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Dichiarazione di Elio VITO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  Rapporti con il Parlamento (Partito: PdL) 


 

Fiducia in Parlamento. «Nessuno strappo, erano misure troppo importanti» - INTERVISTA

  • (14 gennaio 2009) - fonte: Il Mattino - Antonio Troise - inserita il 14 gennaio 2009 da 31

    «Davvero non capisco dov’è la sorpresa. Mi sembra normale che su un provvedimento così importante, come il decreto anti-crisi, il governo ricorra alla fiducia». Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, non vuole gettare altra benzina sulle polemiche. Risponde a tono alle accuse arrivate dalla poltrona più alta di Montecitorio, quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ma non ne fa un dramma: «Mi sembra fisiologico e legittimo, che non ci sia il plauso del presidente della Camera. Ma è nata una polemica e una lettura pretestuosa di quello che è successo».
    Scusi, ministro, ma è proprio convinto che la fiducia fosse necessaria?
    «Lo ha detto anche Berlusconi: era indispensabile. Del resto siamo nel contesto, per così dire, più classico, nel quale il governo chiede la fiducia».
    Quale?
    «Siamo in presenza di un provvedimento particolarmente importante, direi fondamentale per la strategia dell’esecutivo. Non dimentichiamo che si vota un decreto che dà risposte essenziali alle famiglie e alle imprese in un momento particolarmente difficile dell’economia».
    Insomma, non ha nulla da rimproverarsi?
    «Lo ripeto: siamo di fronte ad un provvedimento davvero molto importante per il governo, tale da richiamare il rapporto fiduciario fra l’esecutivo e le Camere. Del resto, la fiducia rappresenta una prerogativa costituzionale, riconosciuta dai regolamenti delle Camere. Mentre l’importanza del provvedimento è sotto gli occhi di tutto il Paese. Mi dispiace che sia sorta questa polemica».
    Però, forse, ad alimentare la polemica e a generare una certa sorpresa è stato anche il fatto che questa volta l’opposizione aveva limitato al massimo i propri emendamenti...
    «Vero. Ma è un ragionamento sbagliato. La fiducia in passato è stata utilizzata per contrastare l’ostruzionismo. Però non può ridursi a questo. Nei regolamenti della Camera ci sono altri strumenti per contrastare comportamenti che puntano solo a dilatare i tempi del dibattito. Inoltre, il fatto che ci fosse un numero limitato degli emendamenti dell’opposizione, mostra anche l’altra faccia della medaglia».
    Cioè?
    «Che il testo uscito dalle Commissioni e sul quale, tengo a sottolineare, abbiamo posto la fiducia, non ha determinato un’opposizione massiccia. Del resto sul decreto si è discusso per più di un mese, sono stati votati tutti gli emendamenti e apportate rilevanti modifiche».
    Quindi, lei continua a sostenere che il Parlamento non è stato affatto scavalcato?
    «Certo. Il governo, come del resto è successo tante volte in passato, avrebbe potuto porre la fiducia su un proprio testo, il classico maxi-emendamento, che introduceva anche materie del tutto nuove ed estranee rispetto a quelle esaminate dai deputati. Allora sì che la fiducia serviva per andare contro la volontà del Parlamento, dal momento che si vanificava il lavoro fatto in Commissione. Ma qui siamo in una situazione completamente diversa. Abbiamo rispettato il lavoro della Commissione nonostante il fatto che io abbia ricevuto, personalmente, legittime richieste di correzione anche da autorevoli esponenti della maggioranza».
    Il presidente della Camera, però, sostiene che il problema è proprio questo: il governo ha ricorso alla fiducia proprio per evitare spaccature interne?
    «Non è affatto vero. La maggioranza è compatta. E lo dimostra proprio il voto della Commissione è stato compatto. È lì che è stato raggiunto il compromesso. Senza contare il fatto che abbiamo l’esigenza di dare ai cittadini e alle imprese certezze sulle norme. Con la fiducia abbiamo risposto anche a questa esigenza. Il problema vero da affrontare è quello della riforma dei regolamenti parlamentari. Basta ricordare due dati. Nelle ultime tre legislature il tempo medio per approvare un disegno di legge ordinario è stato di 364 giorni. Una situazione incompatibile con un Paese che vuole competere sui mercati globali. Sempre nelle ultime tre legislature solo un disegno di legge su due è stato approvato dal Parlamento. Non perché la metà è stata bocciata, ma perché non è ancora stata esaminata».

    Fonte: Il Mattino - Antonio Troise | vai alla pagina
    Argomenti: parlamento, maggioranza, fiducia governo berlusconi IV, presidente della Camera, decreto salvacrisi, emendamento, ministro Rapporti con il Parlamento, DDL, pacchetto anticrisi | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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