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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

Bravo Fini, ma che si fa degli embrioni?

  • (03 aprile 2009) - fonte: Il Riformista - Antonio Polito - inserita il 03 aprile 2009 da 4110

    Gianfranco Fini non ha perso l`occasione. Nella sua scalata alla leadership dell`opposizione si è preso ieri in un colpo solo la rivincita su fecondazione artificiale e bio-testamento.
    Era cominciata proprio con la legge 40 la sua lunga marcia di allontanamento dalle posizioni della destra tradizionalista, sconcertando molti dei suoi stessi seguaci.
    «La sentenza della Consulta - rileva ora - rende giustizia alle donne italiane».

    Ma l`uscita del presidente della Camera non è solo retrospettiva: rilancia anche la sua battaglia laica di oggi, quella che l`ha portato a definire il biotestamento approvato al Senato come «una legge da Stato etico». Fini infatti aggiunge: «Mi sembra fin d`ora evidente che quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni».
    E qui non è più alla legge 40 che si riferisce, ma a quella in cottura alla Camera sul testamento biologico: se è «evidente fin d`ora» che la Consulta la boccerà, meglio cambiarla. E curioso notare la differenza di toni tra il capo vero dell`opposizione, Fini, e il capo virtuale, Franceschini.
    Mentre il primo può rivendicare una coerenza sulla fecondazione, il secondo invece votò quella legge, partecipando alla fronda cattolica nel centrosinistra. Ma mentre il mondo politico italiano si contende la Consulta, il dilemma centrale che la sentenza apre - per i medici, per le coppie, per la legge - e al quale solo il legislatore può dare risposta, resta senza risposte. Ci dispiace rompere le uova nel paniere, ma il problema è che si fa degli embrioni in più che la Corte consente ora di creare nel processo di fecondazione artificiale.

    Ricapitoliamo: la Consulta dice che si possono creare più di tre embrioni, presumibilmente per non creare disparità di trattamento tra le donne che ricorrono alla fecondazione in vitro, costringendone alcune a ripetuti trattamenti di stimolazione ormonale. Lo si deduce anche dalla norma che la Consulta ha aggiunto, lì dove ha stabilito che il reimpianto deve avvenire senza pregiudizi per la salute della donna.
    Bene: la norma era illogica e punitiva. Per tre ragioni: la prima è che quando il medico feconda degli ovociti non sa se e quanti di essi si feconderanno. La seconda è che se il primo tentativo fallisce, dovrà ricorrere a nuove stimolazioni che sarebbero invece evitabili. La terza è che la prescrizione di impiantare tutti gli ovociti fecondati accresce il rischio di gravidanze multiple, già alto in Italia. Ma se si producono più di tre embrioni, se ne deduce che il surplus - se ci passate l`orrendo termine - va o distrutto o crioconservato per un eventuale e successivo tentativo. Dalla ratio della sentenza si capisce che la Consulta propenda per la seconda soluzione: la crio-conservazione. Ma questa è vietata espressamente in altra parte della legge 40, parte sulla quale la Consulta non si è espressa perché non rilevante, cioè perché non attinente al processo nel corso del quale è stata sollevata l`eccezione di incostituzionalità.
    Dunque abbiamo un classico «taglia e cuci» : la Consulta annulla degli articoli ma non ricostruisce una coerenza interna alla legge modificandone altri. A dimostrazione del fatto che non si può chiedere alla Corte costituzionale, e se è per questo neanche ai referendum, di sistemare leggi che solo il Parlamento può fare in modo organico e ragionevole. Da questo punto di vista, il difetto di coerenza è stavolta nel fronte cattolico.
    La Chiesa, infatti, è contraria alla fecondazione artificiale in sé, e ha accettato la legge - influenzandone i contenuti - soltanto con la logica della limitazione del danno. Ma se si crede - come ha scritto ieri Giuliano Ferrara - che ogni figlio in provetta è «un atto tecnico di fabbricazione amorale della vita umana», è difficile poi discutere con lui e con chi la pensa come lui del «quantum di vita» amorale (sempre Ferrara), che va reimpiantato nella donna.

    Molto più accorto è stato il commento dell`Osservatore Romano che, confermando una linea di prudenza fin qui dimostrata dalle gerarchie, si limita a osservare che “da selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti”, e dunque qualsiasi «sperimentazione sull`embrione», restano vietati.
    D`altra parte il fronte laico, e innanzitutto chi come Fini oggi lo guida, non può limitarsi a festeggiare la Consulta, ma ha il dovere di dire come adeguare la legge a quella sentenza senza toccare i punti che sembrano acquisiti in entrambi i campi, estremisti a parte. Soprattutto come farlo lasciando al medico, nel suo rapporto con la paziente, la decisione su singole scelte tecniche, come il numero degli embrioni, che non si possono determinare per legge. Più di usare la sentenza sulla legge 40 per combattere una battaglia sul bio-testamento, riproponendo lo schema di uno scellerato bipolarismo etico, sarebbe dunque più utile porre rimedio al problema che la Consulta ha aperto.

    Fonte: Il Riformista - Antonio Polito | vai alla pagina

    Argomenti: Donne, etica, corte costituzionale, legge 40, fecondazione assistita, testamento biologico, Fini Gianfranco, embrione, Chiesa Cattolica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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