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«Mai più subalterni a Gheddafi ma neanche a Sarkozy» - INTERVISTA
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(21 marzo 2011) - fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli - inserita il 21 marzo 2011 da 31
Si partecipi, ma alla pari. Berlusconi sembra trascinato in un'operazione fuori controllo.«Partecipare alla pari per decidere alla pari». E' la linea che secondo Arturo Parisi, ex ministro della Difesa, deputato del Pd, deve seguire l'Italia nella crisi libica: «Condividere le decisioni, con la speranza che siano orientate ad una linea più equilibrata di quella imposta dalla Francia. L'opposto di quello che sembra l'orientamento di Berlusconi: strisciare i piedi in una operazione fuori controllo».
L'Italia «deve recuperare il tempo perduto, che in questo caso significa anche recuperare la dignità perduta» e non passare «dalla subalternità a Gheddafi a una subalternità a Sarkozy».Sì all'intervento in Libia, no a quello in Iraq: perché oggi non c'è Bush ma Obama?
«Anche se siamo pieni di problemi, la differenza, con tutta evidenza, è la risoluzione dell'Onu. La discussione è sul come darle esecuzione, non sul se. E, subito dopo, la definizione esatta dell'obiettivo perseguito dall'intervento».
Quale deve essere l'obiettivo?
«La difesa dei civili. Comunque se partecipiamo, dobbiamo partecipare alla pari, non con semplici azioni di supporto.
Esserci alla pari per decidere alla pari e svolgere un ruolo di mediazione che tenga l'attuazione della risoluzione Onu in un solco compatibile con la Costituzione. In sintesi, partecipazione nazionale massima in una azione collettiva misurata. L'opposto di quello che sembra l'orientamento di Berlusconi: strisciare i piedi in una operazione fuori controllo».La Francia invece ha iniziato a bombardare.
«La Francia ha operato in modo unilaterale persino alla vigilia del vertice europeo, quasi a dire che sarebbe andata avanti da sola, comunque. Una cosa che, da europeo, considero grave. É sembrato a molti che col suo protagonismo di oggi Sarkozy voglia far dimenticare di essere stato ieri il riferimento privilegiato di troppi regimi autoritari dell'Africa. Spero che la nostra partecipazione sia guidata dalla determinazione a rivendicare la possibilità di far sentire la nostra voce. Non vorrei che alla subalternità a Gheddafi segua una subalternità a Sarkozy».
Non sarà facile: da migliori amici di Gheddafi a membri di una coalizione armata contro di lui, il cambio di passo di Berlusconi è repentino.
«Ora parliamo dell'Italia, non di Berlusconi. Mi sento coinvolto da italiano, prima ancora che da esponente dell'opposizione: vedo tutte le nostre contraddizioni ma sento la responsabilità di superarle e in nome di questo ho condiviso la partecipazione. La cosa peggiore sarebbe stata continuare ad essere travolti in posizione subalterna, a livello di mero supporto tecnico o ausiliario. Per come si son messe le cose, per poter condividere la decisione non possiamo non condividere l'azione. Ma, purtroppo, tutte le preoccupazioni sono autorizzate: ci sono passate sulla testa troppe cose. Dobbiamo recuperare il tempo perduto».
Berlusconi invece sembra voler lasciare fare ad altri, sperando che basti mettere a disposizione le basi. Cosa teme?
«Si rende finalmente conto della situazione nella quale ci ha cacciati... Se Gheddafi si è detto scioccato dal comportamento del nostro premier, anche lui avrà una qualche consapevolezza della portata del suo cambiamento. Ma subire passivamente l'iniziativa altrui è comunque ora l'atteggiamento più sbagliato».
L'Italia deve poter guidare le scelte?
«Guidare mi sembra decisamente troppo. Usciremo da questo passaggio in posizione inevitabilmente più debole di come vi siamo arrivati. Ma c'è un problema di dignità da recuperare: non mi sembra la condizione immediatamente riconoscibile nel nostro comportamento».
Fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi