Che cos’è l’iniziativa legislativa

Il potere di approvare le leggi è una prerogativa del parlamento. Ma sono molti di più i soggetti che hanno la facoltà di presentare proposte (Ddl). Oltre a deputati e senatori, il governo, le regioni, il Cnel e la cittadinanza.

Definizione

Nel nostro paese è il parlamento che detiene il potere di approvare le leggi. Tale prerogativa è esercitata collettivamente dalle due camere, come sancito dall’articolo 70 della costituzione. Deputati e senatori ovviamente hanno tra le loro facoltà anche quella di presentare nuove proposte – o disegni – di legge (Ddl). Si tratta del potere di iniziativa legislativa, che però la costituzione attribuisce anche ad altri soggetti.

In base agli articoli 71 e 121 della carta hanno questa facoltà anche il governo, il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), le regioni e la cittadinanza (purché siano raccolte almeno 50mila firme).

Dati

Nella XVIII legislatura (2018-2022) sono stati depositati complessivamente 6.479 disegni di legge. La maggior parte (5.639, pari a circa l’87% del totale) sono di iniziativa parlamentare. Le proposte del governo sono state invece 668, quelle delle regioni 98, 42 quelle del Cnel e 32 quelle di iniziativa popolare. Di queste proposte, 315 hanno concluso il loro iter e sono diventate effettivamente leggi dello stato. Si tratta quindi di circa il 6% di tutti i Ddl presentati nel corso della legislatura.

I parlamentari presentano molti Ddl ma le proposte del governo hanno la percentuale di successo più alta.

La percentuale di successo delle proposte varia a seconda dell’attore coinvolto. Sono diventati legge infatti appena 64 dei Ddl presentati dai membri del parlamento (pari all’1,1% delle 5.639 proposte depositate), 249 di quelli del governo (su 668, pari al 36,2%) e 2 di iniziativa popolare (6,3%, chiaramente su questo valore incide il basso numero di proposte presentate).

Considerando tutti i testi approvati, il 79% di essi sono di iniziativa governativa, il 20% parlamentare e il restante 1% popolare. Come risulta evidente quindi, nella maggior parte dei casi, è il governo che fa le leggi con il parlamento che si limita ad approvarle ed eventualmente integrarle attraverso l’approvazione degli emendamenti.

Il grafico non tiene conto delle proposte di legge che sono confluite in altre contribuendo alla formazione di un “testo unificato”. Per questo motivo, ad esempio, non sono presenti due proposte del Cnel che risultano divenute legge nelle statistiche del senato.

FONTE: elaborazione openpolis su dati parlamento
(consultati: lunedì 9 Ottobre 2023)

La bassa percentuale di successo del parlamento è dovuta anche al fatto che ogni esponente di camera e senato nel corso della legislatura tendenzialmente presenta dei Ddl. Ciò avviene anche per la necessità di rendere conto agli elettori del proprio operato in aula. Tuttavia è noto che solamente pochissime proposte arriveranno alla fine dell’iter. Avranno maggiori probabilità di diventare legge i Ddl presentati da quei parlamentari che ricoprono posizioni chiave all’interno delle aule e delle commissioni.

4.237 i Ddl presentati dai parlamentari nella XVIII legislatura che non hanno nemmeno iniziato l’iter per l’approvazione. 

Data questa dinamica, la percentuale particolarmente bassa di proposte di legge di iniziativa parlamentare discusse e approvate non deve sorprendere. È però interessante notare come anche per le proposte di iniziativa governativa la percentuale di successo sia di molto al di sotto del 50%.

Anche per quanto riguarda i tempi di approvazione ci sono delle forti differenze. Le proposte del governo che hanno completato l’iter hanno impiegato in media 218 giorni. Mentre quelle dei membri del parlamento 493, più del doppio del tempo. Su questo dato influisce pesantemente la conversione dei decreti legge, che deve avvenire necessariamente entro 60 giorni e che quindi abbatte notevolmente il tempo medio di approvazione delle proposte di legge governative, tra cui rientrano le conversioni in legge dei decreti.

Analisi

Com’è evidente, nonostante il parlamento sia il detentore del potere di fare le leggi e, almeno sulla carta, il principale protagonista dell’iniziativa legislativa, la stragrande maggioranza dei testi approvati proviene invece da palazzo Chigi.

Da un lato questa dinamica è comprensibile. Visto il forte legame che unisce l’esecutivo e la maggioranza che lo sostiene, è logico che la discussione delle proposte di iniziativa governativa acquisisca in un certo senso la priorità nella definizione dei lavori delle camere. Specie quando parliamo dalla conversione dei decreti legge, che raramente non viene portata a conclusione.

La discussione delle proposte governative diventa prioritaria per la maggioranza.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento massiccio del numero di decreti emanati. Che, associato al sempre più frequente ricorso alla questione di fiducia, permette di velocizzare notevolmente i tempi per l’approvazione delle norme a scapito però del dibattito parlamentare.

Tale dinamica, in corso ormai da anni, fa sì che il potere esecutivo stia inesorabilmente rubando sempre di più la scena a quello legislativo. La motivazione, usata molto spesso in questi casi, di dare risposte rapide ed efficaci alle esigenze della popolazione non può bastare per giustificare una tendenza che sta mettendo sempre più in crisi il nostro assetto costituzionale. L’eccessivo protagonismo del governo nella produzione normativa mette infatti fortemente a rischio la giusta divisione dei poteri.

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