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Antonio DI PIETRO in data 19 agosto 2012
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Gianpaolo DOZZO in data 19 agosto 2012
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Pier Luigi BERSANI in data 19 agosto 2012
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» «La morte di Angelo Di Carlo non può passare nel dimenticatoio. Giornata di mobilitazione in autunno»
Paolo FERRERO in data 19 agosto 2012
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Antonio DI PIETRO in data 19 agosto 2012
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Thomas CASADEI in data 16 agosto 2012
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Giovanni Favia in data 14 agosto 2012
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Giovanni Favia in data 14 agosto 2012
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Paolo FERRERO in data 10 agosto 2012
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» «C’è un centro di potere che lega Padova, Treviso e Venezia» - INTERVISTA
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Pier Luigi BERSANI in data 09 agosto 2012
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Vasco ERRANI in data 09 agosto 2012
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Mario MONTI in data 08 agosto 2012
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Pier Paolo BARETTA in data 07 agosto 2012
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Mario Catania in data 07 agosto 2012
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» «I tedeschi vogliono imporre le regole, è un sopruso» - INTERVISTA
Antonio MARTINO in data 07 agosto 2012
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Enrico LETTA in data 07 agosto 2012
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» «La riforma della Fornero ha creato solo disoccupati» - INTERVISTA
Alberto Brambilla in data 06 agosto 2012
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Corrado Passera in data 06 agosto 2012
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Francesco BOCCIA in data 06 agosto 2012
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Pier Luigi BERSANI in data 05 agosto 2012
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Massimo Cacciari in data 05 agosto 2012
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Antonio Catricalà in data 05 agosto 2012
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Pier Ferdinando CASINI in data 04 agosto 2012
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Gianfranco Polillo in data 04 agosto 2012
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» Gli alti tassi italiani sovvenzionano il debito di Berlino
Mario MONTI in data 04 agosto 2012
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» «Si gioca tutto: facciamo l’asse con Di Pietro» - INTERVISTA
Paolo FERRERO in data 04 agosto 2012
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Carmine Doronzo in data 04 agosto 2012
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Nichi VENDOLA in data 04 agosto 2012
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» «Lista arancione con i Sindaci» - INTERVISTA
Luigi de MAGISTRIS in data 03 agosto 2012
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» Con Di Pietro «Si è creato un problema serissimo»
Pier Luigi BERSANI in data 02 agosto 2012
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» «Nichi fa solo il furbo, io non scodinzolo al Pd» - INTERVISTA
Antonio DI PIETRO in data 02 agosto 2012
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» «Nichi tradisce il programma è fuori dal centrosinistra» - INTERVISTA
Antonio DI PIETRO in data 02 agosto 2012
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» “Carta d’intenti: nuovo civismo e democrazia viva e rinnovata”
Pier Paolo BARETTA in data 01 agosto 2012
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» «Serve una nuova Europa, entro il 2014» - INTERVISTA
Emma BONINO in data 01 agosto 2012
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» Coi compagni c'eravamo tanto amati - INTERVISTA
Silvana MURA in data 01 agosto 2012
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» Elezioni? Si, democratiche.
Giovanni FERRARA in data 01 agosto 2012
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» Ilva «Garantire lavoro e salute»
Giorgio NAPOLITANO in data 31 luglio 2012
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» La Carta d'intenti per il patto tra democratici e progressisti
Pier Luigi BERSANI in data 31 luglio 2012
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» «Noi e l'Ue alla fine del tunnel»
Mario MONTI in data 31 luglio 2012
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» Legge elettorale: «Ad agosto digiuno a staffetta al posto di Giachetti»
Benedetto DELLA VEDOVA in data 31 luglio 2012
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» “Ilva, grave ritardo. Bisogna conciliare il lavoro ed il rispetto dell’ambiente”
Pier Paolo BARETTA in data 30 luglio 2012
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» “Europa, la crisi si batte con risposte globali e più attenzione all’economia reale”
Pier Paolo BARETTA in data 30 luglio 2012
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» Pubblico impiego. «Non sono in grado di escludere licenziamenti»
Filippo Patroni Griffi in data 30 luglio 2012
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» Voto anticipato. «Decisione che appartiene solo al presidente della Repubblica»
Giorgio NAPOLITANO in data 30 luglio 2012
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Pietro ICHINO in data 28 luglio 2012
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Paolo Cova in data 27 luglio 2012
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» "Mercati rassicurati da nuova legge elettorale. Tagli alle tredicesime? Allarmismi ingiustificati"
Mario MONTI in data 26 luglio 2012
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» Occorre dare più chiarezza e trasparenza nel mercato del fotovoltaico
Patrizia TOIA in data 26 luglio 2012
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Roberto GIACHETTI in data 25 luglio 2012
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» L'Italia prima di tutto
Giorgio TONINI in data 24 luglio 2012
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» Occupazione decimata e Governo latitante
