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Dichiarazione di Stefano SAGLIA
Piano nucleare. «Le Regioni potranno dire di no» - INTERVISTA
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(17 marzo 2011) - fonte: Finanza & Mercati - Federica Ramacci - inserita il 17 marzo 2011 da 31
Il programma nucleare dell`Italia va avanti: senza cedere all`emozione provocata dalle immagini dal Giappone, le commissioni Attività produttive e Ambiente della Camera hanno dato parere favorevole al decreto legislativo correttivo sulla localizzazione dei siti e la costruzione di centrali nucleari. Il 23 marzo il provvedimento tornerà in Consiglio dei ministri per il varo definitivo, come ha confermato ieri il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che però ha aggiunto: «Non si possono obbligare le regioni a ospitare le centrali».Sottosegretario, le sue dichiarazioni stanno sollevando molte polemiche: se «tutte le regioni fossero indisponibili a ospitare le centrali, significherebbe che il nucleare non si fa», lei ha detto. Ma il parere non è vincolante.
Sì, in sintonia con la sentenza della Corte costituzionale, il parere delle regioni è obbligatorio ma non vincolante. Ma ho fatto considerazioni che ritengo politiche e di buon senso. Qualsiasi infrastruttura importante necessita che non vi siano ostacoli amministrativi e burocratici. Pensare che una centrale nucleare possa essere installata con la contrarietà di un organo di governo del territorio è sbagliato.
Un conto è dire che è sbagliato, altro che il nucleare non si farà.
Il governo mantiene il potere sostitutivo, consentito dalla Costituzione, di procedere anche in caso di parere contrario. Ma questa non è una battaglia legale, è una scelta di politica energetica generale.
Lo sta dicendo alla maggioranza o al governo?
Da due anni mi sbraccio per questo: la necessità di trovare il consenso almeno delle regioni che ospiteranno le centrali. Seppur non giuridicamente preponderante, politicamente il parere sarà un macigno. Quando si affronterà il tema della localizzazione e ci saranno proposte concrete, si potranno convincere anche i governi regionali.
Quindi la partita non è finita?
No. Ho sostenuto questa tesi e continuo a farlo, perché è di buon senso. Un programma nucleare deve essere condiviso e non imposto.
Come pensa di convincere i governatori a ospitare le centrali?
Visto quello che è avvenuto in Giappone, bisogna convincerli della tenuta dei dispositivi di sicurezza. Abbiamo il dovere di fare una corretta informazione e non lasciarci andare a dichiarazioni entusiastiche o drammatiche. Dobbiamo essere consapevoli che il nucleare è una cosa complicata, che va fatta con grande serietà e professionalità. Alle regioni bisogna far conoscere le centrali in esercizio, le caratteristiche di quelle di nuova generazione e il ritorno per il territorio, dal punto di vista economico e produttivo. Le centrali sono un`opportunità. Certo, davanti alle immagini del Giappone è più difficile crederlo, ma bisogna ammettere che centrali vecchie di 30 anni hanno resistito a sollecitazioni per le quali non erano state progettate.
Quasi tutti i Paesi europei si stanno interrogando sulla questione nucleare, e il governo italiano dice che si va avanti...
Noi non abbiamo centrali nucleari, quindi non possiamo assumere decisioni su centrali che non esistono. Cosa dovremmo fermare? Un iter legislativo che ci impegnerà almeno per i prossimi due o tre anni? Se tutto va bene, si avvieranno i cantieri per realizzare la prima unità, in esercizio dal 2020. Abbiamo nove anni per decidere se andare avanti o tornare indietro.
Fonte: Finanza & Mercati - Federica Ramacci | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 17 marzo 2011 da 31
L'emotività, sig. sottosegretario, non c'entra nulla. Anche prima della catastrofe in Giappone, vi era una gran parte degli italiani contrari al nucleare. Oggettivamente la confusione aleggia molto più sulle scelte del Governo. Questo sembra molto più impegnato a curare un affare commerciale, piuttosto che pensare con lungimiranza al futuro energetico della Nazione. L'Italia potrebbe avvalersi da subito delle nuove tecnologie energetiche in continuo sviluppo, per merito della ricerca. Non ammetterlo significa voler fare disinformazione per non dire di peggio.
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