Uno dei principali problemi con l’attuale normativa in tema di incompatibilità riguarda il dare lo stesso peso a tutte le amministrazioni comunali.

Il tema dell’opportunità e la fattibilità di portare avanti determinati incarichi contemporaneamente poi è particolarmente rilevante quando riguarda membri di camera e senato. Quattordici parlamentari, alcuni di spicco, mantengono al momento l’incarico di consigliere comunale in comuni capoluogo di regione, come consentito dalla legge. Un modo per mantenere un piede nelle istituzioni del territorio delle proprie città, e allo stesso tempo far parte delle istituzioni nazionali.

Molti parlamentari di spicco scelgono di mantenere un incarico da consigliere nella loro città di origine.

Il punto è chiaro: non sarebbe più corretto lasciare il posto in consiglio comunale a politici che non hanno anche un incarico nel parlamento? Vista l’importanza di entrambi i ruoli, la risposta dovrebbe venire naturale, ma evidentemente non è così. Bisognerebbe capire quanto i parlamentari in questione sono capaci di seguire i lavori in comune, e per farlo ovviamente possiamo utilizzare i dati. Specifichiamo subito che la mancanza di dati omogenei e uniformi rendono il confronto tra le diverse amministrazioni molto arduo. Ogni comune, non essendoci una chiara normativa in materia, riporta le presenze ai lavori in maniera differente. Dati che spesso non includono quanto succede nelle commissioni comunali, dove, come per il parlamento, avviene molto lavoro.

14 parlamentari sono anche consiglieri in comuni capoluogo di regione.

Comune di Roma: Fassina (Leu), Giachetti (Pd) e Meloni (Fdi)

Nel comune di Roma ci sono ben 3 ex candidati sindaco che dopo la sconfitta elettorale sono diventati consiglieri comunali. Tutti e tre erano e sono tutt’ora anche parlamentari, e parliamo nello specifico di Stefano Fassina (Leu), Roberto Giachetti (Pd) e Giorgia Meloni (Fdi). Da metà 2016 a fine 2017 in media i consiglieri al comune di Roma hanno partecipato a 103 sedute dell’assemblea capitolina. La leader di Fratelli d’Italia solamente a 30, l’ex vicepresidente della camera Giachetti a 85 e Fassina a 94. Più significativi i dati sulle sedute nelle varie commissioni di appartenenza. Se in media un consigliere ha partecipato a circa 310 sedute, Meloni con 12, Giachetti con 63 e Fassina con 93 si stabiliscono in fondo alla classifica, in buona compagnia dell’altro ex candidato Marchini fermo 20.

Comune di Milano: Gelmini (Fi), Morelli (Lega) e Salvini (Lega)

In parlamento ininterrottamente dal 2006, Mariastella Gelmini dal giugno del 2016 è entrata nel consiglio comunale di Milano. Matteo Salvini invece è tornato nel consiglio comunale della sua città dopo avervi fatto parte dal 1993 al 2012. Anche lui vi è tornato a metà del 2016, quando era ancora un deputato del parlamento europeo. Da inizio consiliatura l’onorevole Gelmini ha partecipato all’8,46% delle votazioni, terza percentuale più bassa dopo il dato di Stefano Parisi (5,61%) e proprio di Matteo Salvini (3,71%). Anche i dati sulle presenze alle sedute non sono certamente migliori. Il leader della Lega mantiene la percentuale più bassa di tutto il consiglio comunale (21,48%), precedendo sempre Stefano Parisi (35,56%) e Mariastella Gelmini (49%).

Storia diversa invece quella che riguarda Alessandro Morelli, neo eletto in parlamento con la Lega e capogruppo in consiglio comunale. Essendo nuovo al doppio incarico, il modo migliore per analizzare i suoi dati è attraverso un’analisi della campagna elettorale (gennaio e febbraio) e dei primi mesi di questa legislatura (marzo e aprile), dati che per il comune di Milano sono disponibili solo nell’ambito delle commissioni consiliari. Nei primi due mesi dell’anno Morelli ha partecipato rispettivamente al 21% e al 54% delle sedute. Successivamente i dati sono scesi al 15% nel mese di marzo, e allo 0% nel mese di aprile.

