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«Diversità sulla funzione della Chiesa» - INTERVISTA
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(23 marzo 2009) - fonte: Il Mattino - m.p.m. - inserita il 23 marzo 2009 da 31
«Fini ha suonato molto bene lo spartito nel ripercorrere e integrare la storia della destra e le vicende italiane. Ha suonato a orecchio, invece, quando ha delineato l’agenda del nuovo partito». Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato, ricorre a una terminologia musicale per esprimere il suo giudizio sull’intervento di Gianfranco Fini.
Sembra di capire che giudica questa seconda parte meno riuscita?
«Sì, c’è stata qualche stonatura ma certamente ha prevalso la maestria di chi conosce la musica».
Considera stonato quel no chiaro e netto al pensiero unico nel Pdl?
«Se vogliamo costruire un partito che vada oltre l’attuale 40%, non possiamo pensarlo culturalmente omogeneo. È evidente che dovranno convivere sensibilità politico-culturali differenti e sarebbe un errore cercare una sintesi sul terreno della cultura. La sintesi va cercata nella capacità e nell’esperienza di governare i problemi».
Bene il presidenzialismo ma non si pretenda di mettere all’angolo il Parlamento: una stoccata a Berlusconi, tanto più dopo le divergenze sui decreti.
«Non credo, perché il presidenzialismo oggi non c’è. Se vogliamo analizzare la situazione a livello istituzionale, dal mero punto di vista formale il potere sacrificato è proprio l’esecutivo: fu una scelta determinata da ragioni storiche comprensibili. Detto questo, delle parole di Fini si può dare una lettura polemica, di corto respiro, o storica. Vale a dire, è necessario ristabilire la corrispondenza tra evoluzione materiale del sistema politico e le regole: potenziare l’esecutivo e dare maggiore potere di controllo al Parlamento. Su questo terreno non c’è alcuna polemica».
Che effetto le fa, da cattolico, sentire da Fini che la religione va collocata all’interno delle scelte personali e non collettive? È una direzione molto diversa da quella intrapresa dal Pdl in più occasioni.
«Preferisco risponderle da laico. È una delle dissonanze che evidenzio nell’intervento di Fini, perché la separazione tra Stato e Chiesa, che il presidente della Camera rivendica, va intesa come distinzione: ci sono ambiti propri dello Stato e ambiti propri delle Chiese e delle religioni, ma nell’ambito pubblico non è possibile che le scelte di chi crede possano essere relegate nel ghetto della coscienza individuale. Da laico liberale non solo non condivido affatto questa impostazione di tipo illuministico che fa della religione un fatto privato, ma la ritengo non adatta ai tempi. Proprio laddove si va verso una società multietnica non possiamo pensare di governare il cambiamento facendo a meno del contributo delle Chiese».
Quali saranno i rapporti con la Lega, visto che Fini prende le distanze da certi estremismi dell’alleato del nord?
«Condivido che il Pdl non possa essere di destra e che An non debba diventarne una corrente. Se costruiamo un grande partito di tipo nazionale che ha l’ambizione di essere protagonista della scena politica nei prossimi anni, è ovvio che ci poniamo in una situazione concorrenziale rispetto alla Lega. Una concorrenza di tipo strategico non solo tattico, che tuttavia non deve indurci a differenziarci a ogni costo».
Fonte: Il Mattino - m.p.m. | vai alla pagina » Segnala errori / abusi