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Dichiarazione di Giancarlo GENTILINI
«Ma quale festa, è il giorno simbolo della divisione»
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(25 aprile 2009) - fonte: Il Gazzettino.it - inserita il 26 aprile 2009 da 31
Treviso, il vicensindaco critica Napolitano: «Figlio della sinistra, non è super partes. Berlusconi partecipa con riserva»
«Doveva essere la festa della riconciliazione, invece è una festa acquisita solo da una parte. Così è diventata la negazione della conciliazione...». Non è la prima volta che Giancarlo Gentilini giudica con queste parole il 25 aprile.
E non cambia idea neppure nei giorni in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano afferma che «il 25 aprile rappresenta ideali validi per tutti», e tutte le istituzioni parlano di data «incancellabile» o di ricorrenza «condivisa».
Lo Sceriffo, come spesso gli capita, è una voce fuori dal coro: «Il 25 aprile è come un fossato che invece di essere riempito, si allarga sempre di più. È sarà così fino a quando resteranno in vita persone che la guerra l’hanno fatta, i testimoni di quella tragedia che, inevitabilmente, hanno giudizi di parte. Per anni il 25 aprile è stata solo la festa della sinistra, mentre la destra se ne andava a Patrasso...». Il vicesindaco non ha paura di criticare anche il Presidente Napolitano: «É figlio della sinistra, sul 25 aprile non è proprio super partes. Dovrebbe dire: i partigiani devono fondersi con gli altri movimenti. Invece, solo mezze parole. Il 25 aprile non è la festa della riconciliazione, ma del distacco. Berlusconi ha deciso di partecipare alle celebrazioni? Anche la sua rimane una partecipazione con riserva».
La seconda riflessione, altrettanto dura, è per l’Anpi, l’associazione dei partigiani: «Negli anni ha reclutato gente che la lotta partigiano non l’ha mai vista con la motivazione dell’antifascismo. Per me non va bene. Io ho in mente l’esempio dei ragazzi del ’99: fino a quando l’ultimo di loro era in vita, il labaro dell’associazione partecipava a tutte le manifestazioni. Quando l’ultimo di quella generazione è morto, lo stesso labaro è stato riposto per sempre a palazzo dei Trecento. Così dovrebbe essere anche per l’Anpi quando morirà l’ultimo partigiano. Invece gli steccati rimangono. Io comunque continuerò a partecipare alle celebrazioni, è un mio preciso dovere civico».
Fonte: Il Gazzettino.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi