Cosa prevede il federalismo fiscale per i comuni

Dalla riforma del titolo V della costituzione al fondo di solidarietà comunale, ricostruiamo i passaggi principali del federalismo fiscale nell’unico campo in cui è stato realizzato: gli enti locali.

Definizione

Il federalismo fiscale in Italia si basa sulla riforma del titolo V della costituzione. Introdotta nel 2001, aveva lo scopo di dare maggiore autonomia alle regioni e agli altri livelli di amministrazione locale. Tra le novità introdotte, erano previste delle misure per ridurre la disparità tra i comuni in tema di servizi.

  • L’articolo 117 stabilisce che lo stato definisca le funzioni fondamentali dei comuni e i livelli essenziali di prestazione con cui devono essere esercitate su tutto il territorio nazionale.
  • Per garantire tali condizioni, l’articolo 119 della riforma prevede che lo stato metta a disposizione un fondo perequativo, da distribuire ai comuni in base a criteri di equità. Risorse destinate ad aiutare i territori più svantaggiati, cioè quelli che non riescono a svolgere le proprie funzioni fondamentali ai livelli di prestazione definiti.

Successivamente sono state stabilite le 7 funzioni fondamentali degli enti locali. Tra queste l’organizzazione e la gestione dei seguenti servizi: trasporto pubblico comunale, raccolta e smaltimento dei rifiuti, servizi sociali comprensivi di asili nido.

Tuttavia, nonostante a oggi siano passati quasi 20 anni dalla riforma, lo stato non ha ancora individuato i livelli essenziali di prestazione (Lep) di queste funzioni fondamentali. Senza i Lep è stato necessario trovare un diverso metodo di redistribuzione del fondo perequativo. In assenza di criteri di qualità, si è deciso di incentrare il sistema sulle risorse e sulla spesa dei comuni per i servizi.

Dati

Il metodo usato per la ripartizione del fondo perequativo riguarda solo i 6.700 comuni delle 15 regioni a statuto ordinario ed è basato su un calcolo che considera fabbisogni standard e capacità fiscali. I fabbisogni standard sono indicatori che stimano per ogni ente locale, il fabbisogno finanziario necessario per svolgere le proprie funzioni fondamentali. Sono definiti in base alla spesa media per i servizi di comuni simili a quello considerato, per caratteristiche demografiche, socio-economiche e morfologiche. La capacità fiscale, invece, è la stima delle risorse che un ente locale ricava dalle sole entrate tributarie del proprio territorio.

Per decidere come distribuire il fondo perequativo, viene calcolata per ogni comune la differenza tra il suo fabbisogno standard totale e la sua capacità fiscale:

  • se la differenza è positiva il fabbisogno è superiore alla capacità. Ciò significa che l’ente considerato non riesce con le proprie risorse a soddisfare il fabbisogno di servizi del proprio territorio. Per questo motivo, il comune riceverà risorse dal fondo.
  • se la differenza è negativa, il fabbisogno è inferiore alla capacità. Ciò significa che l’ente riesce con le entrate che ricava dal territorio a coprire il fabbisogno di servizi. Di conseguenza, verserà risorse al fondo, invece di riceverle.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: giovedì 23 Maggio 2019)

La maggior parte dei comuni italiani riceve risorse, tuttavia la totalità del fondo non è sufficiente a coprire il fabbisogno di tutti i comuni. Infatti, confrontando il totale dei fabbisogni dei comuni con il totale delle capacità fiscali, è evidente che i primi non possono essere interamente finanziati dai secondi.

8 mld di euro circa, la differenza tra il fabbisogno totale e la capacità fiscale di tutti i comuni italiani, nel 2016.

Inoltre, allo stato attuale, i comuni ricevono o versano solo il 45% della differenza tra fabbisogno e capacità, limitando ulteriormente il sistema di ripartizione.

Analisi

Il fondo perequativo costituisce solo una parte minoritaria del più ampio fondo di solidarietà comunale. Un insieme di risorse che viene alimentato, oltre che dalla parte perequativa, da quote che i comuni versano e ricevono in base a calcoli legati alle loro spese e risorse storiche.

Considerando che, come abbiamo visto prima, anche i fabbisogni standard sono il risultato di calcoli legati alla spesa, possiamo dire che l'attuale sistema di finanziamento ai comuni si basa interamente su logiche di spesa e risorse. Questo va in contrapposizione con quanto previsto dalla costituzione. Cioè che le risorse siano distribuite in base ai livelli essenziali di prestazione.

Senza i Lep manca una definizione dei diritti dei cittadini in tema di servizi.

Non aver definito i livelli essenziali di prestazione delle funzioni fondamentali è una grave mancanza. Una lacuna che ha impedito di elaborare un sistema di finanziamento basato sulla reale necessità di servizi sul territorio. Definire i Lep avrebbe infatti permesso di determinare quali comuni non riescono a garantirli e indirizzare le risorse nei territori più svantaggiati. Così da permettere a tutti i cittadini, a prescindere dal territorio in cui vivono, di accedere a dei servizi con un determinato livello di qualità.

Inoltre, un'altra criticità dell'attuale sistema riguarda l'origine dei finanziamenti. Colmare il vuoto di risorse nei territori svantaggiati attingendo a un fondo finanziato dagli stessi enti locali non è sufficiente. E anche in questo caso, non ha fondamento nella costituzione, che parla di un fondo messo a disposizione dallo stato, non dai comuni.

È necessario un fondo di origine statale.

Dovrebbe quindi essere lo stato, a questo punto, a mettere a disposizione un fondo nazionale esterno alle casse dei comuni, per colmare il vuoto necessario a coprire il fabbisogno in tutto il territorio. In questo modo verrebbe garantita alla totalità dei comuni di svolgere le proprie funzioni fondamentali e fornire dei servizi essenziali ai cittadini, a un livello base di qualità.

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