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Dichiarazione di Pier Luigi BERSANI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Un governo con chi ci sta. Via il premier, l’instabilità colpa sua.

  • (06 dicembre 2010) - fonte: la Repubblica - Mauro Favale - inserita il 06 dicembre 2010 da 31

    Se il problema, come comincia a dire Berlusconi, è l’instabilità durante l’emergenza economica, Pier Luigi Bersani ribatte: «È lui la causa della crisi, è lui il simbolo dell’instabilità e non vogliamo che l’Italia venga travolta dalla sua debolezza».

    Dunque, il segretario del Pd conferma: il premier deve andare a casa. «Andiamo in piazza San Giovanni, sabato, proprio per dire questo. E lì presenteremo le nostre proposte per rinnovare il Paese».

    Il passaggio successivo al 14 dicembre è quello che Bersani ha indicato fin dall’inizio. «Io spero in un governo con tutte le forze che sono in Parlamento e che abbiano la volontà di fare un passaggio di transizione». Non l’anticipo di una coalizione futura, solo un’alleanza temporanea per «cambiare la legge elettorale - dice il leader in un’intervista al Tg2 - e fare due o tre provvedimenti per contrastare la crisi economica».

    Il Partito democratico, per arrivare a questo traguardo, dovrà affrontare alcuni problemi nel suo campo. L’opposizione di Vendola e Di Pietro (più tenue la seconda), desiderosi di andare subito al voto in caso di caduta del governo. «Ma Vendola - risponde senza spocchia Bersani - non è in Parlamento. Noi ci rivolgiamo ai partiti che sono nelle Camere».

    Bersani è convinto che il voto vada escluso: «Non parlo di elezioni perché le elezioni non ci saranno. Andare alle urne adesso significa ripetere un referendum su Berlusconi sì Berlusconi no. Perderemmo un altro giro, un’altra occasione». In più, o meglio sempre di più, Bersani considera Berlusconi «pericoloso», vede la democrazia italiana rischiare «nuovi strappi», come spiega all’Unità. «Ma senza il Pd - avverte Bersani - non c’è né l’alternativa né la transizione».

    Il punto però è se il suo partito, al momento giusto, avrà il coltello dalla parte dei manico. Se non si aprirà un nuovo caso al suo interno.

    L’atteggiamento dei radicali in vista del voto di fiducia resta misterioso. Marco Pannella parla all’assemblea del Popolo Viola a Roma. Tira fuori l’accento romano: «A’ dritto! Te vuoi sape’ cosa fanno i radicali il 14? E io nun te lo dico». Giù sfottò, insulti, gente che si alza e va via: «Ma chi l’ha invitato Pannella?».

    Un’uscita nella tana degli uitrà anti-beriusconiani che non scioglie i dubbi che circolano da giorni sul comportamento dei sei radicali alla Camera (eletti nelle liste del Pd) sul voto di sfiducia. Pannella ruba la scena di questa convention, a un anno dal No B day, agli altri invitati: Diliberto, Ferrando, Bonelli, Staderini e, via skype, Vendola e Di Pietro. Per il Pd Vincenzo Vita e Sandro Gozi.

    Pannella arriva a mezzogiorno, cappottone lungo, sigaro acceso, lunga coda di cavallo. Aspetta due ore seduto in platea: si parla di lavoro, conflitto di interessi, legge elettorale. Alza la voce quando dal palco si propone un ritorno al Mattarellum: «Quella è stata la truffa più grande». Ascolta un sondaggio di Ipr che stima le potenzialità elettorali del Popolo viola tra l’uno e il tre per cento. Si ricordano i cablogrammi di WikiLeaks, nei quali si cita il primo No Bday e la preoccupazione di Berlusconi. Poi, verso le 14, Pannella è invitato a parlare.
    Ma lascia tutti con un pugno di mosche.

    Fonte: la Repubblica - Mauro Favale | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, governo istituzionale, pd, pannella, crisi economica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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