Comune di Napoli: Carfagna (Fi) e Valente (Pd)

La neo vicepresidente della camera Mara Carfagna è in parlamento dal 2006, e ha ricoperto il ruolo di ministro per le pari opportunità dal 2008 al 2011. Dal 2016 fa parte del consiglio comunale di Napoli, anno in cui ha partecipato a 12 sedute su 14, con sole 2 assenze. L’anno successivo i dati sulle assenze sono notevolmente cresciuti, facendo segnare la percentuale più alta di sedute mancate, il 38% (9 su 24), di tutto il consiglio. Anche Valeria Valente, candidata sindaco del Partito democratico, dopo un primo anno con sole 2 assenze, ha visto i suoi numeri accrescere, salendo al 25% di sedute saltate (6 su 24), terza percentuale più alta.

Comune di Torino: Fassino (Pd) e Napoli (Fi)

Essendo nuovi al doppio incarico, i dati per Piero Fassino e Osvaldo Napoli sono leggermente diversi. A differenza degli altri parlamentari di cui abbiamo parlato fin qui, i due consiglieri comunali torinesi prima delle ultime elezioni politiche non erano parlamentari, e avevano solamente l’incarico in consiglio. Il modo migliore per testare la loro capacità di portare avanti il doppio impegno è vedere se è cambiata la loro partecipazione ai lavori del comune dall’inizio della campagna elettorale. Da gennaio 2018 Fassino e Napoli hanno partecipato rispettivamente al 16,66% (3 su 18) e 72,22% (13 su 18) delle sedute che si sono tenute.  Rispetto a tutto il 2017, per avere un confronto, la variazione è particolarmente sensibile per Osvaldo Napoli. Il parlamentare di Forza Italia aveva partecipato all’89,79% delle sedute (44 su 49) lo scorso anno, mentre l’ex sindaco Fassino al 44,89% (22 su 49), seconda percentuale più alta di assenteismo in consiglio.

Comune di Bologna: Borgonzoni (Lega)

La candidata della Lega alle comunali di Bologna del 2016, Lucia Borgonzoni, è stata eletta al senato alle ultime elezioni politiche. Anche per lei quindi il doppio incarico è relativamente recente. Nel primo trimestre del 2018, nel pieno della campagna elettorale, ha partecipato a 15 delle 23 sedute del consiglio comunale (il 65%), terza percentuale più bassa dopo Virginio Merola, sindaco di Bologna, e del consigliere Francesco Errani. Detto questo, dopo il sindaco Merola, ha la percentuale più bassa di partecipazione alle votazioni del consiglio nel primo trimestre del 2018.

Comune di Firenze: Biti (Pd)

In questi giorni la presidente del consiglio comunale di Firenze Caterina Biti, neo eletta in parlamento, ha annunciato le sue dimissioni dalla carica, per dedicarsi esclusivamente all’impegno in senato. Purtroppo, non essendo disponibile sul sito del comune di Firenze, non è possibile misurare la sua partecipazione ai lavori del consiglio comunale durante la campagna elettorale.

Comune di Venezia: Ferrazzi (Pd) e Pellicani (Pd)

Alle scorse politiche sono stati eletti in parlamento il capogruppo del Partito democratico in consiglio comunale Andrea Ferrazzi, e il suo compagno di partito Nicola Pellicani. Entrambi sono nuovi al doppio incarico, e il comune di Venezia non fornisce dati sulle presenze in consiglio comunale e quindi non possiamo analizzare il loro contributo in comune.

Da monitorare con l’inizio dei lavori in parlamento

Quando inizieranno i lavori della XVIII legislatura sarà sicuramente interessante monitorare quanto i parlamentari in questione riusciranno a dedicarsi al loro incarico in consiglio comunale. A parte alcuni casi, l’impegno nazionale, sia nella scorsa legislatura che nella recente campagna elettorale, ha notevolmente compromesso la capacità dei politici in questione di seguire i lavori in consiglio comunale.

Considerazioni cui possiamo aggiungere come sempre la questione dell’opportunità. In una legislatura i provvedimenti che riguardano i comuni sono tanti. Oltre al noto decreto enti locali, che ha un notevole peso sul bilancio dei comuni, la discussione di leggi più specifiche su situazioni non ordinarie che riguardano le amministrazioni possono sollevare il problema del conflitto di interessi per quei politici che si trovano ad avere un doppio incarico. Nella scorsa legislatura per esempio camera e senato hanno approvato sia il decreto Salva-Roma, che interveniva in prima persona sul pesante debito del comune, che il decreto Giubileo-Expo che ha stanziato numerosi milioni per la gestione dei due eventi nelle città di Roma e Milano. Ancora una volta, non è in discussione la bontà dei provvedimenti, ma l’opportunità di avere gli stessi politici coinvolti su più livelli istituzionali. 

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