sul totale delle aziende agricole. Il 57,2% delle imprese che svolgono altre attività nel centro Italia sono agriturismi. Parliamo di strutture dove si realizza una integrazione sia orizzontale (spesso vengono praticate altre attività, come per esempio la produzione di energia da fonti rinnovabili) che verticale (oltre alla produzione ci si occupa della trasformazione dei prodotti o della vendita diretta).

Gli agriturismi sono i veri protagonisti del turismo slow e hanno mostrato grande resilienza durante la pandemia. Hanno infatti garantito prossimità (anche geografica, essendo disseminati su tutto il territorio), sicurezza e sostenibilità. Permettendo alle persone di viaggiare anche nei periodi più difficili.

34,5% degli agriturismi è guidato da donne, nel 2021.

Parliamo quindi di una presenza forte, di 3 punti percentuali superiore alla media delle donne che guidano un’azienda, come abbiamo visto nel capitolo precedente. In parte il dato è imputabile al fatto che nel mondo del lavoro le donne sono più frequentemente impiegate nelle strutture ricettive.

I dati si riferiscono alla quota di aziende agrituristiche con conduttrici donne, per provincia.

FONTE: elaborazione openpolis – Aic su dati Istat
(pubblicati: venerdì 12 Maggio 2023)

Tra le regioni della penisola è la Basilicata a riportare la maggiore incidenza di donne alla guida degli agriturismi: l’unica in cui la quota supera la metà del totale (50,9%). Ultima invece il Trentino, molto al di sotto della media, con appena il 15,4%. In generale le cifre sono più alte nel mezzogiorno (mediamente 43,1%) e al centro (36,6%) e più basse invece al nord (28,8%).

A livello provinciale, come si vede nella mappa, si posiziona al primo posto Frosinone con una quota pari al 65,5%. Altre 14 province riportano cifre oltre il 50% (Benevento e La Spezia, in particolare, oltre il 58%). Mentre i dati più bassi si rilevano a Lodi (11,9%) e a Bolzano (13,8%).

L’agricoltura biologica: una produzione di maggiore prossimità e rispetto

Come abbiamo visto, gli agriturismi sono protagonisti di un tipo sia di turismo che di attività che valorizza l’ambiente e la natura, dando la priorità al concetto di prossimità con l’ecosistema e a chi, rispettandolo, vi si rapporta per produrre.

L’agricoltura biologica rispetta la biodiversità e l’ambiente.

Centrale è in questo senso il concetto di agricoltura biologica, un sistema di produzione, preparazione e distribuzione di alimenti e bevande sostenibile e rispettoso della biodiversità. 

[l’agricoltura biologica è] un metodo di agricoltura, antitetico all’agricoltura convenzionale attualmente in essere nei paesi sviluppati e basata sull’impiego di mezzi tecnici di produzione industriale, capace di soddisfare le esigenze di consumatori sensibilizzati ai problemi dell’ambiente e della salute e quindi molto recettivi ai messaggi portatori di idee di genuinità, naturalità e salubrità.

Con una maggiore vicinanza e un maggior rispetto per la natura stessa, per la sua varietà, le sue imperfezioni, i suoi ritmi e la dignità della vita di chi la abita e per l’ambiente, favorendo modalità produttive di minore impatto.

Secondo la commissione europea, un minore impatto ambientale si può conseguire, per esempio, attraverso l’uso responsabile di energia e risorse, ma anche riducendo l’utilizzo dei prodotti fitosanitari, dei pesticidi e dei fertilizzanti, e favorendo l’approvvigionamento locale e la filiera corta al posto della grande distribuzione, responsabile di importanti emissioni attraverso l’uso di trasporti su larga scala.

In Italia è dedicato alle coltivazioni biologiche circa il 17% del terreno agricolo. Da questo punto di vista siamo al quarto posto in Ue dopo Estonia, Svezia e Portogallo. Parliamo di circa 2,2 milioni di ettari nel 2021, con una crescita del 4,4% rispetto all’anno precedente e dell’87,3% rispetto a 10 anni prima. Le superfici più estese si rilevano in Sicilia (316mila ettari circa), Puglia (quasi 287mila) e Toscana (225mila).

L’obiettivo della strategia europea farm to fork, nell’ambito del green deal europeo, è di arrivare a coprire un quarto del suolo coltivabile da terreni a uso biologico, oltre a promuovere l’acquacoltura. Diffondere le pratiche agricole biologiche è anche, come abbiamo precedentemente accennato, uno dei punti centrali del secondo obiettivo dell’Agenda 2030.

25% del terreno agricolo da dedicare al biologico in Ue entro il 2030.

I dati si riferiscono alla quota di terreno dedicato all’agricoltura biologica in Italia e mediamente in Ue tra 2012 e 2021.

FONTE: elaborazione openpolis – Aic su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 21 Aprile 2023)

In Italia l’incidenza del biologico, a livello territoriale, è maggiore rispetto alla media Ue e lo è stata sempre negli ultimi 10 anni. Nel 2020, ultimo anno per cui sono disponibili sia i dati italiani che quelli europei, il divario è di quasi 6 punti percentuali. In entrambi i casi, vediamo che nel corso dell’ultimo decennio c’è stato un progressivo miglioramento. In Italia si è passati dal 9,3% della superficie agricola dedicata al biologico nel 2012 al 16,8% nel 2021. Mediamente in Ue invece si è arrivati al 9,1% nel 2020, partendo, nel 2012, dal 5,9%.

A livello macro-regionale italiano, è il centro a riportare la quota più elevata di terreno dedicato all’agricoltura biologica: il 26,7% (e il 9,4% delle aziende). Seguono in questo senso il sud, con il 22,6%, e le isole (17,8%). Mentre agli ultimi posti figurano il nord-ovest (5,4%) e il nord-est (11,4%). Per quanto riguarda invece il livello regionale, il record spetta alla Calabria e alla Toscana, entrambe con circa il 34% del terreno agricolo dedicato al biologico.

Nel complesso gli operatori biologici registrati nel nostro paese (produttori, preparatori e importatori) sono 86.144, secondo i dati raccolti nel rapporto “Bio in cifre 2022” realizzato da Sinab, il sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica. Essi sono quindi cresciuti del 5,4% tra 2020 e 2021. Sono aumentati soprattutto in Basilicata (+32,5%), Campania (+26,5%) e Friuli (+21,9%). Per quanto riguarda invece gli importatori, essi si trovano soprattutto al nord, in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.

Infine, andiamo ad analizzare i dati relativi alle tipologie di prodotti coltivati con tali modalità. Per estensione quella più presente nell’ambito dell’agricoltura biologica è la coltura foraggera. Da sola ha un’estensione pari a quasi 343mila ettari e ammonta a quasi il 20% del totale. Seguono per estensione totale prati e pascoli (1,63%) e cereali (15,7%).

I dati si riferiscono alla composizione del terreno agricolo in Italia. Si fa riferimento alle componenti maggiormente incisive (sono state escluse quelle che contribuivano per meno del 5%). Sono inclusi sia i terreni convertiti che quelli in via di conversione. Prati e pascoli sono considerati separatamente rispetto al pascolo magro.

FONTE: elaborazione openpolis – Aic su dati Sinab
(pubblicati: giovedì 1 Dicembre 2022)

Foto: Keri Sheenanlicenza

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