Opportunità e limiti del Foia. Intervista a Giulia Crescini Diritto di accesso

Il diritto di accesso civico generalizzato a dati e documenti della pubblica amministrazione è stato un enorme passo avanti. Nell’utilizzo quotidiano dello strumento, tuttavia, non mancano limiti all’utilizzo e interpretazioni restrittive.

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Appuntamento mensile con l’Osservatorio Foia di openpolis. Dall’evoluzione normativa della materia, alla sua applicazione nella giurisprudenza. Ma anche i dati del fenomeno, tra richieste e risposte, e il racconto di best practice: come sono stati utilizzati i dati per investigazioni di interesse pubblico. In collaborazione con Giulio Marotta.

Torniamo a parlare di Foia, l’istituto che in Italia dal 2016 ha introdotto il diritto di accesso generalizzato agli atti della pubblica amministrazione nel nostro ordinamento. In questi mesi abbiamo approfondito soprattutto gli aspetti “quantitativi” della questione: dal numero di richieste di accesso presentate, accolte e respinte dalle amministrazioni, ai tempi di risposta fino all’analisi della giurisprudenza.

Oggi ce ne occupiamo dal punto di vista dei cittadini e delle associazioni che presentano un Foia. L’istituto ha aperto sicuramente una serie di opportunità nell’accesso agli atti, ma è interessante anche capire quali siano gli ostacoli e le difficoltà nell’utilizzo di questo strumento.

Abbiamo fatto alcune domande a Giulia Crescini, avvocato e consulente giuridica. Si occupa di diritto sui temi dell’immigrazione e della protezione internazionale e collabora con Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici, proprio su questi temi. In questa veste si è occupata di diverse richieste Foia, e quindi le abbiamo chiesto come funziona – nella sua esperienza concreta – il diritto di accesso in Italia.

Quante e quali sono le richieste che hai seguito in questi anni?

Abbiamo presentato sia come associazione sia come singoli avvocati alcune decine di richieste di accesso civico, soprattutto quando i dati che richiedevamo avevano una incidenza rispetto alle materie di cui ci occupiamo, diritto dell’immigrazione e asilo e protezione internazionale. I ministeri cui abbiamo fatto le nostre richieste sono stati quello degli affari esteri, quello dell’interno e quello delle infrastrutture e dei trasporti. Le richieste di accesso civico hanno riguardato vari aspetti, come l’utilizzo dei fondi pubblici per le operazioni di controllo del transito dei migranti dalla Libia all’Italia. Ci siamo concentrati sulle richieste di accesso per le operazioni di soccorso in mare e quindi su quale fosse il coinvolgimento dell’Italia in queste operazioni di soccorso. Ci siamo poi interessati di accordi bilaterali, ovvero il diritto di conoscere gli accordi che l’Italia firma con stati terzi. E poi – come singoli avvocati – dei dati che riguardano il sistema di accoglienza dei cittadini stranieri, e in particolare dei richiedenti asilo, in collaborazione con openpolis e ActionAid.

Tante richieste diverse rivolte a una pluralità di soggetti, quindi avete maturato un’esperienza molto estesa rispetto al Foia. Che idea vi siete fatti dell’utilizzo dello strumento, in quali casi funziona, quali sono invece gli aspetti critici o da migliorare?

Quando abbiamo iniziato a utilizzare il Foia (indicativamente a fine 2017) abbiamo trovato una disponibilità maggiore da parte della pubblica amministrazione, che è si è limitata nel tempo per una serie di ragioni.

Da un lato, ci è sembrato che in alcuni casi la pubblica amministrazione abbia paura di questo strumento, opponendo dei rifiuti poi rivelatisi immotivati. In alcuni casi, a fronte di una prima richiesta cui ci era stato opposto un rigetto, poi siamo riusciti ad ottenere quei documenti in via giudiziaria e si sono rivelati documenti del tutto neutri. Quindi c’è sicuramente una ritrosia da parte della pubblica amministrazione ad incentivare questo strumento.

Dall’altro lato, le richieste di accesso civico sono tanto più efficaci quanto più il cittadino è a conoscenza di cosa può richiedere, in modo puntuale. Non possiamo chiedere alla Pa di inviarci una quantità elevata di documenti o che sia l’amministrazione a fare le ricerche al posto del cittadino. La richiesta Foia è più verosimile che venga accettata se la domanda è specifica, se il cittadino sa esattamente quello che richiede.

L’ultima questione riguarda la specificità dello strumento. Quando chiediamo accesso a delle informazioni, la richiesta è molto semplice da inviare ma è sottoposta a dei limiti. Rispetto al passato, il cittadino ha un diritto sicuramente potenziato di avere accesso ai documenti, ai dati, alle informazioni anche che non lo riguardano direttamente. Ad esempio, parlando delle operazioni di soccorso, io posso chiedere chi era coinvolto anche se non ero personalmente a bordo di una barca. E questo è un passo enorme. Tuttavia ci sono limiti. Limiti assoluti, come il segreto di stato. Oppure relativi, quando la Pa non ammette accesso a quel dato perché la conoscenza potrebbe mettere in pericolo un interesse fondamentale dello stato (difesa, ordine pubblico, sicurezza.)

Nella vostra esperienza quante volte è stato sollevato questo tipo di eccezione?

Nei casi che seguiamo, i limiti relativi sono stati sollevati con sempre più frequenza. In particolare quelli collegati alla difesa, oppure alle relazioni internazionali con altri stati. La legge richiede che in questi casi il ministero motivi puntualmente le ragioni per cui il cittadino non deve avere conoscenza di quei dati e perché in un bilanciamento degli interessi debba prevalere quello delle relazioni internazionali. Il pregiudizio deve essere concreto e direttamente collegabile all’ostensione di quei dati.

