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Giuseppe CIVATI in data 28 agosto 2012
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» «Nelle difficoltà i giovani sono completamente tagliati fuori» - INTERVISTA
Andrea Riccardi in data 27 agosto 2012
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» «In alcuni Paesi europei fascismo e antieuropeismo si identificano»
Andrea Riccardi in data 27 agosto 2012
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Andrea Riccardi in data 27 agosto 2012
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Davide CAVALLOTTO in data 27 agosto 2012
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Paolo CIRINO POMICINO in data 27 agosto 2012
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Nichi VENDOLA in data 25 agosto 2012
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Antonio MARTINO in data 07 agosto 2012
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Enrico LETTA in data 07 agosto 2012
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Dichiarazione di Andrea Riccardi
«Nelle difficoltà i giovani sono completamente tagliati fuori» - INTERVISTA
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(27 agosto 2012) - fonte: Il Messaggero | Marco Conti - inserita il 28 agosto 2012 da 22161
Ministro Andrea Riccardi, ancora qualche settimana e il governo di cui fa parte compie un anno avviandosi verso la conclusione. Un bilancio?«Mi sembra che ci siamo liberati della politica emozionale per parlare di problemi concreti. Posso però dire che la dura crisi economica e i provvedimenti pesanti che siamo stati costretti ad assumere hanno dimostrato che il tessuto italiano regge. Questo mi sembra un fatto molto importante. Ci sono categorie in affanno e regioni in difficoltà come la Sicilia e la Calabria, ma il nostro Paese regge soprattutto perché non è morta quella speranza diffusa nella vita sociale. Gli italiani non hanno rinunciato alla speranza e questo è molto importante».
Ha in mente qualcosa per aiutare questa speranza a non tramutarsi in delusione?
«Siamo nel guado, ma ricordo che la crisi non è solo italiana, greca o spagnola. La crisi è anche dei giganti di questo mondo, ma noi abbiamo fatto un’operazione che ritengo sia un’eredità importante del governo Monti, ovvero la ricollocazione dell’Italia nel contesto internazionale non solo come un Paese virtuoso ma anche leader in Europa».
Tutto merito di Mario Monti?
«Monti a Bruxelles non è solo il leader che difende gli interessi italiani, ma è anche quello che ha una visione dell’Europa. Inoltre noi abbiamo affermato un principio, che alcuni non condividono, ma che noi ribadiamo. Ovvero che la soluzione dei nostri problemi non è il divorzio dall’Europa».
Deve però ammettere che l’atteggiamento di alcuni leader europei a volte aiuta la tentazione.
«Lo capisco e davanti alla complessità della situazione, agli ondeggiamenti del mercato, allo spread che non scende, è normale chiedersi se c’è qualcosa che non funziona o pensare che questo organismo, questa comunità sia malata e quindi ipotizzare un’uscita prima del contagio. Questo è un discorso che può sedurre, ma attenzione, si fingono di non vedere i rischi di un battello-Italia che naviga solitario nel mare della globalizzazione, fuori dall’Europa. Una prospettiva di tal genere sarebbe dannosa e senza speranza. Noi dobbiamo invece lavorare per portare la coscienza europea più vicina alla gente. D’altra parte girando per l’Europa e per il mondo, ci rendiamo conto che l’Italia viene vista in maniera nuova».
Ora, ma dopo?
«Lo ammetto, ci sentiamo spesso dire all’estero sì voi bene, ma siete una parentesi dopo la quale il teatrino politico riprenderà in Italia come prima e peggio di prima. Questo e un dato che mi preoccupa anche perché allora gli italiani si sarebbero sacrificati inutilmente. E’ chiaro che non si può fermare la democrazia, i partiti aspirano legittimamente a governare dopo le elezioni. Credo sia allora importante, per l’Italia, che i partiti assumano anche la cultura di questo governo e che ci sia una continuità: una cultura nazionale per fare scelte che non sono di parte, ma che appartengono al sentire profondo e alle esigenze reali del nostro Paese».
Ma come si può avere la certezza che alcuni impegni presi da questo governo verranno mantenuti?
«E’ un problema, soprattutto per gli impegni presi in Europa e con l’Europa. Credo sarebbe importante si sapesse che le forze politiche che aspirano a prendere la guida del governo, vogliono tener fede agli impegni europei. In Spagna si è fatto questo, anche perché la politica economica è fatta di scelte di lungo periodo».
E di scelte dettate dall’Europa.
«Qualcuno sostiene che l’Europa sia un vincolo della democrazia, ma ci si dimentica cosa è stato il vincolo Nato sulla nostra democrazia. Anche ora in Europa ci sono degli obblighi da rispettare perché siamo in una comunità di destino. Sono vincoli che salvano la nostra libertà e la nostra civiltà».
