L’Europa verso la nazionalizzazione delle imprese Europa

Con l’emergenza sanitaria sono aumentati i casi di nazionalizzazione delle imprese nei paesi Ue. Un processo già avviato dalla crisi economica del 2008 e che sta ridando un ruolo centrale al capitale pubblico e alla proprietà statale.

|

Il termine nazionalizzazione, nel corso degli anni, ha assunto differenti connotazioni in base all’orientamento politico di chi ne parlava.

Il modello di privatizzazione del primo ministro inglese, Margaret Thatcher, ha ispirato altri paesi europei negli anni ’80.

Da una parte, i partiti di centro destra e destra la considerano un’opzione da evitare, promuovendo invece modelli di privatizzazione. Dall’altra, i partiti di centro sinistra e sinistra sostengono che lo stato debba provvedere ai servizi essenziali come l’elettricità, i trasporti, l’acqua, e partecipare a settori strategici come le banche o le compagnie aeree.

In generale, per nazionalizzazione si intende l’acquisizione da parte dello stato della proprietà parziale o completa di un’impresa, che diventa quindi in parte o interamente pubblica.

Dal 1980 ai primi anni del 2000 la privatizzazione ha caratterizzato l’economia europea, mentre la proprietà statale veniva considerata un ostacolo alla completa efficienza dei mercati. Una visione che sta progressivamente cambiando, con un rinnovato interesse verso le aziende pubbliche. Un esempio recente è il salvataggio (2020) della compagnia aerea tedesca Lufthansa, messo in atto dal governo Merkel attraverso l’acquisizione del 20% delle sue azioni.

 

La pandemia ha dato una spinta alla nazionalizzazione

Nell’ottica di limitare i danni economici della pandemia, nell’aprile 2020 la commissione europea ha cambiato il quadro temporaneo degli aiuti di stato per facilitare l’intervento statale.

L’obiettivo europeo è di contribuire alla continuità economica anche durante un periodo di crisi.

Questa misura è stata assunta un mese dopo che la stessa Unione europea aveva abbassato le condizioni degli stati membri per investire denaro pubblico nelle aziende nell’ottica di affrontare la crisi.

Questi cambiamenti assunti durante la crisi sanitaria hanno creato un precedente che si scontra con l’ordinaria disciplina finanziaria di Bruxelles che sostiene la difesa del libero mercato e dall’intervento economico statale. Queste iniziative europee hanno portato alcuni stati membri a nazionalizzare specifiche aziende, seppure con delle differenze. Per avere un quadro delle diverse situazioni nazionali, è utile osservare per ciascun paese, quante persone lavorano in anziende pubbliche sul totale degli occupati.

I dati rappresentano il numero di persone che lavorano all’interno di aziende pubbliche, anche quelle partecipate, sul totale degli occupati per ciascun paese europeo. I dati del Belgio e del Portogallo sono gli unici del 2012.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse e Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 31 Dicembre 2015)

Nel 2015 il 9% degli occupati sloveni lavorava nelle imprese statali, cioè la percentuale più alta tra gli stati membri. Seguono Finlandia (7,2%), Francia (6,9%) ed Estonia (5,8%). In Italia,  la quota scende al 2,3%. Chiudono, invece, la classifica europea ci sono Danimarca (1,2%), Spagna (0,8%) e Regno Unito (0,5%).

Il peso della nazionalizzazione sull'economia

Se in seguito alla crisi del 2008 sono stata le banche a essere più soggette a processi di nazionalizzazione, negli ultimi anni questo ruolo sembra essere stato assunto dalle compagnie aeree.

Nel 2020, in seguito al via libera della commissione europea agli aiuti pubblici alle aziende, il governo tedesco ha elargito 6 miliardi di euro a Lufthansa per aumentarne il capitale. In cambio di partecipazioni e quote aziendali, che permettono allo stato di esercitare un controllo sulla compagnia aerea ed evitarne il fallimento.

Lo stesso scenario si ripete anche in altri paesi per le rispettive cmpagnie aeree: in Finlandia con la Finnair; in Lettonia per la compagnia aerea Airbaltic e in Danimarca e Svezia per Sas.  L'Italia, invece, seppur fosse vicina a ricapitalizzare Alitalia, alla fine ha preferito creare una nuova compagnia aerea sostitutiva, Ita (Italia trasporto aereo).

Tuttavia, la volontà di rendere statali le compagnie non è uniforme in tutta Europa. Ne è un esempio la Francia, che non ha nazionalizzato alcuna azienda del settore dei trasporti. Ha piuttosto puntato a finanziarle senza acquisirne quote e quindi senza esercitare alcun controllo su di esse. Tra le aziende in questione la Renault e Airfrance, finanziate rispettivamente con 5 e 7 miliardi.

Tuttavia, se da una parte queste strategie possono consolidare il potere del ruolo della società pubblica tra le economie europee. Dall'altro, però, possono anche spezzare in due l'attuale mercato unico europeo. Infatti, la proprietà statale è lontana dall'essere simmetrica tra gli stati membri e questo lo si nota anche con gli ultimi dati disponibili in merito al valore di mercato che queste anno.

I dati rappresentano il valore di mercato delle aziende pubbliche, anche quelle partecipate, rispetto al pil nazionale per ciascun paese europeo. I valori del Belgio, della Grecia e del Portogallo sono gli unici del 2012.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse e Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 31 Dicembre 2015)

Tra le imprese pubbliche dei paesi dell'Ue, quelle finlandesi sono quelle che valgono di più rispetto al pil nazionale (40%). Seguono Slovenia (37,85%), Lettonia (30,77%) e Belgio (25,22%). Tra le ultime posizioni, invece, sono presenti Regno Unito (3,91%), Portogallo (3,55%) e Irlanda (3,51%).

22% delle aziende italiane in ambito energetico sono pubbliche, interamente o partecipate.

Le differenze che sussistono tra i paesi Ue sono ancora più evidenti se si analizza solo il settore pubblico dell'energia. Come è emerso da un report dell'Ocse, la Spagna e il Portogallo sono i paesi europei con la percentuale di aziende statali in ambito energetico più basse, al di sotto del 5%. Queste quote si trovano bene al di sotto della media dei paesi Ocse pari a circa il 40%. Un livello a cui si avvicina ad esempio la Germania (30%) e che viene ampiamente superato dalla Francia (70%).

European data journalism network, i dati nel resto dell'Europa

Openpolis fa parte dell'European data journalism network, una rete di realtà che si occupano di data journalism in tutta Europa. La versione originale di questo articolo è di El Orden Mundial, un giornale spagnolo focalizzato sulle relazioni internazionali, ed è partner di Edjnet. I dati relativi al mercato del lavoro in termini di occupazione e sul pil di ciascun paese membro sono reperibili dai database di Eurostat. Mentre, i dati riguardanti sia il numero di lavoratori che il valore di mercato delle imprese pubbliche per stato dell'Ue fanno parte di una ricerca condotta nel 2015 dall'Ocse e sono reperibili qui.

Photo credit: Floriane Vita - Unsplash

PROSSIMO POST