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Dichiarazione di Cesare DAMIANO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

«Il peggio non è finito La ripresa è debole e non crea occupazione» - INTERVISTA

  • (06 dicembre 2010) - fonte: l’Unità - inserita il 06 dicembre 2010 da 31

    Quest'anno sarà peggiore del 2009. Con le cig è come se 700.000mila persone fossero state a casa.
    «Questi numeri sono la risposta a chi dice che la crisi è alle spalle». Cesare Damiano commenta gli ultimi dati sul sistema produttivo confermando un allarme: il peggio non è passato. Il bilancio di quest’anno sarà peggiore del 2009.

    Eppure qualche segnale di ripresa c’è.

    «Ci sono segnali, ma a macchia di leopardo, con tendenze molto negative nell’auto, nel navalmeccanica, nella siderurgia. Anche se vi fosse la ripresa, sarebbe senza occupazione. I numeri che abbiamo davanti ci dicono che sulle 200mila persone coinvolte negli stati di crisi, 50mila non rientreranno al lavoro. Per loro quando finirà il “narcotico” della cig, ci sarà il deserto».

    I dati mostrano che il 70% dei lavoratori dei servizi in stato di crisi sono a rischio disoccupazione.

    «Questo significa che il vecchio adagio del calo occupazionale nell’industria compensato dall’aumento di posti nei servizi è obsoleto, non funziona più. Proprio nei servizi assistiamo a processi di ristrutturazione rilevanti. Se a questo aggiungiamo il fatto che la pubblica amministrazione viene colpita dalla politica (si pensi a Brunetta che sforna le cifre dei tagli), il quadro diventa drammatico.
    A parte i tagli, in Italia ci sono 70mila vincitori di concorso che non entreranno nei posti che si sono guadagnati con lo studio. Anche loro restano a casa».

    Quanto pesa la Fiat in tutto questo?

    «La Fiat, per quanto meno che in passato, è un incidente rilevante. Si sta parlando di investimenti pari a 20 miliardi: quanto tre finanziarie. Incidente anche sotto il profilo sindacale. Se alla fine il contratto sarà frantumato, la domanda è: quanti la seguiranno. A quel punto saremo arrivati alla giungla. Non è questa la risposta da dare in un momento di crisi. Io penso che si possa innovare, restando all’interno del contratto collettivo nazionale, con un’intesa sull’auto riguardo ai turni, le mense e gli straordinari».

    Quella di Marchionne è una mossa politica?

    «Fiat pensa che per vincere le sfide della competizione globale si debba uscire dal quadro dei diritti. Io dico che la retribuzione dei lavoratori metalmeccanici deve essere uguale in qualsiasi stabilimento. Nulla vieta di inserire nel contratto un’intesa specifica sull’auto».

    Qual'è la via d’uscita da questo tunnel?

    «Per uscire dalla crisi bisogna cambiare la politica economica. A differenza di altri, il governo italiano non interviene a sostegno di settori fondamentali.
    Anch’io dico che bisogna guardare ai saldi di finanza pubblica. Ma i saldi hanno un segno più e uno meno. Basta prendere risorse da chi ha di più (noi proponiamo un prelievo sulle rendite analogo a quello europeo), e destinarle a nuovi investimenti.
    Invece il governo latita. Anche nel caso Fiat il vero assente è l’esecutivo. Nonostante questi numeri, il governo continua a negare le dimensioni della crisi».

    Fonte: l’Unità | vai alla pagina

    Argomenti: lavoro, tagli, disoccupazione, lavoratori, contratto, politica economica, cassa integrazione, finanza pubblica, crisi economica, Fiat, metalmeccanici, Marchionne | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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