Pensa che il bipolarismo in Italia si costruisca tra coloro che sono per l’Europa e chi è contro?
«Non credo perché tutti e tre i partiti che appoggiano il governo sono forze che hanno condiviso la scelta europea».
Sì, però poi ci sono i fascisti del web, come li chiama Bersani, che sembrano poter raccogliere percentuali notevoli.
«Penso che la scelta europea sia il nuovo discrimine della democrazia. Nel fronte del rifiuto dell’Europa e dell’euro io vedo la condanna all’irrilevanza del nostro Paese oppure lo scivolamento nel fascismo come avviene in alcuni Paesi europei dove fascismo e antieuropeismo si identificano».
Quindi è d’accordo con Bersani in quella definizione?
«Veramente io l’ho detta commemorando De Gasperi e non parlavo solo dell’Italia. I tre partiti che sostengono il governo sono all’interno dell’ottica europea. Mi sembra un patrimonio importante che lascia l’attuale governo, in un momento in cui si sta passando da una stagione politica a un’altra. Certo, ora si tratta di raccordare le politiche economiche e finanziarie dei Paesi europei sotto un unico segno».
A suo giudizio, a tutela del patrimonio, c’è bisogno che qualche ministro traslochi anche nella prossima legislatura candidandosi?
«No, non necessariamente e io preferirei si dibattesse più del contenuto di questo patrimonio più che dell’opportunità di candidare qualche ministro. Io per conto mio ho già risposto, non mi candido».
Nell’ultimo Consiglio dei ministri vi siete occupati anche di crescita ma i partiti della maggioranza non sembrano soddisfatti.
«Nonostante la crisi e gli obblighi di bilancio abbiamo subito dato un segnale importante riaprendo le assunzioni degli insegnanti. La scuola è sempre stata negli ultimi tempi oggetto di tagli e la decisione presa rappresenta un dato importante di attenzione per i giovani sui quali servirebbe una riflessione più ampia e un nuovo sogno per le nuove generazioni».
Scusi ma come fa la classe politica più longeva d’Europa a immaginare sogni per i giovani?
«Noi non siamo un governo di giovani ma siamo comunque gente che viene da fuori e con la testa fresca. Io spero che nei prossimi mesi, e questo lo auspicava anche Alfano ieri sul Corriere, non si riprenda con il solito teatrino ma si parli di temi sostanziali. I giovani di questo Paese sono molto soli. Il tessuto dell’associazionismo giovanile è ridottissimo e i giovani affrontano la vita da soli, con la loro famiglia. Io sto riflettendo se organizzare, dopo il forum sulla cooperazione che farò a Milano l’1 e 2 ottobre, anche un forum nazionale dei giovani per dare un messaggio di speranza e di sostegno».
Anche lei auspica, come Monti, la nascita di un «sindacato» dei giovani?
«Bene o male le vecchie generazioni, anche in questa crisi, riescono a cavarsela, seppur nelle difficoltà. I giovani sono invece completamente tagliati fuori. Con il mio collega Barca saremo a metà settembre a Napoli per lanciare un bando che vuole essere dedicato alla ripresa dell’imprenditoria giovanile».
I conti pubblici sono a posto ma il Paese arranca. Non si sente un po’ frustrato nell’attività di governo?
«Ci rendiamo conto che ci sono ancora tanti problemi e che i vincoli di bilancio ci impediscono di condurre delle politiche sociali che vorremmo soprattutto a sostegno dei più deboli. E’ anche vero però che ci sono tante cose che si possono fare per rendere migliore la vita degli italiani senza costi eccessivi».
Per esempio?
«Le ricordo una cosa che abbiamo fatto quando ci siamo resi conto del costo incredibile dei prodotti per l’infanzia nel nostro Paese. Il 40% in più rispetto agli altri Paesi spingeva molti italiani a fare acquisti all’estero. Grazie al presidente Del Rio e alle farmacie comunali, abbiamo lavorato per abbattere questi costi. Altre cose si possono fare. Ho in mente il dramma di coloro che abitano in case possedute da enti che vendono l’intero immobile a società esterne senza negoziare con i singoli locatari che magari sono lì da una o due generazioni. Piccole, grandi cose che si possono realizzare a costo zero. Ma il problema più grande che abbiamo, e sul quale dobbiamo porre tutta la nostra attenzione, ripeto, riguarda i giovani. E grande senso di responsabilità nei confronti del Paese ci spinge tutti a essere attenti alle difficoltà delle famiglie e in particolare alle povertà che diventano più acute in questi mesi di crisi. Una domanda che non possiamo non ascoltare».
Fonte: Il Messaggero | Marco Conti | vai alla pagina » Segnala errori / abusi