Uno sguardo soltanto superficiale ai dati demografici potrebbe indurre a pensare che l’Abruzzo non abbia alcun problema di spopolamento. La regione dei primi anni ’20 di questo secolo ha grosso modo gli stessi abitanti rilevati nel 1951, all’epoca del primo censimento nell’Italia del dopoguerra.

1.281.012 i residenti in Abruzzo al 1° gennaio 2021. Solo lo 0,3% in più rispetto a 70 anni prima.

Come abbiamo avuto modo di raccontare, si tratta però di una stabilità solo apparente. Non solo perché l’andamento nell’arco dei decenni è stato tutt’altro che piatto. Con un calo fino agli anni ’70 – quando nel censimento del 1971 la popolazione era scesa a 1,17 milioni, in conseguenza delle emigrazioni del secondo dopoguerra – seguito da una risalita fino al 2011 e da una successiva discesa.

La stabilità è solo apparente anche perché sono le proiezioni per i prossimi anni a indicare un calo nitido. Una conseguenza, come approfondito nel precedente capitolo, anche della denatalità che sta colpendo estese aree della regione.

Attorno al 2030 – in uno scenario di previsione mediano, intermedio tra quelli “più pessimistici” e quelli “più ottimistici” – i residenti in Abruzzo potrebbero essere meno di 1,23 milioni (-4% rispetto ad oggi). Nel 2050 potrebbero scendere sotto la soglia di 1,1 milioni. Nel 2070 – sempre in uno scenario di previsione mediano – gli abruzzesi potrebbero essere circa 920mila. Ovvero il 28% in meno rispetto a oggi.

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Istat (ricostruzioni censuarie e statistiche sperimentali)
(consultati: giovedì 18 Maggio 2023)

Ovviamente, più si spinge in là la proiezione, più l’elevato numero di variabili rende difficile una stima solida. Per questo le simulazioni di Istat al 2070 prevedono una forbice molto ampia, che negli scenari probabilistici più favorevoli sfiora quota 1,1 milioni e in quelli più sfavorevoli si attesta poco sopra i 760mila residenti.

È anche questa ragione a rendere utile concentrare le analisi sul prossimo decennio. Guardando all’Abruzzo del 2030. In un futuro che, sebbene nella discussione pubblica appaia spesso distante, è in realtà molto più vicino di quanto immaginiamo.

Che volto avrà l’Abruzzo nel 2030

Saranno circa 1,23 milioni gli abitanti in Abruzzo nel 2030. Con un range molto più contenuto tra gli scenari più favorevoli (1,25) e quelli più pessimistici (1,22).

Nello scenario di previsione mediano, l’Abruzzo del 2030 potrebbe avere circa 50mila abitanti in meno rispetto all’inizio di questo decennio. Ovvero il 3,7% in meno di quanto rilevato nel 2021: un calo ben più marcato di quello medio nazionale (-2,2% nello stesso periodo).

-47.617 i residenti in Abruzzo tra 2021 e 2030, in uno scenario di previsione mediano.

Per tutte le province abruzzesi, da qui al 2030, è previsto un calo – più o meno netto – della popolazione. Non si tratta di una tendenza da considerare scontata, derubricabile a una dinamica complessiva della demografia nazionale, pure declinante.

Vi sono infatti una minoranza di territori che per il 2030 potrebbero vedere ancora un aumento della propria popolazione. Tra questi Bolzano, (+3,2% di abitanti previsti per il 2030), Trento (+2,3%), Parma (+2,2%), Bologna (+2,1%), Prato (+1,7%), Verona (+1,3%) e altre 8 province.

Le province dell’Abruzzo mostrano invece il segno meno, in uno scenario di previsione mediano. Nel corso di questo decennio è Chieti la provincia che potrebbe vedere la contrazione più significativa, sia in termini relativi (-4,5% tra 2021 e 2030) che assoluti. In un territorio dove oggi vivono 375mila persone, potrebbero abitarne 358mila tra meno di un decennio.

FONTE: elaborazione Abruzzo openpolis su dati Istat
(consultati: giovedì 18 Maggio 2023)

La seconda provincia per spopolamento è L’Aquila, con quasi 13mila residenti in meno, pari al 4,4% della popolazione. Seguono Teramo, che potrebbe perdere circa 10mila abitanti (-3,2% rispetto a oggi) e Pescara (con oltre ottomila residenti in meno e un calo del 2,7%).

