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Dichiarazione di Maurizio SACCONI
«Ora retribuzioni legate ai risultati. Serve la partecipazione dei lavoratori all’azionariato, può essere legge entro l’anno» - INTERVISTA
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(18 maggio 2009) - fonte: Il Messaggero - Luca Cifoni - inserita il 18 maggio 2009 da 31
Retribuzioni legate ai risultati, anche attraverso la partecipazione dei lavoratori all’impresa e al suo azionariato. Per guarire l’anemia degli stipendi italiani il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha in mente una cura di questo tipo, che potrebbe diventare realtà in tempi non troppo lunghi.Ministro, l’Ocse colloca i salari italiani tra quelli più bassi del mondo sviluppato. Non è una novità, ma non per questo fa piacere.
«Questi dati non fanno che confermare la giustezza della scelta di cambiare il modello contrattuale. L’accordo del ’93 ha prodotto bassi salari e bassa produttività, e quindi ha scontentato tutti. Era un modello non adatto ad un periodo di bassa inflazione e di globalizzazione, era già tramontato nel ’97. È servito negli Anni Ottanta, quando il problema era fermare la corsa dei prezzi, ma poi è stato codificato quando già si prospettava una fase nuova. Ora si tratta di passare ad un modello che lega i salari alla produttività o, meglio ancora, ai risultati».
Cosa vuol dire in concreto?
«I lavoratori si lamentano, giustamente, perché ora che c’è la crisi ne risentono pesantemente, mentre quando le aziende macinavano utili non se ne sono accorti, in termini di retribuzioni. Se bisogna partecipare ai rischi questo vale quando le cose vanno male ma anche quando vanno bene. Dobbiamo dare una risposta a quelle organizzazioni che si sono assunte le responsabilità della crisi, e che vogliono forme di partecipazione dei lavoratori alla impresa».
Sta parlando della Cisl.
«Certo, anche della Cisl. C’è una proposta di legge che avevo presentato io già da tempo e che in realtà era stata elaborata da Marco Biagi. Ovviamente come membro del governo non la posso portare avanti in prima persona, quindi se ne sta occupando il senatore Castro. Ora c’è un testo unificato con un’analoga proposta di Treu, e il relatore è Ichino. Noi la sosteniamo, può diventare legge in tempi relativamente rapidi, entro quest’anno».
Cosa prevede quel testo?
«Dà la possibilità di mettere a punto piani per la partecipazione dei lavoratori all’azionariato, di arrivare a forme di condivisione della responsabilità, ma secondo un modello flessibile, non rigido. D’altra parte è quello che è sempre successo, in modo informale, nella piccola impresa».
Cogestione alla tedesca?
«No, la Mitbestimmung non mi piace, non bisogna creare pericolose confusioni nella gestione. Penso a qualcosa di più evoluto, che comunque dev’essere soprattutto una possibilità lasciata alle parti, non un’imposizione».
Tra le prime iniziative del governo avete realizzato la detassazione degli straordinari. Si può fare un bilancio, pur tenendo presente che questo è stato un anno davvero particolare?
«Da gennaio la detassazione è stata concentrata sulle parti variabili del salario e dunque non si applica più sugli straordinari. Tenendo presente che in tempo di crisi c’è meno da distribuire, sta funzionando più di quanto non si creda. È applicata un po’ in tutti i settori, anche in artigianato e in agricoltura».
Lei ha più volte ripetuto che di questi tempi non è saggio parlare di interventi sulle pensioni, perché si rischia di spaventare ulteriormente la gente. Però mentre il Pil si contrae, la spesa sociale, inevitabilmente, continua a correre, e dunque aumenta la sua incidenza. Come se ne esce?
«Se ne esce innanzitutto facendo di tutto per agganciare la ripresa che verrà, poi intervenendo sulle sacche di inefficienza, ad esempio la sanità meridionale. Oggi costa di più e dà di meno: non si tratta di ridurre le prestazioni ma di migliorarle riducendo la spesa. Il Nord ci insegna che è possibile»
A proposito di Nord, la preoccupa quanto è avvenuto sabato a Torino?
«Come una rondine non fa primavera, un piccolo tafferuglio non fa autunno caldo. Come ha scritto De Rita, l’Italia ha manifestato nella crisi forte coesione sociale, grazie alle azioni pragmatiche del governo, in accordo con le Regioni, e grazie alla rete di solidarietà formata dalle famiglie e dalle comunità locali».
Fonte: Il Messaggero - Luca Cifoni | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 18 maggio 2009 da 31
Questo progetto potrebbe anche funzionare, ma non certo in tempi brevi. E peccato che lo stia proponendo un governo che, per dirla con le parole di Sacconi: "in Italia si è manifestata con la crisi una forte coesione sociale". Purtroppo per gli italiani, l'Italia finora ha dimostrato molto poco perchè molto poco poteva dimostrare, se non cassa integrazione (molte ne dovranno essere rinnovate tra poco) e precarietà galoppante (che non è affatto sinonimo di flessibilità). Questo governo, consciamente, lascia credere che "la crisi" sia in gran parte superata. L'informazione non è semplicemente fuorviante. E' decisamente mancante anche perchè spesse volte viene censurata. La "crisi" finora ha solo dato piccoli segnali, perchè di crisi certamente si tratta, ma di un sistema socio-economico che deve cambiare. E' perciò preoccupante che non vi sia un'attività informativa degna di questo nome. Ciliegina sulla torta, si continua a parlare di Pil mentre una corretta, veritiera e formativa informazione economica, estesa a tutti i cittadini, non può prescindere dal pauroso debito pubblico (il 2° al mondo). Ma la paura di perdere il potere è troppa. Pertanto tutto lascia presagire che il cambiamento del sistema sarà pagato a caro prezzo dalle solite classe sociali.
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