Giuliana Carlino in data 23 luglio 2012
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Maurizio CHEMELLO in data 21 luglio 2012
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Paolo FERRERO in data 21 luglio 2012
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Stefano Boeri in data 20 luglio 2012
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Pier Paolo BARETTA in data 20 luglio 2012
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» Eurozona. «Un contagio in corso c’è»
Mario MONTI in data 20 luglio 2012
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» «Rischio contagio aumenta. La situazione è molto preoccupante»
Massimo D'ALEMA in data 20 luglio 2012
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» «Monti non convince su spread e quadro politico»
Francesco BOCCIA in data 20 luglio 2012
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» Il mio NO netto alla Super-IMU per gli anconetani
Andrea Filippini in data 20 luglio 2012
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» Ogni volta che Formigoni parla di Expo fa arrabbiare qualcuno
Franco MIRABELLI in data 18 luglio 2012
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» "Bisogna lavorare di più e meglio mantenendo inalterato il costo del lavoro"
Gianfranco Polillo in data 17 luglio 2012
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» Contro la povertà serve (anche) un po' di speranza
Pier Paolo BARETTA in data 17 luglio 2012
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» Finanziamenti per dare nuovo impulso alla cooperazione allo sviluppo
Patrizia TOIA in data 17 luglio 2012
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» «Fu Prodi a volere un'Europa larga e dominata da altri...» - INTERVISTA
Roberta ANGELILLI in data 17 luglio 2012
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» Bersani ha ucciso le primarie - INTERVISTA
Arturo Mario Luigi PARISI in data 17 luglio 2012
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» I diritti civili, tema centrale
Rosy BINDI in data 17 luglio 2012
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» «E' un partito poco democratico» - INTERVISTA
Ignazio Roberto Maria MARINO in data 17 luglio 2012
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» Expo: Salvini è come Alfano sulla Minetti. Parla ma nessuno lo ascolta
Franco MIRABELLI in data 17 luglio 2012
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» Expo: Grave che Formigoni abbia votato un ordine del giorno che sminuisce il ruolo di Pisapia
Franco MIRABELLI in data 17 luglio 2012
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» Expo deve essere un’opportunità per tutti i cittadini e non solo per qualcuno
Franco MIRABELLI in data 17 luglio 2012
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» «Beppe, siamo in ritardo»
Valentino Tavolazzi in data 17 luglio 2012
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» Expo: Il voto della Lega sarà coerente o sosterrà Formigoni?
Franco MIRABELLI in data 16 luglio 2012
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» «Chiusa l'emergenza. Nessun patto con il Pdl» - INTERVISTA
Dario FRANCESCHINI in data 16 luglio 2012
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» «Vendite da 15-20 miliardi l'anno. Ecco il piano per ridurre il debito» - INTERVISTA
Vittorio Grilli in data 15 luglio 2012
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» I fiori di Largo Rapallo
Franco MIRABELLI in data 15 luglio 2012
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» Se Milano vuole competere con le altre città metropolitane del mondo, deve mettere in campo politiche adeguate
Franco MIRABELLI in data 15 luglio 2012
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» «Troppi statali, anche al Sud si partirà subito con i tagli» - INTERVISTA
Filippo Patroni Griffi in data 14 luglio 2012
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» Dalla Parte dell'Italia
Pier Paolo BARETTA in data 14 luglio 2012
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» Decrescita e Capitalismo
Gregorio Piccin in data 14 luglio 2012
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» «Berlusconi candidato? Non farà bene all'Italia ma chiarisce le cose» - INTERVISTA
Pier Ferdinando CASINI in data 14 luglio 2012
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» "Il Paese non è fatto delle beghe nostre"
Pier Luigi BERSANI in data 14 luglio 2012
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» ”I giovani del Pd non faranno come Alfano"
Matteo RENZI in data 14 luglio 2012
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» Deputati Pd sostengano nostro ddl sui matrimoni
Antonio DI PIETRO in data 14 luglio 2012
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» Le due sinistre nella casa del Pd
Franco MARINI in data 13 luglio 2012
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» Spending review? No, serve una patrimoniale
Cesare DAMIANO in data 13 luglio 2012
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» «Pronto per le primarie» - INTERVISTA
Pietro ICHINO in data 13 luglio 2012
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» Riforma del Lavoro - INTERVISTA
Pier Paolo BARETTA in data 12 luglio 2012
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» Ue/Crisi: Europa fuori dall'empasse grazie all'azione del governo italiano
David-maria SASSOLI in data 11 luglio 2012
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» Il Parlamento inutile
Furio COLOMBO in data 11 luglio 2012
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» «Ma sulle preferenze Pier Luigi è troppo severo» - INTERVISTA
Marco FOLLINI in data 11 luglio 2012
La Carta d'intenti per il patto tra democratici e progressisti
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(31 luglio 2012) - fonte: europaquotidiano.it - inserita il 02 agosto 2012 da 31
L’Italia ce la farà se ce la faranno gli italiani. Se il paese che lavora, o che un lavoro lo cerca, che studia, che misura le spese, che dedica del tempo al bene comune, che osserva le regole e ha rispetto di sé, troverà un motivo di fiducia e di speranza.L’Italia perderà se abbandonerà l’Europa e si rifugerà nel suo spirito corporativo, se prevarrà l’interesse del più ricco o del più arrogante. Se speranza e riscatto non saranno il capitale di un popolo ma scialuppe solo per i furbi e i meno innocenti.
