Dopo la rottura oltre 1.600 voti ribelli nei gruppi di Azione-Iv

Il quadro dei "voti ribelli" compiuti da ogni appartenente ai gruppi di Azione e Italia viva prima della scissione

I voti ribelli che hanno fatto registrare gli appartenenti ai gruppi di Azione e Italia viva sono in totale 1.621 di cui 1.087 all camera e 534 al senato. Si tratta di valori tutto sommato contenuti se si considera che parliamo di due schieramenti politici con una chiara identità, benché simile, e che si erano uniti per un mero calcolo elettorale. Le votazioni che si sono tenute in totale dall’inizio alla legislatura sono stati infatti oltre 7mila. Dal dato sui voti ribelli è comunque trarre delle indicazioni interessanti. Un primo elemento interessante riguarda il fatto che i voti ribelli sono più o meno equamente distribuiti tra le due forze politiche con una leggera prevalenza per Azione (1.075) rispetto a Italia viva (948). Non c’è stata quindi una chiara divisione delle due forze all’interno dei gruppi, con uno schieramento di maggioranza a dettare la linea e l’altro in costante opposizione. È più probabile che si formassero maggioranze eterogenee a seconda del tema trattato. Questo schema però è venuto meno, almeno in parte a seguito della rottura annunciata dai due leader. È dopo il 14 aprile 2023 infatti che si registra un’impennata nel numero dei voti ribelli. Parliamo di 1.621 voti in totale. Un dato molto significativo se si considera che il periodo intercorso prima e dopo la rottura è più o meno lo stesso. Non tutti i parlamentari però hanno effettuato lo stesso numero di voti ribelli. Alcuni infatti ne hanno fatti registrare molti, altri quasi nessuno. Al primo posto troviamo Daniela Ruffino (Azione, 145 voti ribelli), al secondo Mariastella Gelmini (Azione, 141) al terzo Naike Gruppioni (Italia viva, 125). Tra i due leader è stato Carlo Calenda quello ad essersi attenuto meno alla linea del gruppo con 115 voti ribelli. Mentre Matteo Renzi si ferma a 63.

Un parlamentare è considerato ribelle quando esprime un voto diverso da quello del gruppo parlamentare a cui appartiene. Si tratta di un indicatore puramente quantitativo del grado di ribellione alla “disciplina” del gruppo. Come data della rottura tra le due formazioni è stata scelta redazionalmente quella del 14 aprile 2023, giorno in cui è stato annunciato il fallimento del progetto di partito unico. L’analisi si ferma all’8 novembre per il senato e al 16 novembre per la camera. Giorni in cui i gruppi si sono ufficialmente divisi nelle rispettive aule.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)

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