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Dichiarazione di Silvio BERLUSCONI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Pres. del Consiglio   (Partito: PdL) 


 

«Referendum, la Lega era pronta a far cadere il governo»

  • (17 aprile 2009) - fonte: Il Messaggero - Marco Conti - inserita il 17 aprile 2009 da 31

    «Mi spiace che altri interpretino come una debolezza del presidente del Consiglio e del Pdl quella di avere ceduto a una precisa richiesta di un partito della maggioranza che, ove non fosse stata accolta, avrebbe fatto cadere il Governo in un momento come questo. Bisogna sapere scegliere, o una cosa o l'altra».

    Sotto un sole che rende faticoso anche il maglioncino nero sotto la giacca, Silvio Berlusconi parla di possibili elezioni anticipate davanti ad un gruppo di terremotati che lo guardano come un marziano. Fa un certo effetto evocare elezioni anticipate mentre sotto le tende si piangono ancora i morti e le maestre della scuola ”Ignazio Silone” inseguono i propri alunni nella polvere del campo di calcio.
    Agli scampati di quella terribile notte, poco importa se si vota il 14 o il 21 giugno e quando Berlusconi, a margine dell’inaugurazione dell’asilo da campo di Poggio Picenze, rivolge loro la domanda, nessuno azzarda risposte, anche se qui a L’Aquila piace poco l’idea che si possano «sprecare 430 milioni di euro per accontentare la Lega», come sostiene urlando un genitore, «mentre noi sapremmo bene cosa farci».
    E’ forse per questo che il premier si rivolge in questo modo ai volontari e agli scampati dalla tragedia, spiegando che al Pdl sarebbe convenuto il referendum e il suo esito perchè si sarebbe arrivati «ad un sistema non solo bipolare, ma addirittura bipartitico». Però «non si poteva fare. Perchè sarebbe caduto il governo, cosa che oggi il Paese non può certo permettersi» perchè c’è stato il terremoto e perchè «l’Italia è presidente del G8 e del G14».

    Berlusconi ammette quindi l’esistenza di una posizione molto ferma della Lega, ma attacca coloro che invece di cogliere il senso di responsabilità del governo lo «interpretano come una debolezza del premier e del Pdl aver ceduto ad una precisa richiesta» della Lega. Il pensiero non può che andare alla nota della sera precedente del presidente della Camera che aveva attribuito la rinuncia all’election-day del 7 giugno e il relativo mancato risparmio, alla «paura di pochi» che aveva spinto il governo su tutt’altra linea. La bordata a Fini conferma, malgrado le precisazioni mattutine di palazzo Chigi, del non perfetto clima tra i due anche se, poche ore dopo il premier - su suggerimento di Paolo Bonaiuti - corregge la linea e se la prende con una non meglio precisata opposizione che avrebbe accusato il governo «di disperdere i fondi dello Stato, diffondendo cifre non vere».
    In ogni caso, taglia corto il premier «probabilmente decideremo nella prossima riunione di governo che il referendum sia abbinato ai ballottaggi». Sbrigata come una formalità la riunione serale dell’ufficio di presidenza della Pdl chiesto a gran voce da Ignazio La Russa proprio per provare a proporre lo slittamento di qualche mese della consultazione referendaria, il premier torna a sostenere che «bisognava scegliere tra una cosa e l'altra». Ovvero «far cadere il governo o accettare di bocciare l'election day con un parziale spreco di denaro». Il premier contesta infatti anche il risparmio che si otterrebbe con l’abbinamento, «cifre lontanissime da quella circolata di 400 milioni». Comunque sia - sostiene - noi abbiamo scelto di non far cadere il governo, di ridurre al minimo gli sprechi e di puntare sul voto accorpato ai ballottaggi per le amministrative».

    Genitori e insegnanti della scuola lo ascoltano grazie agli altoparlanti issati nella tendopoli e Berlusconi, malgrado «le due punture di cortisone che sono stato costretto a farmi stamane», saltella stringendo mani e rilasciando autografi. La data del 21 giugno la dà ormai per scontata, anche perchè nella Lega l’ala dura guidata dal ministro Roberto Maroni, contesta la linea trattativista del collega Roberto Calderoli che sarebbe pronto anche ad uno slittamento della consulazione in altra data, abbinandolo magari alla tornata amministrativa del prossimo anno. Il ministro dell’Interno è invece contrario e dall’alleato Pdl avrebbe voluto una prova di fedeltà: voto il 14 giugno senza mediazioni. Stessa linea che il responsabile del Viminale intende interpretare al momento della discussione del pacchetto sicurezza che altri nel governo vorrebbero ammorbidire.

    Fonte: Il Messaggero - Marco Conti | vai alla pagina

    Argomenti: centrodestra, l'aquila, referendum elettorale, election day, sprechi, lega, elezioni 2009, crisi politica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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