Questa Carta d’Intenti vuole descrivere l’Italia che ce la può fare, che ce la può fare ricostruendo basi etiche e di efficienza economica; che ce la può fare con uno sforzo comune in cui chi ha di più dà di più.
Sappiamo che la politica ha le sue colpe. E che quanto più profonda si manifesta la crisi, tanto più le classi dirigenti devono testimoniare il meglio: nella competenza, nella condotta, nella coerenza. Questo sarà il nostro impegno e la bussola per il nostro compito. Con la stessa sincerità, diciamo che non siamo tutti uguali. Non sono uguali i partiti, le persone, le responsabilità. Gli italiani sono finiti dove mai sarebbero dovuti stare perché a lungo sono stati governati male. Noi vogliamo chiudere quella pagina e aprirne un’altra.
L’Italia, come altre grandi nazioni, è immersa nella fine drammatica di un ciclo della storia che ha occupato l’ultimo trentennio. La gravità del quadro elimina molte certezze. Ma sono proprio le grandi rotture a dettare le regole del futuro. Nel senso che da una crisi radicale – dell’economia e della democrazia – non si esce mai come si è entrati. Le crisi cambiano il paesaggio, le persone, il modo di pensare. La sfida è spingere quel mutamento verso un progresso e un civismo più solidi, retti, condivisi. Davanti a noi, adesso, c’è una scelta di questo tipo: se batterci per migliorare tutti assieme o rinunciare a battersi. Se credere nelle risorse del Paese o affidarsi – e sarebbe una sciagura – alle risorse di uno solo. Se unire le energie disponibili e ripensare assieme l’Europa, o attendere che altri scelgano e dicano per noi.
Questo è il momento di decidere cosa vogliamo diventare. Quale ruolo dare a una nazione con la nostra tradizione, situata nel cuore di un Mediterraneo che le rivolte giovanili stanno modificando come mai era accaduto. Quale democrazia rifondare, dopo una crisi che ha corretto i confini della sovranità dei singoli stati. Insomma questo è il momento di ricostruire l’Italia che lasceremo a chi verrà dopo.
Il prossimo Parlamento e il governo che gli elettori sceglieranno avranno tre compiti decisivi. Dovranno guidare l’economia fuori dalla crisi rimettendola salda sulle gambe. Dovranno ridare autorità, efficienza e prestigio alle istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione. Dovranno rilanciare – in un gioco di squadra con le altre nazioni e i loro governi – l’unità e l’integrazione politica dell’Europa.
Vogliamo dunque proporre la traccia di una discussione aperta sull’Italia attorno ad alcune idee fondamentali. Cerchiamo un patto con le forze politiche democratiche, progressiste e di una sinistra di governo, con movimenti e associazioni, con amministratori, con ogni persona e personalità che voglia contribuire a un progetto per uscire da una crisi senza eguali nella nostra memoria. Una crisi che affrontiamo con la zavorra di un debito pubblico da ridurre drasticamente e che richiederà scelte responsabili, di rigore e allo stesso tempo di enorme coraggio. Bisogna vedere i problemi e insieme cogliere le occasioni. L’Italia è in grado di farlo ma deve avere più fiducia nei suoi mezzi e meno paura del viaggio che dobbiamo fare. Non è più tempo di “contratti”, promesse, sogni appesi a un filo. Adesso è tempo di ripartire. Perché il peggio può essere alle nostre spalle. Se lo vogliamo.