Questi trend di spopolamento si riscontrano anche a livello comunale, con una disaggregazione simulabile purtroppo solo per le città maggiori e i centri con almeno 20mila abitanti. Tutti i capoluoghi dovrebbero vedere una diminuzione della popolazione, anche se con intensità molto diverse.

Il comune di Chieti potrebbe registrare una contrazione del 5,6%, quello di Teramo del 4,7%. Più contenuto il calo previsto per la città di Pescara (-3,5%), mente L’Aquila potrebbe osservare una sostanziale stabilità della sua popolazione in questo decennio (-0,16% nel 2030).

4 i “grandi comuni” d’Abruzzo in cui la popolazione dovrebbe aumentare per il 2030.

Non tutti i maggiori comuni abruzzesi del resto appaiono destinati allo spopolamento. Tra i “grandi comuni”, ovvero le località con almeno 20mila abitanti secondo la metodologia Istat, ve ne sono 4 che vedranno un aumento della popolazione. In tutti i casi si tratta di comuni della costa: Montesilvano (+3,8% di residenti previsti per il 2030), Francavilla al Mare (+3,1%), Roseto degli Abruzzi (+2,3%) e Vasto (quest’ultimo in realtà sostanzialmente stabile nel decennio in corso: +0,1%).

+3,8% i residenti a Montesilvano nel 2030. Si tratta anche del comune abruzzese che è più cresciuto dal dopoguerra, passando da 7mila a oltre 50mila abitanti.

Al contrario, i 2 comuni che potrebbero registrare i cali più significativi sono Ortona (-5,9% nel 2030) e Sulmona. La città dell’entroterra aquilano potrebbe perdere quasi un abitante su 10 in questo decennio: -9,7%.

Tendenze che, per un verso, sembrano proseguire quanto emerso nei decenni scorsi, con lo spopolamento dell’Abruzzo interno e la crescita della costa. E che tuttavia indicano anche dinamiche nuove, con la regressione di alcuni poli, come le città capoluogo di Chieti, Teramo e Pescara, e la stabilità di altri (come L’Aquila).

La traiettoria dello spopolamento nell’ultimo decennio

Per capire gli sviluppi dei prossimi anni, diventa quindi fondamentale poter contare su informazioni già certe, come quelle registrate nel corso dell’ultimo decennio. Questi dati offrono uno spaccato che va dall’Abruzzo del censimento del 2011 – cioè pochi anni dopo il devastante terremoto dell’aprile 2009 – alla fotografia registrata al 31 dicembre 2019 – alla vigilia dell’emergenza Covid. Ricostruire tendenze demografiche intervenute in questo periodo consente – in parte – di valutare la traiettoria imboccata dai suoi territori.

In questo senso, i due trend macroscopici rilevabili negli anni ’10 sono la ripartenza dell’Aquila e la crescita della costa. Nel primo caso, come prevedibile, si tratta del rimbalzo successivo al terremoto. La popolazione residente nel capoluogo regionale, dopo essere scesa dai quasi 69mila abitanti del 2001 a meno di 67mila nel 2011, è arrivata alla fine del 2019 sopra la soglia dei 70mila. Due comuni della sua “cintura”, Pizzoli e Scoppito, mostrano una crescita in doppia cifra nel decennio scorso.

I comuni in blu sono quelli dove la popolazione è diminuita: più è intenso il colore, maggiore la diminuzione. I comuni in rosso sono quelli dove la popolazione è aumentata: più è intenso il colore, maggiore la crescita dei residenti.

FONTE: elaborazione Abruzzo Openpolis su dati Istat
(consultati: giovedì 18 Maggio 2023)

Peraltro, la crescita del capoluogo regionale è avvenuta in parallelo allo spopolamento dei comuni interni non lontani. Come Crognaleto (-18% di abitanti tra 2011 e la fine del 2019), Campotosto (-17%), Fano Adriano (-23%), Pietracamela (-20%).

Nel caso dei comuni della costa, l’aumento di popolazione appare molto più flebile rispetto alla crescita registrata dal dopoguerra. Alcune aree litoranee hanno anche perso popolazione nell’ultima decade, è il caso ad esempio di Ortona (-4,6%).

In generale, la popolazione delle città polo – quelle baricentriche in termini di servizi – ha visto un aumento nella regione (+1,5% nell’ultimo decennio). Una crescita inferiore a quella media nazionale per i comuni dello stesso tipo (2,5%). Allo stesso tempo, le aree interne abruzzesi sembrano spopolarsi ad un ritmo più sostenuto rispetto a quanto registrato nel resto del paese: -3,8% a fronte del -2,7% rilevabile a livello nazionale.

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Foto: Franck Michel (licenza)

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