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Dichiarazione di Maurizio SACCONI
«Tocca al Nordest guidare il dopo-crisi». - INTERVISTA
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(26 ottobre 2008) - fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti - inserita il 26 ottobre 2008 da 31
Il ministro del Welfare: la politica trasformi quest'area in una delle grandi città metropolitane del mondoMinistro Sacconi, una riforma si fa partendo dai contenuti e non solo dalle necessità di bilancio: è vero o no che in Consiglio dei ministri dettano legge i numeri?
«Non è assolutamente così. Anzi, il governo vola "alto" proprio perché consapevole che stiamo vivendo una grande crisi epocale, che per molti aspetti è la crisi dell'Occidente, e questo impegna tutto l'Occidente a ripensare molte cose di sè. È una sfida per il suo stesso modello democratico: la vecchia Europa ha modelli lenti, inefficaci, le decisioni sono tardive e dobbiamo confrontarci con modelli più semplici. I nostri paragoni sono l'India, la Cina, la Russia: la storia va a Est. Non possiamo nè dobbiamo imitarli, ma dobbiamo ripensare in modo coerente le nostre istituzioni e il nostro modello sociale, per essere tempestivi come loro. E per una serie di ragioni tocca al Nordest guidare questo cambiamento, e approfittare di questa crisi».
Come? Lei ha detto no a provvedimenti tampone come la rottamazione.
«Basta con gli aiuti a poche grandi imprese. Nell'immediato dobbiamo garantire la liquidità a tutte le aziende, a partire dalle più piccole, sostenendo anche i consorzi fidi e le cooperative di garanzia. Sosteniamo le banche perché sostengano le imprese e metteremo in moto meccanismi di verifica che ciò accada. In termini di prospettiva, invece, la risposta è: investendo proprio nella crisi. Essa pone problemi, ma stimola opportunità. La politica deve dare idee, fare grandi scelte. L'Italia ha già vissuto una situazione simile nei primi anni Ottanta, con una stagnazione e l'inflazione a due cifre: ma proprio allora decollarono nel Veneto fenomeni come Benetton e altri. Ricordo un convegno dell'inizio dell'83 del Club Più Impresa dal titolo "Treviso, ovvero le idee nella crisi" con duemila persone».
Per governare cambiamenti epocali però servono sempre i soldi: la finanza e l'imprenditoria del Nordest ci sono?
«Conto sull'intelligenza e sul coraggio degli imprenditori sostenuti da una politica ambiziosa. Come in passato hanno pesato le classi dirigenti del Nordovest, così stavolta tocca a quelle del Nordest. Penso a chi gestisce l'aeroporto di Venezia o il porto di Trieste, le Generali o le multiutilities che dovrebbero far nascere un grande operatore energetico specializzato nel gas: dobbiamo offrire il contesto idoneo ai grandi imprenditori della logistica come i Marchi e i Benetton, a manager della finanza come Perissinotto, e ai tanti uomini della manifattura globalizzata come i Tomat, i Moretti Polegato, i Riello. Dipende dalla politica organizzare il Nordest affinché sia una delle grandi città metropolitane del mondo, che possa fungere da piattaforma di servizi e polo logistico rispetto ai flussi che possono arrivare sempre più al porto di Trieste dal Sud Est asiatico attraverso l'Oceano Indiano, Suez e le autostrade dell'Adriatico, come rispetto a quel bacino immediato che è rappresentato dai Balcani e all'Europa dell'Est che ci è naturale interlocutore perché economicamente complementare. La città metropolitana dal punto di vista residenziale c'è già, dobbiamo addensare alcune grandi funzioni in pochi punti prescelti in modo da attrarre da tutto il mondo capitale umano creativo e investimenti. E questa è un'operazione per l'Italia intera».
In questo senso l'Expo a Milano può servire al Nordest?
«Se la orientiamo verso Est. Il simbolo di questa Expo dovrebbe essere Marco Polo».
Non crede che gli imprenditori legittimamente diranno: vai avanti tu, che poi vediamo. Ovvero: prima si muova la politica...
«È vero: la politica adesso ha un ruolo determinante. Per questo dico che così come il termine di paragone per Berlusconi non è Veltroni ma Sarkozy o il prossimo presidente degli Usa o i suoi interlocutori cinesi di questi giorni, così nel Nordest chi ha un ruolo istituzionale come Galan, Brunetta, Ghedini, Giorgetti, Brancher, o il sottoscritto è chiamato a volare "alto". Dobbiamo evitare di essere singolarmente stimati, ma non collettivamente identificati con un grande progetto e con il partito nazionale che lo sostiene».
Non un con un partito regionale?
«Negli ultimi mesi sono successe cose epocali, del mondo si stanno occupando i leader degli Stati-Nazione. Non ci sono le regioni, nessuno si illuda; e l'Europa stessa è una confederazione di Stati-nazione. Il Veneto, il Nordest, devono occuparsi di tutto il Paese. Toccherà a noi occuparci dello stesso Mezzogiorno se vogliamo tornare a tassi di crescita elevati».
È una risposta alla Lega?
«È la grande questione politica dei nostri giorni. Dopo centocinquant'anni il Nordovest, che ha segnato nel bene e nel male la storia d'Italia per la sua posizione geo-economica esprimendo egemonia nei valori e nelle classi dirigenti, è in irreversibile declino, mentre il Nordest è, con i porti del Baltico, l'altra porta dell'Europa e può esprimere valori, buone pratiche e uomini per la seconda ricostruzione dell'Italia. E questi uomini devono avere senso della Nazione e visione globale».
Ma la politica è anche pragmatismo: non ritiene che il Pdl, in Veneto ma non solo, debba occuparsi di trovare il modo di replicare all'avanzata della Lega?
«Il problema c'è, ma non si risolve rincorrendo la Lega sul suo terreno. Il Pdl è il partito nazionale a sostegno della leadership di uno Stato-Nazione che non può che appartenere alla sua area più forte perché tutta l'attività di governo si deve tarare sulle esigenze della sua locomotiva. Si tratta, ad esempio, di pensare ai problemi veneti come a questioni nazionali e ai problemi nazionali come a questioni venete. Ciò significa non autocompiacimento, ma coscienza della grande responsabilità che ci tocca, quella anche di accelerare la nostra modernizzazione per guidare quella del Paese. Nella grande crisi vincerà la politica che sconfiggerà la paura e offrirà la speranza, non quella che cavalcherà la paura e per questo piccolo calcolo rinuncerà alla speranza».
Quindi no a un Pdl che insegua la Lega?
«Noi dobbiamo evitare ogni attitudine all'arroccamento difensivo, alla tentazione di offrire al cambiamento solo un'ottusa resistenza. Dobbiamo gridare a tutti che proprio in una stagione come questa bisogna osare, osare, osare».
Fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti | vai alla pagina » Segnala errori / abusi