Visione
Noi non crediamo all’ottimismo delle favole, quello venduto nel decennio disastroso della destra. Crediamo, invece, in un risveglio della fiducia e soprattutto nel futuro degli italiani, a cominciare dai più giovani e dalle donne. I problemi sono enormi e il tempo per aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né scontate. Ma la speranza che ci muove vive tutta nella convinzione che si possano combinare rigore e cambiamento. Che si possa agganciare la crescita in un quadro di equità.Il nostro posto è in Europa. Lì dove Mario Monti ha avuto l’autorevolezza di riportarci dopo una decadenza che l’Italia non meritava. Noi collocheremo sempre più saldamente l’Italia nel cuore di un’Europa da ripensare e, in qualche misura, da rifondare. Lo faremo assieme a quelle forze progressiste che cercano in un tempo difficile di non tradire il sogno di un’Europa unita nell’impronta della sua civiltà.
In “casa” dovremo colmare la faglia che si è scavata tra cittadini e politica. Qui non bastano le parole. Serviranno i comportamenti, le azioni, le coerenze. Cercheremo di andare nella direzione giusta: di fare in modo che la buona politica e una riscossa civica procedano affiancate. Il traguardo è ricostruire quel patrimonio collettivo che la destra e i populismi stanno disgregando: la qualità della democrazia, la dignità di ciascuno, legalità, cittadinanza, partecipazione. La realtà è che mai come oggi nessuno si salva da solo. E nessuno può stare bene davvero, se gli altri continuano a stare male: è questo il principio a base del nostro progetto, sia nella sfera morale e civile che in quella economica e sociale.
Vogliamo che il destino dell’Italia sia figlio della migliore civiltà dell’Europa e che insieme riscopriamo la necessità di sentirci vicino a chi nel mondo si batte per la libertà e l’emancipazione di ogni essere umano. Lo scriviamo nella coscienza che la grandezza e la tragedia del ‘900 in Europa si misurano in una sola parola: la pace. La conquista faticosa di un continente che, con la tragica eccezione dei Balcani, ha conosciuto nella seconda metà del secolo la sua riconciliazione. Oggi, in un mondo in subbuglio, pace, cooperazione, accoglienza, devono ispirare di nuovo il discorso pubblico. Nella coscienza dei singoli come nella diplomazia degli Stati.
Con questa visione noi, democratici e progressisti, ci candidiamo alla guida del Paese.
Democrazia
Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. È una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. In democrazia ci sono due modi di concepire il potere. Usare il consenso per governare bene. Oppure usare il governo per aumentare il consenso. La prima è la via del riformismo. La seconda è la scorciatoia di tutti i populismi e si traduce in una paralisi della decisione.Per noi il populismo è il principale avversario di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato senza regole. La destra populista ha promesso una illusoria protezione dagli effetti del liberismo finanziario innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e reale, il suo esito è sempre stato antipopolare.
La sola vera risposta al populismo è in una partecipazione rinnovata come base della decisione. E questo perché la crisi della democrazia non si combatte con “meno” ma con “più” democrazia. Il che significa più rispetto delle regole, una netta separazione dei poteri e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo. In questo senso siamo convinti che il suo progetto di trasformazione civile, economica e sociale sia vitale e per buona parte ancora da mettere in atto.
Vogliamo dare segnali netti all’Italia onesta che cerca nelle istituzioni un alleato contro i violenti, i corruttori e chiunque si appropri di risorse comuni mettendo a repentaglio il futuro degli altri. Per noi ciò equivarrà alla difesa intransigente del principio di legalità, a una lotta decisa all’evasione fiscale, al contrasto severo dei reati contro l’ambiente, al rafforzamento della normativa contro la corruzione e a un sostegno più concreto agli organi inquirenti e agli amministratori impegnati contro mafie e criminalità, vero piombo nelle ali per l’intero Paese. Sono questi gli impegni inderogabili e le coerenze richieste alla politica se vogliamo che i cittadini abbiano di nuovo fiducia nella democrazia.
Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica. Riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Sono poi essenziali norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione, secondo quei principi liberali che la destra italiana disconosce. Bisogna attuare a tutti i livelli la democrazia paritaria nell’idea che autonomia e responsabilità delle donne siano una leva essenziale della crescita. Ma soprattutto daremo vita a un meccanismo riformatore che dia finalmente concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente della prossima legislatura.
