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Libia. Non ci saranno rimborsi alle imprese danneggiate. “Una resa al predone del deserto” - INTERVISTA
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(27 gennaio 2009) - fonte: L'Opinione - Barbara Alessandrini - inserita il 27 gennaio 2009 da 31
Sono praticamente vicine allo zero per gli imprenditori italiani creditori della Libia le possibilità di spuntarla in Senato. E ottenere i dovuti risarcimenti di cui nel Trattato di Amicizia, Parternariato e Cooperazione Italia-Libia, siglato dal premier Silvio Berlusconi a Bengasi con il Colonnello Gheddafi e già approvato alla Camera, non si fa alcuna menzione. Ne è certo il deputato del Pdl ed ex ministro degli Esteri e della Difesa Antonio Martino convinto, invece, del rischio reale che questo accordo, definita “una resa ad uno squallido dittatore” pagata con soldi sottratti agli investimenti interni e ai contribuenti, possa avere conseguenze concrete sulla collocazione dell’Italia nell’Alleanza Atlantica.
In Aula alla Camera lei è stato uno dei pugnaci contestatori del Trattato Italia Libia che oggi passa a Palazzo Madama. Come stiamo chiudendo il contenzioso storico e politico che dura da decenni con la Libia?
“Voglio premettere che questo trattato non è stato partorito da questo governo, non so chi lo abbia redatto fisicamente ma l’idea è di Massimo D’Alema. Da anni Gheddafi premeva per gli indennizzi ai danni coloniali. Con l’obiettivo concreto di iniziare la costruzione dell’autostrada alla cui realizzazione parteciperanno le imprese italiane. Il governo Berlusconi del 2006 aveva risposto picche ma ora, a prescindere da chi lo abbia redatto nella sua stesura definitiva, l’attuale esecutivo ha purtroppo fatto proprio un Trattato che regala una cifra spropositata ad un predone del deserto che ha cacciato gli italiani che avevano investito nel suo paese, letteralmente saccheggiandone le proprietà ed è stato protagonista di scandalose vicende di terrorismo”.
200milioni di euro l’anno per 20 anni per quello che si preannuncia un patto scritto sulla sabbia...
“Elargire 4 miliardi di risarcimento alla Libia è inconcepibile per la dignità di un grande paese. Il destinatario è un individuo inqualificabile che, secondo talune fonti, ha strani collegamenti con la Russia”.
Il denaro tornerebbe al nostro paese attraverso i lavori delle imprese italiane che lavoreranno in Libia?
“Il problema, come ho già avuto modo di dire in aula, non è dove andranno i soldi ma da dove vengono. Si tratta di denaro sottratto alle tasche degli italiani, in uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni per la nostra economia e sottratti agli investimenti interni”.
Nel trattato non si fa cenno al risarcimento cui gli imprenditori italiani creditori della Libia avrebbero diritto. Oggi in Senato le attese dell’AIRL si concentrano su un ordine del giorno che impegni il governo ad approvare i due ddl da mesi all’esame della VI Commissione in cui si chiede allo Stato la garanzia sovrana sul defalcamento dalle quote annue a favore della Libia dei crediti accertati delle aziende creditrici per cinque anni. Tra l’altro la cifra richiesta è notevolmente inferiore all’ammontare del credito reale maturato.
“Guardi, gli ordini del giorno spesso sono soltanto carta straccia per la cui discussione e votazione si finisce sempre per perdere tempo e che vengono regolarmente disattesi. La mia previsione è che, purtroppo, non accadrà nulla”.
Il governo non ha badato a spese ma la contropartita prevede anche forniture di gas e petrolio e la garanzia di porre fine all’immigrazione clandestina verso l’Italia.
“La sostanza non cambia, il Trattato italo-libico è una resa dell’Italia ad uno squallido dittatore. L’aspetto più grave è che, accettando il vincolo di non concedere l’uso delle basi militari presenti sul nostro territorio, rischia di essere incompatibile con la nostra adesione al Patto Atlantico, il cui articolo 5 impegna i paesi aderenti alla Nato a difendere, anche attraverso l’uso delle proprie basi militari, gli altri paesi membri, dall’eventuale attacco di una altro paese. Quanto alla lotta all’immigrazione clandestina nutro seri dubbi sull’efficacia della collaborazione italo-libica e sulle garanzie date dal Colonnello Gheddafi”.
Nella contratta discussione alla Camera in molti interventi si è evidenziato il fatto che i pattugliamenti da parte delle nostre forze armate e, ciò che allarma di più, dall’esercito libico, avverranno molto lontano dalle nostre coste, al di fuori di qualsiasi monitoraggio e controllo internazionale satellitare...
“Il controllo internazionale è sicuramente importante ma ritengo sia accessorio e secondario rispetto all’intero impianto del trattato, che ripeto, rischia di porci fuori dal rispetto dei vincoli Nato”.
Prevede ripercussioni o sanzioni in sede Nato per una tale violazione degli impegni sottoscritti dal nostro paese con l’adesione al Patto Atlantico? Non c’è il rischio che si sbilanci il quadro internazionale delle alleanze militari e politiche del nostro paese?
“Sinceramente non so bene cosa succederà. Ma è certo che l’Italia non può firmare un accordo che la colloca in una posizione di contrasto con gli impegni assunti dal nostro paese in ambito Nato”.
Fonte: L'Opinione - Barbara Alessandrini | vai alla pagina » Segnala errori / abusi