Propaganda politica sui social, servono regole chiare e trasparenza Politiche 2018

Dagli obblighi di trasparenza delle spese al silenzio elettorale, la normativa italiana non è ancora pronta a rispondere alla crescente influenza dei social.

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La scorsa settimana abbiamo lanciato in Italia Pac, il political ad collector presentato da ProPublica (testata giornalistica indipendente e non profit basata negli USA) a settembre dello scorso anno. L’iniziativa vuole monitorare il fenomeno delle pubblicità politiche online, in particolare su Facebook. Un progetto che come openpolis abbiamo voluto replicare nel nostro paese, soprattutto alla luce della ricca campagna elettorale che ci sta accompagnando al voto del 4 marzo.

Con Pac abbiamo avviato il monitoraggio delle pubblicità politiche su Facebook

Come abbiamo avuto modo di sottolineare, il ruolo dei social network nelle dinamiche elettorali è in forte crescita. Da qui l’importanza dell’iniziativa, che vuole fare il suo per iniziare ad inserire l’argomento nel dibattito politico italiano. La materia sembra essere particolarmente rilevante anche per delle chiare lacune normative. Non a caso l’AgCom ha recentemente pubblicato le sue “Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale 2018“, emerse dai lavori del tavolo tecnico promosso per garantire pluralismo e correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali.

Il gap normativo che va riempito

Gli aspetti centrali che vanno risolti riguardano due leggi: la 515 del 1993 e la 212 del 1956. La prima regola lo svolgimento delle campagne elettorali per le elezioni sia della camera che del senato, disciplinando l’obbligo di pubblicità per spese e contributi relativi al periodo elettorale. In particolare la legge: impone al candidato di designare un mandatario elettorale (competente in via esclusiva alla raccolta dei fondi per il finanziamento della campagna elettorale), fornisce una tipologia delle spese elettorali ed introduce un limite massimo all’ammontare delle spese elettorali sostenibili dal candidato. In aggiunta impone delle chiare regole sul materiale che viene prodotto a fini propagandistici, richiedendo la chiara comunicazione del committente responsabile.

Art. 3 comma 2 – Tutte le pubblicazioni di propaganda elettorale a mezzo di scritti, stampa o fotostampa, radio, televisione, incisione magnetica ed ogni altro mezzo di divulgazione, debbono indicare il nome del committente responsabile

Sembra evidente che la sponsorizzazione di contenuti politici in periodo di campagna elettorale debba rientrare nell’ambito di applicazione della legge. Questo implica non solo che ogni pubblicità politica su Google, Facebook o altri social abbia al suo interno l’indicazione del mandatario, ma che queste spese rientrino fra quelle dichiarate in sede di rendicontazione dagli eletti presso il parlamento.

Il parlamento deve adattare le leggi sulla campagna elettorale al mondo dei social network

La seconda legge invece regola in maniera specifica la propaganda elettorale, più precisamente il cosiddetto silenzio elettorale. Nel giorno del voto, e in quello precedente, i candidati sono chiamati a non svolgere comizi o fare propaganda elettorale sia in luoghi pubblici, che attraverso mezzi di comunicazione (affissioni, giornali e manifesti).

Art. 9 – Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunione di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altre e manifesti di propaganda. Nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali.

Non sarebbe il caso di ampliare le regole del silenzio elettorale anche alle dichiarazioni dei politici sui social? Una domanda che può anche avere una risposta facile, ma che implica una serie di riflessioni che riguardano la natura stessa dello strumento. Del tipo: cosa succede se il post è stato fatto una settimana prima delle elezioni, ma la sponsorizzazione ne amplifica la diffusione fino al giorno stesso del voto? 

A questo proposito, proprio il tavolo tecnico dell’AgCom auspica che nei due giorni in questione venga evitata da parte dei soggetti politici, ogni forma di propaganda, anche sui social, per evitare di influenzare con pressioni indebite l’elettorato ancora indeciso.

Cosa chiediamo a Facebook, Google e altre piattaforme

A fine ottobre il vice presidente della divisione Advertisement di Facebook, Rob Goldman, ha comunicato la volontà da parte dell’azienda di introdurre più informazioni sui post sponsorizzati su Facebook, specialmente quelli politici. L’iniziativa verrà testata in Canada, e poi lanciata negli Stati Uniti entro l’estate per le elezioni di metà mandato a novembre 2018. Un’ottima iniziativa che speriamo sia di esempio per le altre piattaforme che partiti e candidati stanno utilizzando per veicolare i loro messaggi propagandistici. 

A questo proposito, in attesa che il legislatore intervenga, sarebbe auspicabile che il quadro delineato da Facebook fosse applicato anche dalle altre piattaforme interessate. In particolare con la pubblicazioni di:

  • Un archivio navigabile contente le pubblicità politiche;
  • Informazioni sull’esborso economico dei pagamenti;
  • Informazioni sul numero di visualizzazioni ottenute;
  • Informazioni sul target demografico selezionato dai mandatari della sponsorizzazione.

Visto che per legge i fornitori di servizi utilizzabili a fini propagandistici hanno l’obbligo di assicurarsi che i singoli ordini siano effettivamente fatti dai singoli candidati o dai loro mandatari (art. 3 comma 3 della legge 515 del 1993), queste richieste diventano cruciali. È quindi necessario un sistema più ferreo di autenticazione per coloro che vogliono utilizzare Google, Facebook ed altre piattaforme digitali per sponsorizzare contenuti politici.

Cosa chiediamo a candidati e partiti

Per quanto lasciare nelle mani dell’autoregolamentazione non sia il percorso prediletto, l’incapacità del legislatore di intervenire in materia, non lascia alternative. A partiti e candidati chiediamo quindi un atto di trasparenza, con la pubblicazione delle seguenti informazioni:

  • Elenco delle pagine social riconducibili e gestite dal partito e/o candidato;
  • Elenco dei post sponsorizzati su internet;
  • Budget totale allocato alla sponsorizzazione dei contenuti su internet.

Nei prossimi giorni porteremo avanti una campagna pubblica per richiedere ai seguenti partiti, e ai loro relativi capi politici, la condivisione di quanto richiesto: CasaPound (Simone Di Stefano), Civica popolare (Beatrice Lorenzin), Forza Italia (Silvio Berlusconi), Fratelli d’Italia (Giorgia Meloni), Insieme (Giulio Santagata), Lega nord (Matteo Salvini), Liberi e uguali (Pietro Grasso), Movimento 5 stelle (Luigi Di Maio), Noi con l’Italia (Raffaele Fitto), Partito democratico (Matteo Renzi), +Europa (Emma Bonino) e Potere al popolo! (Viola Carofalo).

A candidati e partiti chiediamo informazioni e dati sulla loro attività di sponsorizzazione dei contenuti su internet

A tutti gli altri candidati (nonché partiti) che volessero partecipare a quest’azione di apertura, ci offriamo come cassa di risonanza. Basta inviarci una mail con quanto richiesto, e ne daremo comunicazione nel corso della nostra rendicontazione dei politici e dei partiti che hanno deciso di portare avanti una campagna elettorale sui social trasparente.

 

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