Infine, ma non è l’ultima delle priorità, la politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento, ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica sobria perché se gli italiani devono risparmiare, chi li governa deve farlo di più. A ogni livello istituzionale non sono accettabili emolumenti superiori alla media europea. Ma anche questo non basta. Va approvata una riforma dei partiti, che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, e bisogna agire per la semplificazione e l’alleggerimento del sistema istituzionale e amministrativo. Occorrono piani industriali per ogni singola amministrazione pubblica al fine di produrre efficienza e risparmio. Riconoscere il limite della politica e dei partiti significa anche aprire il campo alle richieste d’impegno e mobilitazione che maturano nella società ed alle competenze che si affermano. Tutto ciò dovrà essere messo al concreto a cominciare dalle nomine in enti, società pubbliche e autorità di sorveglianza e da criteri di selezione nelle funzioni di governo.
Europa
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa, nel senso che da lì viene la sola possibilità di affrancare l’Italia dai guasti del collasso liberista, e quindi le sorti dell’integrazione politica coincidono largamente col nostro destino. Insomma non c’è futuro per l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto europeo. La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa.Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo, rafforzando la piattaforma dei progressisti europei. Se l’austerità e l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti, ricerca e formazione – finiscono per negare se stessi. Adesso c’è bisogno di correggere rotta, accelerando l’integrazione politica, economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una riorganizzazione del nostro modello sociale.
La sfida – e questa è la seconda direzione da imboccare – è portare a compimento le promesse tradite della moneta unica e integrare la più grande area commerciale del pianeta – perché questo siamo, e tuttora – in un modello di civiltà che nessun’altra nazione o continente è in grado di elaborare.
Salvare l’Europa nel pieno della crisi significa condividere il governo dell’emergenza finanziaria secondo proposte concrete che abbiamo da tempo avanzato assieme ai progressisti europei. Tali proposte determinano una prospettiva di coordinamento delle politiche economiche e fiscali. E dunque nuove istituzioni comuni, dotate di una legittimazione popolare e diretta. A questo fine i progressisti devono promuovere un patto costituzionale con le principali famiglie politiche europee. Anche per l’Europa, infatti, la prossima sarà una legislatura costituente in cui il piano nazionale e quello continentale saranno intrecciati stabilmente. Una legislatura nella quale dovrà rivivere l’orizzonte ideale degli Stati Uniti d’Europa. Qui vive la ragione che ci spinge a cercare un accordo di legislatura con le forze del centro moderato. Collocare il progetto di governo italiano nel cuore della sfida europea significa essere alternativi alle regressioni nazionaliste, anti-europee e populiste, da sempre incompatibili con le radici di un’Europa democratica, aperta, inclusiva.
Lavoro
La nostra visione assume il lavoro come parametro di tutte le politiche. Cuore del nostro progetto è la dignità del lavoratore da rimettere al centro della democrazia, in Italia e in Europa. Questa è anche la premessa per riconoscere la nuova natura del conflitto sociale. Fulcro di quel conflitto non è più solo l’antagonismo classico tra impresa e operai, ma il mondo complesso dei produttori, cioè delle persone che pensano, lavorano e fanno impresa. E questo perché anche lì, in quella dimensione più ampia, si stanno creando forme nuove di sfruttamento. Il tutto, ancora una volta, per garantire guadagni e lussi alla rendita finanziaria. Bisogna perciò costruire alleanze più vaste, oltre i confini tradizionali del patto tra produttori. La battaglia per la dignità e l’autonomia del lavoro, infatti, riguarda oggi il lavoratore precario come l’operaio sindacalizzato, il piccolo imprenditore o artigiano non meno dell’impiegato pubblico, il giovane professionista sottopagato al pari dell’insegnante o del ricercatore universitario.Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione, punti storicamente vulnerabili del nostro sistema. Quarto passo è mettere in campo politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile, ancora adesso uno dei differenziali più negativi per la nostra economia, in particolare al Sud. Farlo significa impegnarsi per sradicare i pregiudizi sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni. A tale scopo è indispensabile alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, sostenendo una riforma del welfare e varando un piano straordinario per la diffusione degli asili nido. Anche grazie a politiche di questo tipo sarà possibile sostenere concretamente le famiglie e favorire una ripresa della natalità. Insomma sul punto non servono altre parole: bisogna fare del tasso di occupazione femminile e giovanile il misuratore primo dell’efficacia di tutte le nostre strategie.
