Le regioni al voto nel 2023 Mappe del potere

Nel 2023 si voterà in 4 regioni per eleggere il presidente e rinnovare il consiglio. Lazio e Lombardia andranno alle urne già il prossimo mese, mentre in Friuli-Venezia Giulia e Molise in primavera.

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Nel corso del 2023 sono 4 le regioni in cui i cittadini si recheranno alle urne per il rinnovo della giunta e del consiglio regionale. In 3 di queste la data è già stata fissata. Il 12 e 13 febbraio infatti si voterà in Lombardia e Lazio, mentre il 2 e 3 aprile in Friuli-Venezia Giulia. Il giorno delle elezioni in Molise invece deve ancora essere stabilito ma sarà comunque entro metà giugno.

La disciplina nazionale per le elezioni regionali

Fino all’approvazione della legge costituzionale numero 1 del 1999 era il parlamento a stabilire il sistema elettorale da adottare nelle regioni. A partire da quella data invece la materia è stata delegata a specifiche leggi regionali.

Il sistema d’elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

La normativa regionale tuttavia deve muoversi nel solco di una serie di principi stabiliti con legge della repubblica. Questi principi sono ricavabili in primo luogo dall’articolo 4 della legge 165/2004 che, tra le altre cose, prevede:

  • la definizione di un sistema elettorale che incentivi maggioranze stabili;
  • il divieto di mandato imperativo;
  • la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive.

Diverso invece è il caso delle regioni a statuto speciale, tra cui il Friuli-Venezia Giulia. Qui infatti le leggi elettorali devono rispondere, oltre che dei principi costituzionali, della disciplina prevista nei rispettivi statuti regionali.

Altre norme concorrono poi a definire un quadro nazionale di riferimento. Tra queste da ultimo si è inserito il decreto legge 190/2022 con il quale è stato stabilito che, per il solo 2023, le elezioni dovranno tenersi anche di lunedì mattina oltre che di domenica. Una norma che deroga, per un tempo limitato, quanto previsto dalla legge di stabilità 2014 (l. 147/2013, articolo 1 comma 399) che, per ragioni di spesa, aveva previsto di limitare il turno elettorale alla sola giornata di domenica.

Il sistema istituzionale e i seggi in consiglio

In ciascuna delle 4 regioni che andranno al voto il sistema istituzionale prevede l’elezione diretta del presidente, cui è riservato un posto anche in consiglio. Non è invece previsto un eventuale turno di ballottaggio, come avviene ad esempio in Toscana. Per l’elezione dei consiglieri invece, pur presentando alcune importanti differenze, questi sistemi elettorali hanno tutti una struttura simile. Si tratta in sostanza di un sistema proporzionale su base circoscrizionale che include, in forme diverse, metodi per garantire la stabilità della maggioranza ma anche un’adeguata rappresentanza delle opposizioni.

D’altronde pur trattandosi dello stesso tipo di organo, i consigli di queste regioni hanno dimensioni molto diverse e sono eletti in un diverso numero di circoscrizioni. Un aspetto che incide su elementi quali le soglie di sbarramento o l’attribuzione di premi di maggioranza.

FONTE: elaborazione openpolis sulla base delle rispettive leggi regionali.
(ultimo aggiornamento: giovedì 19 Gennaio 2023)

Premi di maggioranza e tutela delle minoranze

L’attribuzione del premio di maggioranza avviene in modo diverso in queste 4 regioni.

Note del senato. Le leggi elettorali in

In Lazio ad esempio 40 seggi sono attribuiti proporzionalmente, mentre i rimanenti 10 servono ad assicurare stabilità alla maggioranza. Infatti se il gruppo di liste collegate al presidente eletto non ha raggiunto il 60% gli vengono attribuiti i seggi necessari a raggiungere tale soglia, ovviamente per un massimo di 10 consiglieri. Nel caso venga raggiunta questa quota i seggi rimanenti sono attribuiti all’opposizione. Da questi calcoli inoltre è escluso il seggio attribuito per legge al candidato eletto presidente.

La conseguenza dunque è che per essere sicuri di ottenere una maggioranza assoluta, le liste collegate al presidente eletto dovrebbero almeno avvicinarsi al 40% dei voti validi.

