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Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare (Partito: PdL)
«Italia a rischio delocalizzazione» - INTERVISTA
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(21 ottobre 2008) - fonte: Il Sole 24 Ore - Enrico Brivio - inserita il 21 ottobre 2008 da 31
Non perde stile e compostezza, ma riserva critiche sferzanti al controverso pacchetto su energia e clima, messo in cantiere dalla Commissione Ue e ora all`esame dei 27 Governi. E così Stefania Prestigiacomo si rivela la più battagliera tra i ministri all`Ambiente europei riuniti a Lussemburgo, nell`additare i rischi di delocalizzazione delle misure in discussione e l`azzardo di aste per permessi ad inquinare che potrebbero rivelarsi tasse occulte sulle imprese comunitarie.
Ministro Prestigiacomo lei definisce il pacchetto clima come una "Maastricht dell`ambiente": ma c`è veramente il rischio di strangolare il sistema produttivo italiano o c`è anche l`opportunità di diventare più virtuosi, attraverso investimenti in nuove tecnologie pulite?
Chi dice che noi non abbiamo tenuto dei vantaggi economici del pacchetto si sbaglia di grosso. Mai costi sono certi, mentre svantaggi dipendono da molti fattori che non siamo in grado di prevedere, perché derivano dall`andamento dell`economia e dalla competitività. Quando si pensa di far pagare i permessi di emissione a tutte le aziende, ciò si traduce in una tassa che di vantaggi, in termini ambientali, ne dà molto pochi. E, in un momento come questo, non mi pare proprio il caso di caricare le aziende manifatturiere di nuovi pesi. Fanno presto i Paesi che non hanno un`industria manifatturiera a dire che sono d`accordo. Ma così si rischia di dare una mazzata, non un aiuto.
Però il commissario Ue all`Ambiente, Stavros Dimas ha definito esagerate le vostre stime di un costo di 181 miliardi del pacchetto per l`Italia.
Si tratta di cifre tratte da uno studio effettuato dalla stessa Commissione. Le posso dare le tabelle. Comunque mi sono accordata perché nei prossimi giorni si apra un tavolo tecnico tra i nostri esperti e quelli di Bruxelles per un chiarimento.
Cosa risponde a chi sostiene che l`Italia, assumendo posizioni più critiche degli altri grandi partner storici europei, dimostra scarso europeismo?
Non c`entra niente l`europeismo. Chi fa queste accuse le fa strumentalmente, solo per dare addosso al Governo e alla maggioranza. Anche i settori più accorti del partito democratico sono stati cauti e hanno ammesso che si devono apportare modifiche al pacchetto. Se siamo arrivati a questo punto è perché si è trattato questo tema con grandissima leggerezza, in nome di un ambientalismo di bandiera, scollegato da tutto. Una scelta fallimentare perché le politiche ambientali sono economiche a tutti gli effetti e richiedono risorse, ma le risorse non sono illimitate, soprattutto ora.
Quindi non si può fare nulla per aiutare l`Italia a recuperare sugli obiettivi del Trattato di Kyoto?
No, questo non vuol dire che non ci stiamo impegnando su Kyoto: abbiamo avviato un fondo rotativo per 600 milìoni di euro che mette in moto investimenti per tre miliardi, per recuperare il ritardo accumulato negli anni passati. Non siamo affatto fermi. Chi ci accusa di scarso europeismo e di non avere a cuore una politica ambientale dovrebbe spiegare che cosa ha fatto nei due anni e mezzo in cui è stato al Governo. Dal centro-sinistra sono stati presi questi impegni penalizzanti per il nostro paese. Noi siamo per ripartire un pacchetto così ambizioso in maniera equa tra i Paesi membri e soprattutto insistiamo sul rapporto tra costi e benefici.
Qual è la posizione italiana sul regolamento per limitare le emissioni di Co2 delle auto?
Abbiamo fatto presente che paradossalmente il metodo di intervento contraddice gli obiettivi, perché rischia di penalizzare la diffusione di auto leggere che consumano meno a favore di auto pesanti che inquinano di più. La curva sulla distribuzione degli sforzi e il meccanismo sanzionatorio non ci vanno bene. E vogliamo anche criteri chiari per le aziende in deroga, come la Ferrari, senza limitarli solo a case indipendenti.
Quali mete ritiene irrinunciabili ora nel negoziato?
Il rischio principale è la delocalizzazione e anche Paesi come la Germania hanno posto il problema. Ma ci vogliono criteri chiari. Escludere solo alcuni comparti dalle aste a pagamento di permessi di emissione è un po` una contraddizione perché tutti i settori manifatturieri sono a rischio di delocalizzazione. Non si può individuarne solo alcuni e non tenere conto di altri. In ogni caso, mi sembra superficiale pensare che il sistema delle aste possa dare benefici all`ambiente. Non mi piace parlare di deroghe ma ci vorrà più flessibilità, per raggiungere con meno oneri risultati importanti per l`ambiente. Ma per avere una soluzione equa ci dovrà essere poi un accordo globale, che coinvolga anche i Paesi concorrenti non europei.
Fonte: Il Sole 24 Ore - Enrico Brivio | vai alla pagina » Segnala errori / abusi