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Dichiarazione di Fausto BERTINOTTI
Chi voto per l'Europa - INTERVISTA
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(07 maggio 2009) - fonte: www.robertomusacchio.eu - Luciana Cimino - inserita il 07 maggio 2009 da 4018
Voto per Roberto Musacchio, Candidato per Sinistra e Libertà alla circoscrizione Centro-ItaliaPresidente Bertinotti, lei è il primo firmatario dell’appello al voto per Roberto Musacchio. Perché l’urgenza di questa preferenza?
Intanto con Roberto c’è una lunga collaborazione, una lunga storia comune nel movimento operaio e in Rifondazione Comunista e poi una presenza insieme nel parlamento europeo nella prima parte della legislatura dove abbiamo lavorato assieme nel Gue. Roberto ha svolto la funzione di capogruppo con passione politica e capacità di applicazione ai problemi della gente, ai conflitti. Ha svolto una funzione di ponte con i movimenti, si pensi, ad esempio, a come ha contribuito alla lotta contro la direttiva Bolkestein: un elemento tra i tanti che parlano di una modalità di presenza in Europa che mi auguro possa proseguire. Infine Roberto sta in una lista che non si vuole rassegnare allo stato della sinistra in Italia e che si considera una presenza utilmente provvisoria.
Musacchio si presenta in Sinistra e Libertà, un nuovo soggetto politico, che nasce in un momento travagliato della sinistra italiana, mai così dispersa ed espulsa anche dalle aule parlamentari…
Siamo passati da una condizione in cui in c’erano due sinistre, una radicale e una riformista a una condizione in cui in Italia non c’è una sinistra politica, mentre c’è un popolo e ci sono dei conflitti di sinistra. Non c’è un discorso pubblico di sinistra in grado di intervenire con forza in una crisi di proporzioni devastanti, cioè la crisi di un modello economico e sociale che da ragione a chi, come il movimento alter mondista e la sinistra radicale, avevano criticato la globalizzazione capitalistica. Il paradosso è che mentre i fatti le davano ragione la sinistra è pressoché muta e neanche i movimenti le restituiscono la parola. Il problema è quindi quello di una ricostruzione di una sinistra in Europa e in Italia. Per questo penso che alle elezioni dovrebbero essere premiati quelle donne e quegli uomini e quelle forze che si propongono questo obiettivo.
Le lotte di questi mesi, degli insegnanti e degli studenti, sono lotte di sinistra ma senza sinistra, senza rappresentazione
E’ vero, le lotte sociali hanno preso una piega inedita, si pongono sotto il segno dell’indipendenza, che è cosa diversa dall’autonomia. Tutti prima hanno avuto a che fare, anche per configgere laddove ce ne fosse stato bisogno, con i partiti del movimento operaio. Le lotte di oggi hanno assunto invece un carattere indipendente, questo per tutelarsi. Basti pensare che per la prima volta lo sciopero generale della Cgil si è svolto senza l’adesione del più grande partito d’opposizione.
In un suo recente intervento lei ha detto che l’Europa oggi vive una crisi della politica e che in questa crisi si inserisce la crisi politica della sinistra. Che cosa succede? La storia del 900 è arrivata al capolinea?
Il ‘900 è finito. Grandi studiosi hanno suddiviso la storia del movimento operaio in cicli: il ‘900 è finito con il crollo dei regimi dell’est e con l’avvento di quella rivoluzione capitalistica restauratrice che abbiamo chiamato globalizzazione. In questa nuova scena irrompe la crisi e propone la rinascita di un nuovo movimento operaio, di una nuova sinistra. Il tratto che questa nuova sinistra può ereditare da quella vecchia è la critica del capitalismo come modo di produzione ma tutto il modello sociale a cui tendere è da reinventare, a partire dalla rideclinazione del concetto di uguaglianza, senza il quale non c’è la sinistra. Mi pare che ci troviamo di fronte a due paradossi. Il primo: la sinistra non c’è più quando i fatti le davano ragione. Secondo paradosso: l’Europa non c’è quando il mondo ne avrebbe bisogno, è il terreno fondamentale delle sfide politiche del futuro.
Perché dice che l’Europa non c’è?
