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Dichiarazione di Giovanni BERLINGUER

Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU  (Gruppo: Gruppo socialista al Parlamento europeo) 


 

«È ora di cambiare gli abusi vanno condannati» - INTERVISTA

  • (23 ottobre 2008) - fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio - inserita il 23 ottobre 2008 da 31

    «Sono molto preoccupato perché sono convinto che gli episodi in corso non sono omologabili ad altri momenti di ritualità protestataria. Oggi c’è nella scuola una forte tensione». È una analisi severa quella di Luigi Berlinguer, già ministro della Pubblica Istruzione con il primo governo Prodi e fino al 2000. Una analisi che lo porta a concludere che la scuola italiana, così com’è, «è indifendibile».
    Perché questa forte preoccupazione?
    «Ho l’impressione che una grossa parte di insegnanti abbia vissuto le misure del governo, a torto o a ragione, come un’offesa. ”Io taglio perché la scuola è uno spreco”, questo è il messaggio recepito. Con questa realtà penso che si debbano fare i conti. Diverso per l’università, dove i fondi destinati alla ricerca sono ridicoli. Si dimentica che senza un grande investimento non c’è futuro. Constato che molte delle posizioni conquistate si stanno perdendo anche nel mondo universitario».
    La protesta giustifica l’intervento delle forze dell’ordine come annuncia Berlusconi?
    «In questo momento c’è bisogno di dialogo e di venire incontro a questi sentimenti diffusi di malcontento. Occorrono segnali forti di cambiamento profondo della scuola e di rilancio della ricerca e dell’Università. Ma io sento che in Italia a essere in crisi è la volontà di cambiare, il riformismo, schiacciati come sono fra opposti estremismi che eliminano ogni possibilità di costruire insieme un’altra scuola e un’altra università».
    Ma si può trattare la protesta nelle scuole e nelle università, luoghi di dibattito e formazione, come una questione di ordine pubblico?
    «Il diritto a manifestare è sacrosanto. Ma io stesso ho conosciuto gli abusi di questo diritto, abusi che non sono legittimi. Da tutte le parti occorre creare le condizioni di libertà perché si possano affermare le proprie idee. La stessa scuola può essere occasione per questo incontro, che deve avvenire nel rispetto delle diverse opinioni e delle diverse esigenze. Un risultato che si può ottenere solo con la ragionevolezza».
    C’è il rischio che le parole del premier alimentino lo scontro?
    «Trovo una risposta nelle affermazioni del presidente della Repubblica, che invita ancora una volta e con maggiore insistenza al dialogo. Come non concordare con lui? È urgentissimo che si inverta la tendenza. In Italia non è diffusa la consapevolezza che la scuola, così com’è, va totalmente cambiata».
    Sbaglia chi ancora la difende, tanto più con la protesta?
    «Io una scuola così, per quanto meno peggio di quanto venga descritta, non la difendo più. Se non la si cambia, la si condanna. Va trovato un terreno comune prima di tutto per cambiare. Io iniziai una valutazione del sistema scolastico: un intervento necessario ma non per dare il voto agli insegnanti, bensì per scoprire come crescono gli alunni, come si sostengono nei loro diversi ritmi di crescita, se imparano solo nozioni o imparano a capire. Una alleanza tra la destra e una parte del corpo docente fece saltare tutto».
    Dietro le riforme del centrodestra intravede un modello formativo o solo interventi dettati dalla necessità di far tornare i conti?
    «All’interno dello schieramento intravedo una parte che vuole solo tagliare per risparmiare e una parte in cui le istanze europee e dell’Ocse sono presenti. Si lavori per uscire da questa pura contrapposizione e per trovare una via al dialogo. E anche il centrosinistra si batta per cambiare».

    Fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio | vai alla pagina
    Argomenti: università, scuola pubblica, riforma gelmini | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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