Il sistema previsto in Lombardia invece attribuisce in maniera più certa una maggioranza alle liste vincitrici. Qui 2 seggi sono attribuiti al presidente eletto e a quello non eletto che ha ottenuto più voti. I rimanenti 78 invece sono ripartiti in questo modo:

  • almeno 44 seggi (55%) se il presidente ha ottenuto meno del 40% dei voti validi;
  • almeno 48 seggi (60%) se il presidente ha ottenuto il il 40% o più dei voti validi.

In ogni caso alle liste vincitrici non può essere attribuito un numero di seggi che superi il 70%.

Simile è poi il sistema adottato in Friuli- Venezia Giulia. Qui infatti le liste collegate al presidente eletto ricevono:

  • almeno il 60% dei seggi se il presidente è eletto con più del 45% dei voti;
  • almeno il 55% dei seggi se il presidente è eletto con il 45% dei voti o meno.

I calcoli in questo caso includono il seggio attribuito al presidente. In aggiunta sono previsti dei sistemi a tutela dell’opposizione e delle liste espressione della minoranza slovena.

Infatti le liste non collegate al presidente eletto devono ottenere almeno il 40% dei seggi, incluso il seggio riservato al candidato presidente non eletto che ha ottenuto più voti. Inoltre, nel caso in cui le liste espressione della minoranza slovena non abbiano attenuto neanche un seggio, è previsto uno specifico meccanismo volto ad attribuirgliene almeno uno. A patto che siano raggiunte determinate condizioni.

Infine in Molise la legge elettorale stabilisce che alle liste collegate al presidente eletto siano assegnati tra 12 e 14 seggi. I rimanenti (tra 8 e 6) spettano all’opposizione.

È da notare tuttavia che, stando a quanto affermato da un dossier del senato, non avendo previsto una soglia minima affinché le liste vincitrici ottengano il premio di maggioranza questa legge elettorale è esposta al rischio di essere dichiarata incostituzionale. Su questo stesso punto infatti si è concentrata la sentenza (1/2014) con cui la corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità della legge Calderoli (il cosiddetto porcellum).

le norme impugnate […] prevedono un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza che, in quanto combinato con l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio, è tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto.

L’equilibrio di genere nelle leggi regionali

Come anticipato la legge 165/2004 stabilisce alcuni principi a cui le leggi elettorali delle regioni a statuto ordinario devono conformarsi. Tra questi la promozione delle pari opportunità tra generi. Oltre a stabilire il principio però la disposizione elenca anche alcuni criteri cui le regioni devono attenersi a seconda del sistema elettorale scelto: proporzionale con espressione di preferenze, proporzionale senza espressione di preferenze o uninominale.

Le 3 regioni a statuto ordinario che andranno al voto nel 2023 prevedono tutte un sistema proporzionale con preferenza ed è dunque al primo criterio che devono attenersi.

qualora la legge elettorale preveda l’espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima;

Come è ovvio dunque le leggi regionali del Lazio, della Lombardia e del Molise si sono conformate a questo principio, con una differenza. La regione Lazio infatti ha previsto che le liste debbano necessariamente essere composte in modo che ciascun genere sia espresso per il 50%. In caso di numero dispari è ammessa una sola unità di scarto.

Per il Friuli-Venezia Giulia invece il discorso è differente. La regione infatti non deve conformarsi a una norma nazionale, ma solo al suo statuto, le cui modifiche sono state approvate con legge costituzionale (2/2001). Proprio questa modifica ha introdotto nello statuto il principio di “equilibrio della rappresentanza dei sessi”, ma in modo del tutto generico.

La legge regionale invece ricalca in buona parte la disciplina prevista per le regioni a statuto ordinario, ma non completamente. Anche qui infatti le liste devono essere composte in modo che il genere più rappresentato non superi il 60% delle candidature. In questo caso però non è richiesta la doppia preferenza di genere (legge regionale 17/2007). E in effetti in questa regione la legge elettorale prevede un’unica preferenza che l’elettore può attribuire indifferentemente a una candidata o a un candidato (l.r. 28/2007).

Foto: ministero dell’interno

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