L’Europa non c’è perché ha subito un processo di omologazione al modello nordamericano, l’Europa non c’è perché ha subito un processo di unificazione mercantile nel quale il mercato ha mangiato la democrazia, perché ha rinunciato alla sovranità dei popoli in nome dell’assunzione dei dogmi indotti dalla cultura liberista (si pensi ai parametri di Maastricht), l’Europa non c’è perché in quest’ultima fase si è costruita su un sistematico deficit di democrazia colmato da una crescente attribuzione di poteri a strutture tecnocratiche, come la Banca Centrale Europea. L’Europa non c’è perché ha buttato l’occasione della costruzione della Costituzione sostituendola con le intese intergovernamentali e con le decisioni della commissione. Così si è presentata nuda alla crisi.
Insomma lei vede un Europa debole
I grandi soggetti che stanno prendendo decisioni nel mondo sono Obama negli Usa, la Cina, il concerto dei paesi latino americani. Invece l’Europa è rifluita nelle scelte dei governi e dei singoli paesi. Non c’è un programma economico europeo, non un piano di investimenti e persino con i grandi casi industriali, come quello dell’auto, non si vede affiorare un’idea di politica industriale, di riconversione industriale, di condizionamento dell’esborso di finanza pubblica alla realizzazione di obiettivi strategici sia riguardanti i diritti dei lavoratori, sia il perseguimento di obiettivi ecologici, sia l’introduzione di obiettivi di democrazia economica. Eppure l’Europa costituisce la scala necessaria per realizzare politiche e obiettivi in grado di pesare realmente sull’uscita dalla crisi e sulla sua direzione di marcia.
Gli effetti devastanti della crisi sono sotto gli occhi di tutti. A migliaia di precari non viene rinnovato il contratto, esplode il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e ci attendiamo una ondata di licenziamenti che forse il paese non può permettersi. Quali sono secondo lei le misure concrete da attivare? La convinceva la proposta di Franceschini di un salario minimo ai disoccupati?
Per uscire dalla crisi occorre una piena e buona occupazione, quindi l’obiettivo è il mantenimento dell’occupazione non gli ammortizzatori sociali. Il problema è costruire una politica economica . Dovremmo fare una discussione pubblica su questo, una grande assise su quale programmazione economica adottare per i prossimi 5 anni. Ci vuole un indirizzo pubblico, non bisogna avere paura di questa parola. Bisogna da un lato rispondere ai punti di crisi, dall’altro indirizzare la politica economica. E’ un discorso non rinviabile a domani, con il “poi vediamo” paghi gravemente la crisi e ti avvii su una strada che acceca.
Da una recente ricerca Ipsos è risultato che gli operari votano a destra, una tendenza già in atto negli scorsi anni ma che adesso sembra drammatica. Che segnale è secondo lei?
Gli operai sono condannati alla solitudine e nella solitudine uno prova ad arrangiarsi o con il sogno e con l’egoismo. Non è la prima volta. Il voto operaio si è indirizzato a sinistra in Europa con la nascita del movimento operaio e dei grandi partiti di massa nei “trenta anni gloriosi” dopo la vittoria dal nazifascismo ma non è una condizione permanente della storia. Perché ci sia il voto operaio bisogna che ci sia un movimento operaio. La sinistra oggi non c’è e gli operai orfani votano secondo la tendenza di egoismo mercantile a cui tutti siamo sottoposti. Piuttosto che stupirci che gli operai votano a destra, stupiamoci che non ci sia la sinistra.
Oggi da dove può ricominciare la sinistra?
Da tutte le parti. Fino a ieri ci siamo battuti perché si ricominciasse intanto da una forza politica. Oggi non esistono punti di partenza che si propongano come esclusivi, o da qui o da nessun altra parte. Se si vuole cominciare occorre partire da un big bang, cioè da una rimessa in discussione di tutto ciò che c’è. Accettare che c’è stata una cesura con il ‘900. Deve nascere un nuovo movimento operaio perché c’è bisogno di una nuova storia di liberazione da tutte le forme di sfruttamento, alienazione, oppressione che possono ritornare, persino la schiavitù. Mai come oggi le conquiste di mezzo secolo sono in discussione, compresa la democrazia. Per questo penso di incoraggiare Roberto Musacchio e quelle forze, come Sinistra e Libertà, che si propongono di concorrere alla ricostruzione di una grande sinistra europea.
Fonte: www.robertomusacchio.eu - Luciana Cimino | vai alla pagina » Segnala errori / abusi