Infine, il lavoro è oggi per l’Italia lo snodo tra questione sociale e questione democratica. Fondare sul lavoro e su una più ampia democrazia nel lavoro, la ricostruzione del Paese non è solo una scelta economica, ma l’investimento decisivo sulla qualità della nostra democrazia. Questo se pensiamo – e noi ne siamo convinti – che il lavoro non sia solo produzione, ma rete di relazioni, equilibrio psicologico, progetto e speranza di vita; la possibilità offerta a ciascuno di noi di trasformare la realtà.
Uguaglianza
L’Italia è divenuta negli anni uno dei Paesi più diseguali del mondo occidentale. La crisi stessa trova origine – negli Stati Uniti come in Europa – da un aumento senza precedenti delle disuguaglianze. E dunque esiste, da tempo oramai, un problema enorme di redistribuzione che investe il rapporto tra rendita e lavoro, mettendo a rischio i fondamenti del welfare.Sull’altro fronte, la ricchezza finanziaria e immobiliare è diventata sempre più inafferrabile, capace com’è di sfuggire a ogni vincolo fiscale e solidale. E però non si esce dalla crisi se chi ha di più non è chiamato a dare di più. In altre parole, è la crisi stessa a insegnarci che la giustizia sociale non è pensabile come derivata della crescita economica, ma ne fonda il presupposto. Ciò significa che la ripresa economica richiede politiche di contrasto alla povertà, anche in un Paese come il nostro dove il fenomeno sta assumendo caratteri nuovi e dimensioni angoscianti. I “nuovi poveri”, per altro, continuano ad assistere allo scandalo di rendite o emolumenti cresciuti a livelli indecenti, a ricchezze e proprietà smodate che si sottraggono a qualunque vincolo di solidarietà. A tutto questo bisogna finalmente mettere un argine.
Per noi parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli “ultimi”. Di coloro che per vivere faticano il doppio: perché sono partiti da più indietro o da più lontano o perché sono diversamente abili. Se poi guardiamo alle generazioni più giovani, il tema dell’uguaglianza si presenta prima di tutto come possibilità di scelta e parità delle condizioni di accesso alla formazione, al lavoro, a un’affermazione piena e libera della loro personalità. Superare le disuguaglianze di genere è l’altra grande sfida per ricostruire il Paese su basi moderne e giuste. Non a caso, ancora una volta, il simbolo più forte di una riscossa civica e morale è venuto dal movimento delle donne. Su questo piano la politica, il Parlamento e il governo devono assumere la democrazia paritaria come traguardo della democrazia tout court.
Nessun discorso sull’uguaglianza sta in piedi se non si rimette il Mezzogiorno al centro dell’agenda. Le disuguaglianze territoriali, infatti, sono sempre anche disuguaglianze nei diritti e nelle opportunità. L’Italia è cresciuta quando Sud e Nord hanno scelto di avanzare assieme. Viceversa quando la forbice si è allargata, l’Italia tutta si è distanziata dall’Europa. Sostenere, come la destra ha fatto per anni, che il Nord poteva farcela da solo è stato un modo ipocrita di blandire una parte del ceto produttivo. Tutt’altra cosa è combattere sprechi e inefficienze con una nuova strategia nazionale d’intervento. Il punto è farlo assieme al senso di responsabilità di tante amministrazioni e movimenti meridionali impegnati a correggere le storture di vecchi regionalismi e localismi clientelari e a promuovere legalità, civismo e lavoro.
Infine, al capitolo dell’uguaglianza è legata a filo doppio la questione di una giustizia civile e penale al servizio del cittadino. Su questo piano è superfluo ricordare che gli anni della destra al governo hanno sprangato ogni spiraglio a un intervento riformatore. Diciamo che si sono occupati pochissimo dello stato di diritto e molto del diritto di uno soltanto che si riteneva proprietario dello Stato. Ma così a pagare due volte sono stati i cittadini più deboli: quelli che hanno davvero bisogno di una giustizia civile e penale rapida, imparziale, efficiente. Nella prossima legislatura il tema dovrà essere affrontato dal punto di vista della dignità e dei diritti di tutti e non più dei potenti alla ricerca d’impunità.
