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Dichiarazione di Achille VARIATI

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Vicenza (VI) (Partito: PD)  - Consigliere  Consiglio Comunale Vicenza (VI) (Lista di elezione: PD) 


 

«A Walter manca il coraggio, non ha cambiato facce» - INTERVISTA

  • (07 dicembre 2008) - fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti - inserita il 07 dicembre 2008 da 31

    «Non siamo di fronte al declino di un partito, ma a qualcosa di più profondo: al declino di un sistema». L'onestà intellettuale del sindaco di Vicenza, Achille Variati, gli consente di guardare oltre la polemica spicciola sulla "questione morale" o sui demeriti di destra e sinistra.
    La crisi delle amministrazioni locali della sinistra è conseguenza di una "guerra tra fazioni" del Pd?
    «Ho sempre avuto una sostanziale orticaria nei confronti di Roma, intesa come partito e dirigenza nazionale. Conosco molto da lontano quel che sta succedendo. Ma credo che gli amministratori locali siano gli ultimi responsabili, al di là di questioni giudiziarie sulle quali non mi pronuncio. È una crisi del sistema. Basta con le oligarchie nazionali che si autoalimentano».
    Ma i sindaci del Pd non dovevano essere la base sulla quale rilanciare il partito? «La mia vittoria a Vicenza, per certi aspetti inattesa, è dovuta al fatto che mi sono posto di fronte ai cittadini come sindaco, non come capo di un partito o portatore di un'ideologia. In tutta la campagna elettorale non ci sono stati manifesti del Pd, non ho voluto la presenza di dirigenti nazionali, e solo di sfuggita è venuto Veltroni: per tre quarti del discorso ha parlato di politica nazionale, relegando a Vicenza gli ultimi dieci minuti pensando forse che fosse scontata una sconfitta».
    Quindi la volontà del Pd di puntare sugli amministratori locali è solo di facciata?
    «Parla con uno che quando ha vinto non ha nemmeno ricevuto i complimenti dalla classe politica nazionale. Veltroni l'ho sentito per la prima volta un mese e mezzo dopo la mia elezione».
    Ma lei non fa parte del Pd?
    «Io sono del Pd, non mi chiamo fuori. Ma ritengo che si stia avvicinando il momento del declino dei partiti così come li abbiamo intesi negli ultimi 60 anni: macchine di elaborazione del consenso. Si sta avvicinando il momento del declino di questo modello, il partito nazionale che si dirama nelle strutture regionali e provinciali in un'ottica piramidale e gerarchica. È una crisi profonda, la gente non vuole più dai suoi amministratori messaggi "di parte", destra e sinistra sono termini ormai poco riconosciuti e che non entusiasmano più. Non ha più bisogno di partiti-chiesa».
    Il Pd è un partito-chiesa?
    «Il problema del mio partito oggi consiste nel fatto che la sua classe dirigente è organizzata alla vecchia maniera, è una classe dirigente "romana". È una oligarchia che si autoalimenta, sempre la stessa. I dirigenti del Partito popolare diventati dirigenti della Margherita oggi lo sono del Pd; e lo stesso vale per quelli del Pci-Pds-Ds».
    Chi avrebbe dovuto cambiare sistema?
    «Il più grande limite di Veltroni è la mancanza di coraggio, in virtù dei quasi 5 milioni di sostenitori che lo hanno scelto con le primarie. Si è circondato della stessa classe dirigente che avrebbe avuto se fosse stato eletto da un congresso di partito. Infatti le correnti si sono radicate, le segreterie regionali sono state oggetto di una lottizzazione nazionale».
    Ma la crisi ha investito amministratori che da tempo lavorano sul territorio.
    «E qui ha un peso il cambio generazionale, di molti sindaci che sono al terzo o quarto mandato come amministratori. Ma è un problema comune a sinistra e destra, fossi nel Pdl non sarei allegro».
    Un cambiamento dipende dalla forza o dalla debolezza dei leader?
    «Sono spaventato dall'idea del leader salvifico. Se portassi un qualsiasi leader nazionale a Vicenza o a Padova e lo mettessi a cercare i voti per eleggerlo in un consiglio di quartiere, non so se ce la farebbe. Invece abbiamo bisogno di gente che sappia interpretare le tensioni e le speranze delle generazioni di oggi. E guardi che nonostante i sondaggi, è percepito come vecchio anche Berlusconi».
    Allora dove si deve guardare?
    «Ci sono belle figure che stanno crescendo. Qualche giorno fa a Vicenza si sono riuniti i sette sindaci dei capoluoghi veneti per affrontare temi concreti: di destra, di sinistra e leghisti. A nessuno è passata per la mente la linea del proprio partito. Abbiamo affidato al leghista Gobbo il compito di affrontare una questione che riguarda il trasporto dei Tir sui treni: fino a ieri sarebbe stato impensabile, ma noi ci siamo arrivati. A Roma invece devono andare ancora più in crisi prima di capire certe cose. Se solo ascoltassero cosa pensa la gente, di destra e di sinistra, dei partiti...».

    Fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti | vai alla pagina
    Argomenti: partito democratico, dirigenza, roma, partiti, territorio, veneto, rinnovamento, vicenza, amministrazioni locali, sindaci, crisi, correnti, Ds, dirigenti, Margherita, oligarchie, questione morale, partitocrazia | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 07 dicembre 2008 da 861
    Questo non è esattamente un commento. E' solo una considerazione. Variati ha ragione.

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