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Dichiarazione di Ottaviano DEL TURCO
Lo strappo di Del Turco. «Con il Pdl alle Europee? Ci sto pensando» - Colloquio
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(14 dicembre 2008) - fonte: Corriere della Sera.it - Fabrizio Roncone - inserita il 14 dicembre 2008 da 31
Non voterò Costantini, anzi spero che perda.
Collelongo(l'Aquila) — Il fuoco è acceso, c'è un bel tepore, i vetri delle finestre sono appannati. Sul camino, un geco immobile, dipinto dentro a una cornice. «Ci credo poco, ma dicono che il geco porti fortuna. Così, quando mi scarcerarono e mi ritrovai qui sotto, in cantina, nel mio piccolo laboratorio da pittore dilettante, decisi di realizzarne uno».
Ottaviano Del Turco è seduto su una poltrona rossa. La stessa, racconta, dove esattamente cinque mesi fa, la mattina del 14 luglio, lo trovarono i finanzieri venuti per arrestarlo. Lui — ex sindacalista di strettissima osservanza socialista, e poi ex parlamentare, ex presidente della commissione Antimafia, ex ministro delle Finanze — si dimise da Presidente della Regione Abruzzo poche ore dopo.«E adesso lei è venuto a chiedermi quale sarà il mio voto, in queste elezioni provocate proprio da me, giusto?».
Giusto.
«Non voterò certo per Carlo Costantini, per il dipietrista Costantini. Anzi, mi auguro che perda».
C'è qualcosa di disgustato, nel suo tono.
«C'è che io non voto per un giustizialista, e non è tanto, mi creda, per la mia condizione, di uomo innocente che aspetta di essere giudicato; quanto, piuttosto, per la mia cultura. E poi, sa, questo Di Pietro ogni giorno diventa sempre più di destra, e io sono un socialista...».
La procura di Pescara, che recentemente ha chiesto una proroga delle indagini fino ad aprile — Del Turco, nell'ambito di un'inchiesta sulla sanità privata, è accusato di aver preso tangenti per 5 milioni e 800 mila euro — gli ha concesso un permesso speciale per venire a votare: in realtà, ha l'obbligo di residenza nella sua abitazione romana.
«E ora no, non stia a chiedermi se voterò per Chiodi...».
Voterà per Chiodi, il candidato del Pdl?
«Non glielo dico. Però le dico che non dimentico ciò che Berlusconi disse un paio di giorni dopo il mio arresto».
Può ricordarlo ai lettori?
«Disse che non solo mi conosceva, e bene, ma che era anche certo della mia innocenza. E mentre lui diceva questo, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in una dichiarazione di carattere generale, com'è suo costume, ammonì contro la spettacolarizzazione degli arresti...».
E il Pd?
«Purtroppo, pur essendo io tra i suoi 45 soci fondatori, il Pd scelse invece la via dell'omertà... Per giorni, nessuno osò dire mezza parola su di me. Ebbi la netta sensazione di essere trattato come un delinquente».
Ora voi leggete queste frasi, e magari vi immaginate un Del Turco teso, nervoso, preoccupato. Proprio per niente. E' rilassato nella sua convinzione di innocenza, nel suo cardigan blu, mentre chiede — ospitale, lui che è astemio — se a questo punto della chiacchierata ci stia bene un sorso di grappa.
«La grappa no? Ma allora guardi queste ciambelline al vino...».
Senta, Del Turco: lei è molto arrabbiato con Veltroni e...
«No, aspetti: non arrabbiato, deluso. Ha ucciso un partito appena nato e con me si è comportato in un modo che non sto nemmeno a dirle».
No, scusi, lo spieghi questo modo.
«In cinque mesi non l'ho mai sentito. Mai. Non una telefonata, un sms, un bigliettino. Le sembra normale?».
Mentre altri...
«Altri sì. Sia da destra, che da sinistra. Un mucchio di telefonate belle, affettuose, garantiste».
La più bella?
«Quella di Francesco Cossiga».Torniamo a Veltroni: lei ha una straordinaria possibilità per vendicarsi del suo silenzio.
«Sarebbe?».
Accettare la candidatura nel Pdl alle prossime elezioni europee.
«L'ho letta, questa ipotesi. Sembra che qualche esponente del rango di Cicchitto e Sacconi stia pensando, effettivamente, a me».
E lei?
«Direi che è un poco prematuro fare questi discorsi... certo...».
Certo?
«Io tornerò a fare politica ovunque sia possibile farlo da riformista».
Anche nel Pdl?
«Guardi che il Pdl non è schiacciato, come si tende a dire, dal peso di Berlusconi... Perché nel Pdl, per esempio, davanti a una questione come quella della riforma della Giustizia, c'è dialettica, c'è spazio per le idee, c'è...».
Va bene, onorevole. Capito. Cambiamo argomento. Torniamo alle elezioni. Chi vince, qui in Abruzzo?
«Posso dirle chi perde di sicuro».
Chi?
«Veltroni».
Lo detesta, eh?
«No. Faccio un ragionamento. Posso?».
Prego.
«Se, come dicono molti giornali, vincerà Chiodi, a perdere sarà chiaramente lui, Veltroni».
E se invece vincesse Costantini?
«Sarebbe sempre Veltroni, il grande sconfitto. Perché, per tutti, l'artefice della vittoria sarebbe Di Pietro».
Saranno stati cinque mesi tremendi.
«Ho tenuto anche pensando a mio padre Giovanni, un vecchio bracciante socialista».
Il momento più brutto?
«Quando i miei due nipotini vennero a trovarmi nel carcere di Sulmona. Scoppiarono a piangere e io, beh...».
Fonte: Corriere della Sera.it - Fabrizio Roncone | vai alla pagina » Segnala errori / abusi