Sapere
La dignità del lavoro e la lotta alle disuguaglianze s’incrociano nel primato delle politiche per l’istruzione e la ricerca. Non c’è futuro per l’Italia senza un contrasto alla caduta drammatica della domanda d’istruzione registrata negli ultimi anni. È qualcosa che trova espressione nell’abbandono scolastico, nella flessione delle iscrizioni alle nostre università, nella sfiducia dei ricercatori e nella demotivazione di un corpo insegnante sottopagato e sempre meno riconosciuto nella sua funzione sociale e culturale.In questo caso più che dalle tante indicazioni programmatiche, conviene partire da un principio: nei prossimi anni, se vi è un settore per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa, è quello della ricerca e della formazione. Dalla scuola dell’infanzia e dell’obbligo alla secondaria e all’università: la sfida è avviare il tempo di una società della formazione lunga e permanente che non abbandoni nessuno lungo la via della crescita, dell’aggiornamento, di possibili esigenze di mobilità. Solo così, del resto, si formano classi dirigenti all’altezza, e solo così il sapere riacquista la sua fondamentale carica di emancipazione e realizzazione di sé.
A fronte di questo impegno, garantiremo processi di riqualificazione e di rigore della spesa, avendo come riferimento il grado di preparazione degli studenti e il raggiungimento degli obiettivi formativi. La scuola e l’università italiane, già fiaccate da un quindicennio di riforme inconcludenti e contraddittorie, hanno ricevuto nell’ultima stagione un colpo quasi letale. Ora si tratta di avviare un’opera di ricostruzione vera e propria. Nella prossima legislatura partiremo da un piano straordinario contro la dispersione scolastica, soprattutto nelle zone a più forte infiltrazione criminale, dal varo di misure operative per il diritto allo studio, da un investimento sulla ricerca avanzata nei settori trainanti e a più alto contenuto d’innovazione. Tutto ciò nel quadro del valore universalistico della formazione, della promozione della ricerca scientifica e della ricerca di base in ambito umanistico.
Sviluppo sostenibile
Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più importante che possiamo giocare nella globalizzazione, quella del saper fare italiano. Sarebbe sciocco pensare che nel mondo nuovo l’Italia possa inseguire nazioni molto più grandi e popolose di noi. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che sappia fare l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto, la duttilità, la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate all’estero. O di usare al meglio il nostro territorio, che non è solo arte e bellezza naturale, ma bacino di risorse, creatività, talento.Il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso nell’euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la concorrenza della rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale “integralmente ecologica” è la prima e più rilevante di queste scelte. Si tratta di sviluppare prodotti e servizi innovativi in quei settori che, in un mercato globale sempre più attento alle sfide ambientali, rendano l’Italia un punto di riferimento essenziale.
Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le scienze della vita, le tecnologie legate all’arte, alla cultura e ai beni di valore storico, l’agenda digitale, le alte tecnologie della nostra tradizione. Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi fra loro, a capitalizzarsi, ad accedere alla ricerca ed alla internazionalizzazione. C’è molto da fare. Mettere al centro in Italia l’economia reale e le forze che la promuovono, è un grande tema politico e culturale. Una vera svolta, dopo gli anni di una destra che ha lasciato nell’oscurità le prospettive produttive del Paese.
Beni comuni
Per noi sanità, istruzione, sicurezza, ambiente, sono campi dove, in via di principio, non dev’esserci il povero né il ricco. Perché sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni – di tutti e di ciascuno – e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese.Ancora, l’energia, l’acqua, il patrimonio culturale e del paesaggio, le infrastrutture dello sviluppo sostenibile, la rete dei servizi di welfare e formazione, sono beni che devono vivere in un quadro di programmazione, regolazione e controllo sulla qualità delle prestazioni.
Per tutto questo, introdurremo normative che definiscano i parametri della gestione pubblica o, in alternativa, i compiti delle autorità di controllo a tutela delle finalità pubbliche dei servizi. In ogni caso non può venir meno una responsabilità pubblica dei cicli e dei processi, che garantisca l’universalità di accesso e la sostenibilità nel lungo periodo.
La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi anche tra noi. I referendum della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e l’assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta. Non si tratta per questo di tornare al vecchio statalismo o a una diffidenza preventiva verso un mercato regolato. Il punto è affermare l’idea che questi beni riguardano il futuro dei nostri figli e chiedono pertanto una presa in carico da parte della comunità.
In questo disegno la maggiore razionalità e la valorizzazione del tessuto degli enti locali sono essenziali, non solo per la funzione regolativa che sono chiamati a svolgere, ma perché il presidio di democrazia, partecipazione e servizi che assicurano è in sé uno dei beni più preziosi per i cittadini. Superare le duplicazioni, riqualificare la spesa, devono perciò accompagnarsi ad un nuovo e rigoroso investimento sul valore dell’autogoverno locale che, soprattutto nella crisi, non va visto, così come ha fatto la destra, come una specie di malattia, ma piuttosto come una possibile medicina. A sua volta l’autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato.
