Come funziona la legge elettorale per il parlamento europeo

Le elezioni europee sono spesso lette più in chiave nazionale che di Unione europea. Conoscere il funzionamento del sistema elettorale è il primo passo per esprimere un voto consapevole che rafforzi la legittimità democratica dell’Ue.

Definizione

Il 1976 è stato un anno chiave per l’Unione europea e in particolare per le sue istituzioni democratiche. In quell’anno venne infatti adottato il cosiddetto atto elettorale che stabilì l’elezione diretta dei componenti del parlamento europeo. Una decisione che, con il trattato di Lisbona, è stata poi inclusa nei trattati.

2. I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro: […]

b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo […] nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

In Italia questa disciplina è stata introdotta con la legge 18/1979 che, sebbene con alcune modifiche, è ancora la norma che regola le elezioni europee in Italia. Infatti, nonostante l’articolo 223 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) stabilisca la possibilità di adottare una procedura uniforme a tutti gli stati membri, questo non è avvenuto e attualmente ciascun paese membro stabilisce le proprie modalità di elezione, seppur nell’ambito di alcune regole comuni.

Quanto al sistema elettorale effettivamente in vigore in Italia le nome attuali prevedono un meccanismo proporzionale (articolo 1) con soglia di sbarramento al 4% (art. 21) e doppia preferenza di genere (art. 14).

Di conseguenza i seggi italiani al parlamento europeo (76) sono ripartiti proporzionalmente tra le liste che hanno ottenuto almeno il 4% su base nazionale.

Il voto tuttavia avviene su base circoscrizionale. Ogni elettore dunque troverà sulla propria scheda le diverse liste elettorali e, per ciascuna di queste, i candidati che si sono presentati in quella specifica circoscrizione. A questo punto l’elettore potrà decidere se votare semplicemente per una lista o esprimere uno o più voti di preferenza.

Nel secondo caso l’elettore potrà decidere se esprimere da 1 a 3 voti di preferenza. Se decide di esprimere più di una preferenza però le scelte dovranno riguardare candidati di genere diverso, pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza.

A questo punto si dispone di tutti gli elementi per stabilire chi sarà effettivamente eletto. Dopo aver determinato il numero di seggi attribuiti a ciascuna lista a livello nazionale si procede a suddividere proporzionalmente i seggi a livello di circoscrizione. In questo modo si determina il numero di seggi spettanti a ciascuna lista in ciascuna circoscrizione. Per stabilire chi sarà eletto tra i candidati di ogni singola lista invece si considerano le preferenze e, in caso di parità, l’ordine in lista.

Ciascun candidato può presentarsi in più circoscrizioni. Se eletto in più di una sarà quindi libero di scegliere quale accettare (art. 41) avvantaggiando i primi dei non eletti della sua lista nelle circoscrizioni in cui si è ritirato.

Infine l’articolo 12 della legge stabilisce regole speciali a garanzia delle minoranze linguistiche in Valle d’Aosta, Friuli Venezia-Giulia e provincia di Bolzano.

Dati

Complessivamente l’Italia elegge 76 deputati al parlamento europeo in 5 circoscrizioni, ognuna delle quali include più di una regione:

  1. Italia nord occidentale (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia)
  2. Italia nord orientale (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna)
  3. Italia centrale (Toscana, Umbria, Marche, Lazio)
  4. Italia meridionale (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria)
  5. Italia insulare (Sicilia, Sardegna).

Il numero di eurodeputati eletti in ciascuna circoscrizione non è fisso. Questo infatti dipende prima di tutto dal numero di parlamentari europei assegnati all’Italia, che può variare. Accertato questo, il numero di eletti è ripartito tra le circoscrizioni proporzionalmente, sulla base dell’ultimo censimento. Attualmente il ministero dell’interno non ha ufficializzato eventuali modifiche rispetto alle elezioni del 2019. Tuttavia si può immaginare che i dati rimarranno gli stessi visto che il numero di parlamentari europei assegnati all’Italia non è variato, né è cambiata significativamente la distribuzione demografica tra le regioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’interno
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Maggio 2019)

Analisi

La tendenza ad interpretare le elezioni europee in chiave nazionale, sia da parte dei partiti che dell’elettorato, rappresenta certamente un freno al processo di integrazione politica. Da questo punto di vista la mancanza di una legge elettorale comune a tutti i paesi membri e dunque di liste e soglie di sbarramento a livello europeo è senza dubbio un limite.

A partire dal 2014 cinque delle principali famiglie politiche europee provarono a “europeizzare” la competizione introducendo il concetto dello spitzenkandidaten. Secondo questo principio in sostanza il parlamento europeo afferma di rifiutare qualsiasi candidato a presidente della commissione europea (proposto dal consiglio) che non sia stato nominato “candidato principale” (spitzenkandidaten) da una delle famiglie politiche europee. In questo modo dunque si è cercato di avvicinare gli elettori al processo democratico europeo. Le elezioni infatti non sarebbero più servite esclusivamente a eleggere i parlamentari ma anche a indicare il presidente della commissione.

Nel 2014 in effetti questo sistema ebbe successo e lo spitzenkandidaten del partito popolare europeo (Ppe), Jean-Claude Juncker, è effettivamente stato nominato presidente della commissione. Lo stesso però non è accaduto nel 2019. In quell’occasione infatti il candidato principale del Ppe, ovvero il partito arrivato primo alle elezioni, era Manfred Weber. Come è noto però alla fine la nomina è ricaduta su un’altra esponente del Ppe, ovvero Ursula von der Leyen.

Un’altro tentativo per europeizzare la competizione elettorale è stato fatto in occasione dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. Infatti, dopo la brexit il parlamento europeo ha dovuto scegliere cosa fare dei 73 seggi occupati dagli europarlamentari britannici. Nel 2018, dunque, venne discussa la possibilità di creare una circoscrizione unica europea, composta da candidati di più paesi membri, ma questa opzione fu scartata dal consiglio europeo. Il parlamento è tornato poi a proporre questa soluzione anche nel 2023 ma, anche in questo caso, senza successo.

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