Questi limiti spesso sono utilizzati in modo troppo blando, e vanno a togliere di contenuto e di significato tutto l’istituto dell’accesso civico. Ad esempio, in un caso avevo richiesto l’accesso ai provvedimenti con cui l’Italia spendeva delle risorse provenienti dall’Ue da impiegare in Libia. Mi è stato detto che non potevano fornirci questi provvedimenti (in cui venivano quantificati i costi per motovedette, radar, etc.) perché questo avrebbe posto in pericolo le relazioni internazionali con la Libia.

Solo che poi queste informazioni sono state progressivamente pubblicate, nel corso dei mesi successivi, sul sito della polizia di stato, perché si è aperta una procedura di aggiudicazione con bandi di gara. Quindi in quel caso dov’era il pericolo?

Un’esperienza che testimonia una ritrosia nel rilascio di documenti tramite Foia, quando poi una successiva pubblicazione smentisce di fatto le ragioni dell’eccezione sollevata.

Esatto, a questo si unisce probabilmente il fatto che in passato quando abbiamo avuto conoscenza del modo in cui il ministero dell’interno utilizzava i soldi del fondo Africa in Libia, in particolare per le motovedette, abbiamo presentato un ricorso di fronte al giudice amministrativo per contestare la legittimità nell’utilizzo di questi fondi. Ci è venuto anche il sospetto che forse questo rigetto fosse motivato dalla necessità o volontà di non darci uno strumento fondamentale per contestare la legittimità. Perché il Foia rende possibile un controllo tempestivo che è molto più difficile in caso di pubblicazione successiva sui siti istituzionali.

Prima sollevavi un aspetto emerso anche nelle analisi di questi mesi dell’osservatorio: quanto più una richiesta è specifica quanto più è probabile venga accolta. Questo ci ricollega alle possibili difficoltà, dal punto di vista di un cittadino, nel presentare una richiesta Foia. Secondo voi che queste domande le presentate abitualmente, quali sono gli ostacoli più frequenti per un cittadino?

Premetto che il procedimento è piuttosto semplice, o almeno formalmente semplice. Nel senso che basta inviare una richiesta all’amministrazione competente e spesso questa ha sul suo sito un modulo ad hoc. La prima questione è capire a quale pubblica amministrazione indirizzare la richiesta, e potrebbe non essere molto semplice. Tuttavia la legge ci dice anche che una amministrazione non può rigettare una richiesta perché il cittadino ha sbagliato referente; è in carico all’amministrazione destinataria reindirizzarla a quella competente.

Un altro aspetto che pone criticità è circostanziare la richiesta. Molto spesso infatti non si sa di cosa sia effettivamente in possesso la Pa, perciò diventa particolarmente difficile andare a richiedere un documento specifico.

Poi c’è una questione di procedimento amministrativo. È vero che lo strumento è accessibile a tutti i cittadini, ma allo stesso va tenuto presente che è un procedimento scandito da termini perentori. Se oggi faccio la richiesta la Pa ha 30 giorni per rispondere. Se non risponde o risponde negativamente, ho altri 30 giorni per fare una richiesta di riesame. E anche questa scadenza è perentoria: se non mi attivo entro i termini, decade anche il diritto a una risposta e dovrò ricominciare da capo il procedimento.

Quindi un possibile ostacolo non è tanto nella presentazione ma nella capacità di seguire tutto l’iter successivo. Nell’analisi di vari registri di accesso in effetti emerge come le richieste andate a buon fine – oltre ad aver dietro ovviamente una preparazione specifica su quanto si richiede – siano state in molti casi presentate da soggetti strutturati per seguire il processo amministrativo. Per cui nella pratica è molto più facile che riescano ad utilizzarlo organizzazioni piuttosto che il singolo cittadino.

Sì, e a questo aspetto si legano altre due questioni. La prima riguarda il linguaggio utilizzato dalla Pa quando risponde a una richiesta. A mio parere serve una preparazione tecnica per leggere queste risposte, soprattutto quelle di rigetto. Come abbiamo visto, la risposta non dovrebbe mai essere “secca”, sono pochissimi i casi in cui una Pa può limitarsi a dire solo no. Nella maggioranza dei casi motiverà spiegando perché il diritto del cittadino è recessivo rispetto ad altri interessi, quindi ovviamente la risposta va letta anche avendo una conoscenza approfondita rispetto alla giurisprudenza delle ultime sentenze, perché i giudici si stanno pronunciando moltissimo sulla legittimità e sulla completezza delle risposte che la Pa fornisce alle richieste di accesso

Una seconda questione è legata a una interpretazione, a nostro avviso molto errata, dell’interesse del cittadino che fa la richiesta di accesso civico. La legge è molto chiara nel dire che il cittadino ha un interesse all’accesso civico per il solo fatto di richiedere quei documenti; e questa è la grande differenza con l’accesso agli atti. Invece alcuni giudici hanno richiesto un interesse superiore, un interesse pubblico ulteriore rispetto a quello riconducibile al singolo cittadino. In questo modo, l’accesso civico sembrerebbe qualcosa che può essere richiesto solo da enti o associazioni.

Con questa interpretazione restrittiva della legge, di fatto lo strumento viene quindi depotenziato.

Assolutamente, verrebbe limitato irragionevolmente. Di recente, fortunatamente, si è pronunciato anche il consiglio di stato in modo molto preciso. Ora però è necessario anche incentivare la presentazione di richieste anche da parte di singoli cittadini, in modo da non avallare nessuna interpretazione restrittiva.

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