Diritti
Per i democratici e i progressisti la dignità della persona umana e il rispetto dei diritti individuali sono la bussola del mondo nuovo e la cornice generale entro cui trovano posto tutte le nostre scelte di programma.La storia per altro insegna – e questa crisi lo conferma – che non esiste una gerarchia dei diritti e che l’azione per il loro riconoscimento e la loro affermazione vive di una tensione continua sul piano politico e sociale. In particolare, noi guardiamo oggi nel mondo alla lotta di popoli interi per la difesa dei diritti umani, a iniziare da quelli delle donne. E crediamo sia compito della politica, dei parlamenti e dei governi affermare l’indivisibilità dei diritti: politici, civili e sociali.
Anche su questo terreno l’Europa è per la politica dei singoli Stati un riferimento essenziale. A partire dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata per la prima volta a Nizza nel 2000 e dal Piano europeo di contrasto alle discriminazioni: di genere, orientamento sessuale, etnia, religione, età, portatori di differenti abilità.
Nel nostro caso questo significa l’impegno a perseguire il contrasto verso ogni violenza contro le donne e a una legge urgente contro l’omofobia. Sul piano dei diritti di cittadinanza l’Italia attende da troppo tempo una legge semplice ma irrinunciabile: un bambino, figlio d’immigrati, nato e cresciuto in Italia, è un cittadino italiano. L’approvazione di questa norma sarà simbolicamente il primo atto che ci proponiamo di compiere nella prossima legislatura.
Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale, per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico.
Su temi che riguardano la vita e morte delle persone, la politica deve coltivare il senso del proprio limite e il legislatore deve intervenire sempre sulla base di un principio di cautela e di laicità del diritto. Per evitare i guasti di un pericoloso “bipolarismo etico” che la destra ha perseguito in questi anni, è necessario assumere come riferimento i principi scolpiti nella prima parte della nostra Costituzione e, a partire da quelli, procedere alla ricerca di punti di equilibrio condivisi, fatte salve la libertà di coscienza e l’inviolabilità della persona nella sua dignità.
Responsabilità
L’Italia ha bisogno di un governo e di una maggioranza stabili e coesi. Di conseguenza l’imperativo che democratici e progressisti hanno di fronte è quello dell’affidabilità e della responsabilità. Per questa ragione, nel momento stesso in cui chiamiamo a stringere un patto di governo movimenti, associazioni, liste civiche, singole personalità e cittadini che condividono le linee di questo progetto, vogliamo assumere insieme, dinanzi al Paese, alcuni impegni espliciti e vincolanti.Le forze della coalizione, in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti, si dovranno impegnare a:
- sostenere in modo leale e per l’intero arco della legislatura l’azione del premier scelto con le primarie;
- affidare a chi avrà l’onere e l’onore di guidare la maggioranza, la responsabilità di una composizione del governo snella, sottratta a logiche di spartizione e ispirata a criteri di competenza, rinnovamento e credibilità interna e internazionale;
- vincolare la risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti a una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta;
- assicurare il pieno sostegno, fino alla loro eventuale rinegoziazione, degli impegni internazionali già assunti dal nostro Paese o che dovranno esserlo in un prossimo futuro;
- appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell’eurozona.I democratici e i progressisti s’impegnano altresì a promuovere un “patto di legislatura” con forze liberali, moderate e di Centro, d’ispirazione costituzionale ed europeista, sulla base di una responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni.
Abbiamo alle spalle il decennio di una destra impregnata di promesse e parole che hanno reso più confuse e opache la politica e l’azione del governo. Mentre davanti a noi l’ansia del cambiamento si sente con più forza. Noi – i democratici e i progressisti – questa volta non inviteremo a sognare. Insieme con il Paese che resiste e vuole ripartire apriremo bene gli occhi e ascolteremo. Assumeremo degli impegni. Discuteremo con la società consapevole i traguardi di un’Italia da rifare. Siamo pronti e non siamo soli. Siamo convinti di avere cose da dire, e soprattutto molte cose da fare. Per l’Italia, bene comune.
Fonte: europaquotidiano.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 02 agosto 2012 da 861
Esproprio, non proletario, del concetto "Beni Comuni". Il che farà incazzare molti giovani elettori mentre i meno giovani non capiranno quali sono i democratici e quali i progressisti. Si continua con la serie "se fa caldo non serve il cappotto".
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