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Dichiarazione di Lanfranco TURCI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: La rosa nel pugno) 


 

O un governo istituzionale tedesco o al voto coi socialisti (e magari i radicali)

  • (25 gennaio 2008) - fonte: Il Riformista - inserita il 26 gennaio 2008 da 31
    Il Partito socialista si appre­sta a nascere in una situazio­ne che più drammatica non potrebbe essere. Comunque sarà andata al Senato, credo che lo scenario che abbiamo davan­ti non offra alternative fra ele­zioni anticipate con l'attuale legge elettorale o un difficile "governo istituzionale". Un governo che, sulla base del risanamento finanziario av­viato in questi due anni, si con­centri da un lato sulle nuove dif­ficoltà del ciclo economico e sul potere d'acquisto dei ceti popo­lari, dall'altro sull'approvazione di una legge elettorale decente, magari accompagnata da un qualche rafforzamento dei di­spositivi costituzionali di stabi­lizzazione dell'azione di gover­no. Una cosa mi pare comunque certa: il bipolarismo nelle forme che abbiamo conosciuto dopo il 1992 è definitivamente esaurito. Il vero guaio di eventuali elezio­ni immediate sarebbe quello di riproporre questo schema, vissuto ormai senza convinzione sia a destra che a sinistra.. In questo senso è espressione di tatticismo esasperato la concentrazione del fuoco polemico su Veltroni e il Pd. I socialisti han­no già espresso le ragioni di fon­do per cui non hanno aderito al Pd: il distacco dal grande filone del socialismo europeo, la man­canza di laicità e di un autentico spirito liberale, governismo a tutti i costi e utilizzazione di si­stemi clientelari in tante realtà territoriali (Campania docet), mancanza di una forte volontà di rinnovamento sul terreno istituzionale e sociale. Ma non abbiamo mai negato che il Pd resta anche il maggiore conteni­tore di forze riformiste, verso le quali muoverci contempora­neamente in termini di alleanza e di competizione. Proponendo dal nostro punto di vista un altro progetto di aggregazione e un altro schema di movimento per le forze della sinistra rifor­mista. Veltroni ha reso più diffi­cile il nostro confronto col Pd proponendo di fondare l'esigenza di una governabilità rifor­mista del Paese su un marchingegno elettorale odiosamente vessatorio verso i partiti minori, tale da gonfiare i muscoli del nuovo partito con una dose di anabolizzanti capaci di ammaz­zare un cavallone forse anche una corretta e funzionale dialet­tica democratica. Su questo punto va concen­trata la critica, non certo per di­fendere lo status quo che nel corso di questi quindici anni ha moltiplicato, all'ombra del bipo­larismo, partitini e aggregati po­litico-familiari che vivono sulla distribuzione della spesa pub­blica e sul sottogoverno cliente­lare. Veltroni ha individuato dunque il problema: quello di una governabilità capace di de­cidere; ma ha proposto una so­luzione inaccettabile che ha fi­nito per aggravare le tensioni nella maggioranza e per pro­porre un'alternativa che i socia­listi non possono accettare: quella di scegliere fra il Veltroni ammazzananetti e il Prodi loro nuovo nume tutelare. Nel caso in cui si vada verso un "governo istituzionale", bi­sogna dunque essere chiari sulla proposta di legge elettorale. Io penso che si debba sostenere il modello tedesco con due schede elettorali e con una soglia di sbarramento plausibile, magari raggiungibile in due successive tornate elettorali, in caso di fine anticipata di legislatura. Una ta­le soluzione potrebbe consenti­re una fisiologica riarticolazione del sistema politico, capace di garantire insieme alla rappre­sentanza politica una più fluida dialettica fra i partiti e un più trasparente sistema di alleanze di governo. Anche se è vero che allo stato attuale della Costi­tuente Socialista, uno schema di questo genere ci imporrebbe uno sforzo eccezionale, credo che dovremmo lo stesso non sottrarci al confronto, ma porre invece esplicitamente questa condizione per il nostro soste­gno a una nuova maggioranza. Ciò detto, dobbiamo però sapere che l'ipotesi più probabi­le resta quella di elezioni antici­pate a tempi molto stretti. In questo caso che fare? Anche in questo caso non mi sottrarrei al­l'onere che comporta il nostro progetto, che, ricordiamolo, ha l'ambizione di reggere una dop­pia sfida sia verso il Pd sia verso l'eventuale Cosa Rossa. Il mese scorso ho scritto un articolo per questo giornale ("cari com­pagni non siamo nanetti") che mi ha provocato anche qualche aspra pole­mica. Resto però convinto che solo partendo da questa convinzione e con un po' di coraggio potremmo avanzare una proposta ade­guata per affrontare la campa­gna elettorale. Potremmo im­maginare una lista rappresen­tativa della più larga alleanza di forze laiche, socialiste e liberaldemocratiche - compresi i radicali, se lo vorranno - attor­no al simbolo del Partito socia­lista. Questa lista, qualora non si presentasse da sola, potreb­be far parte di una coalizione riformista col Pd. Non credo sia invece ripro­ponibile lo schema dell'Unione, perché i socialisti potrebbero eventualmente sopportare una coalizione in cui conviva il con­flitto sulla laicità, ma non una coalizione in cui conviva anche il conflitto sul massimalismo (rosso o verde che sia) o sul giustizialismo. Esiste la possibilità di altre alleanze? In un quadro politico tendenzialmente impazzito, qualcuno pensa che po­tremmo assistere magari in al­tra forma alla riedizione delP"Asinello". Se anche così fosse, escluderei che quella pos­sa essere la casa dei socialisti. Saremmo infatti ancora dentro a un riflesso non più vitale del bipolarismo coatto. Dobbiamo invece prepararci a essere visi­bili e valutabili in quanto tali, dando spessore e grinta alla no­stra autonomia. Cosa che anco­ra non stiamo facendo abba­stanza in questi giorni di crisi del governo Prodi a livello na­zionale e nella fase dell'emer­genza rifiuti e della crisi della giunta Bassolino in Campania. Si ricorda spesso come Craxi abbia utilizzato lo schema di Aristotele: "primum vivere deinde philosophari" trasformandolo nello slogan di apertura della sua stagione politica. Biso­gna tuttavia evitare di farsi trar­re in inganno da quella citazio­ne ed evitare di tradurla nel me­no sofisticato aforisma andreottiano: "meglio tirare a campare, che tirare le cuoia". In verità Craxi riempì fin dall'inizio quel "vivere" di un progetto ambi­zioso, di una "filosofia" capace di sfidare contemporaneamen­te il Pci e la Dc. Non è giunto il momento per i socialisti di oggi di recuperare fino in fondo quello spirito e di riscoprire il gusto eccitante e aspro di quella autonomia? Se si riuscirà, nella fase convulsa che si sta aprendo, a organizzare il Congresso co­stitutivo del Partito socialista, credo che il modo di intendere l'autonomia socialista sarà il ve­ro tema in discussione.
    Fonte: Il Riformista | vai alla pagina
    Argomenti: partito democratico, governo, crisi governo prodi, radicali | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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