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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

I confini della società multietnica

  • (12 maggio 2009) - fonte: Il Riformista - Antonio Polito - inserita il 12 maggio 2009 da 31

    Scherza un amico: «Berlusconi va assolto per non aver compreso il fatto». Gli capita spesso. La materia del resto è complessa. Multietnico, multirazziale, multiculturale: sono termini che hanno significati diversi. Non c`è alcun dubbio, per esempio, che l`Italia sia un paese dove convivono, e sempre più dovranno convivere, etnie diverse. Da questo punto di vista ha ragione Fini: è quasi aritmetico rilevare che è un paese plurietnico, e che dunque ha bisogno di un grande e paziente esercizio della tolleranza e dell`integrazione verso lo straniero.
    Ma, allo stesso tempo, è anche vero che nessun paese europeo si definirebbe a cuor leggero multietnico. La Germania è un paese di tedeschi, con una forte minoranza turca; la Francia è un paese di francesi, con una forte minoranza maghrebina; la Spagna è un paese di spagnoli, con una forte minoranza marocchina. Solo gli imperi erano veramente multietnici (quello asburgico, quello ottomano, quello zarista e quello sovietico). Oggi gli Stati Uniti possono definirsi multietnici, perché paese di emigrazione: chiunque vi venga accettato diventa americano indipendentemente dall`etnia, abbracciando la religione civile del patriottismo costituzionale (ecco perché ci sono tanti "hyphen-americans", americani col trattino: afro-americani, ispano-americani, italo-americani).
    Penso però che Berlusconi, con la sua frase-scandalo, si riferisse piuttosto al multiculturalismo, che è una delle possibili risposte all`insediamento di comunità straniere. In quel modello ogni diverso gruppo etnico mantiene abitudini, tradizioni e talvolta leggi del suo luogo di origine, che sono accettate dal paese di arrivo. Quando vivevo a Londra, per esempio, mia figlia frequentava una scuola inglese e cattolica in cui si festeggiavano tutte le festività cristiane, musulmane, indù, buddiste ed ebree.

    Questo è il modello inglese, favorito dalla tradizione dell`impero britannico, e che di recente è stato sottoposto a dura critica per i guai del Londonistan, il brodo di coltura da cui sono venuti fuori britannici di origine pakistana e di simpatie alqaediste. La Francia, come è noto, ha invece provato un altro modello, quello dell`assimilazione.Tutti lì devono diventare francesi: perfino i segni esteriori delle appartenenze di fede - dal velo, alla kippah, e perfino al crocefisso - sono stati vietati. Neanche in Francia le cose sono andate benissimo, come ha dimostrato la rivolta delle banlieue. Mettiamoci dunque l`animo in pace: una ricetta non c`è, e la febbre crescerà. Anche da noi. Che fare, dunque?
    Confondere la pluri-etnicità delle nostre società con l`aspirazione a una società multiculturale sul modello americano, in Europa sembra essere un errore. In realtà c`è un consenso ampio su questo. Non sarebbe socialmente e politicamente tollerabile. Lo sa benissimo anche la sinistra italiana, che infatti quand`è stata al governo ha provato a chiudere le porte ai clandestini. Con molta onestà, prima Piero Fassino, poi Francesco Rutelli e ieri Massimo D`Alema hanno ricordato che anche i governi di centrosinistra applicarono - quando poterono una politica di «respingimenti» (su impulso di Veltroni leader del Pd, il governo Prodi tentò pure di fare un decreto per espellere i romeni, cittadini europei, considerati pericolosi dai prefetti). Si parte dal principio che l`Italia, come ogni Paese sovrano, ha dei confini; e che per varcare quei confini bisogna essere autorizzati. In mare quei confini corrispondono al limite delle nostre acque territoriali. D`Alema ha giustamente ricordato che il centrosinistra seguì questa politica con notevole successo nei confronti dell`Albania. Bisogna ovviamente garantire che le richieste d`asilo politico vengano accuratamente vagliate. Ma questo si può fare anche nei consolati del Paese di partenza.
    Accusare dunque Maroni di respingere i clandestini è una contraddizione in termini. Se sono clandestini, è ovvio che vanno respinti. Altrimenti che senso avrebbero tutte le giaculatorie sulla lotta al traffico degli esseri umani? Piuttosto il problema è un altro: si può respingere solo quando c`è un Paese disposto a riprendere. Maroni è riuscito a evitare qualche sbarco non quando ha fatto la faccia feroce, o ha creato il lager a cielo aperto di Lampedusa. Ma solo quando la Libia ha accettato un accordo, come fece l`Albania ai tempi del centrosinistra. La soluzione è sempre diplomatica, non muscolare. E costa. Ma l`unica politica possibile è fermarli prima che partano, o riportarli nel Paese di provenienza prima che sbarchino. Il centrosinistra non si può rimangiare ora che è all`opposizione una politica che praticò al governo e che dovrà praticare di nuovo quando tornerà al governo. Da un punto di vista elettorale, poi, corre un rischio mortale se li lascia appiccicare addosso l`etichetta di chi accetta i clandestini.
    Su un punto però, di non minore importanza, la sinistra è meglio posizionata della destra. Più si chiudono i confini ai clandestini, e più si devono integrare e rispettare gli immigrati che già sono da noi. I respingimenti ai confini non possono convivere con il razzismo all`interno. Perché si innesca una miscela esplosiva. Tutta l`agitazione leghista (medici-spia, presidi-spia, autobus segregati, guerra alla libertà di culto degli islamici) è pericolosissima perché rende impossibile la convivenza con le etnie che già ci sono in Italia. Dunque, lungi dal difendere l`ordine pubblico, lo sabota. Anche Sarkozy fa il duro con gli irregolari, ma poi mette Rachida nel suo governo. Anche gli Stati Uniti alzano un muro al confine col Messico, però poi eleggono un presidente di colore.
    Difendere i propri confini senza diventare razzisti. E’ su questo che il Pd dovrebbe sfidare Maroni.

    Fonte: Il Riformista - Antonio Polito | vai alla pagina

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