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Dichiarazione di Davide GARIGLIO
Primarie PD. "Io il nuovo, senza i poteri forti"
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(30 gennaio 2011) - fonte: Repubblica.it - inserita il 31 gennaio 2011 da 12104
Il Giovane contro il vecchio, l'outsider contro l'establishment, la novità contro la conservazione, la periferia contro il centro dell'impero. Se non si era ancora capito, da ieri è chiaro: sarà con questo leit motiv, lo stesso di Obama contro la Clinton, di Cota contro Bresso, che Davide Gariglio cercherà di battere Piero Fassino nella gara per diventare sindaco di Torino. A meno di un mese da quel 27 febbraio in cui il Pd ha fissato le primarie, la convention di ieri al PalaOlimpico ha confermato che l'ex presidente del Consiglio regionale sarà un rivale molto duro per Fassino.Nulla è stato causale nello show di Gariglio, molto giocato sulle emozioni e che si è svolto su un palco all'americana, con schermo gigantee una grande scritta «Gariglio sindaco» sopra lo slogan della campagna: «Liberiamo le energie». In platea c'erano circa 1300 persone. Non lo era la scelta dei tre spezzoni di film proiettati in apertura (da "La Meglio Gioventù", da "L'ora di religione" di Marco Bellocchio, e un grande monologo di Al Pacino in "Scent of Woman") il cui filo comune era appunto l'accento contro i «conservatori». Non la canzone scelta come sottofondo della manifestazione «People have the power» di Patti Smith, non l'Inno di Mameli, cantato, integralmente, con l'intera sala, mano sul cuore, in onore di Torino «capitale», nell'unità nazionale. Non i sei giovani che dal palco hanno raccontato le loro esperienza di imprenditori, precari, studenti, mamme lavoratrici, immigrati.
Nulla è stato casuale soprattutto nel lungo discorso, oltre un'ora, con cui Gariglio, in maniche di camicia (bianca) ha poi tracciato il suo percorso e i suoi obiettivi. «Come nel '93 il coraggio di Chiamparino gli fece dire di no al ritorno di Diego Novelli per una candidatura innovativa come quella di Castellani, così oggi Torino si trova di nuovo davanti a un bivio» ha detto Gariglio. «La stagione iniziata allora, e che ha cambiato la città in meglio, si sta per concludere».
E si deve ovviamente scegliere il nuovo rispetto all'«usato sicuro» rappresentato dal suo rivale. Poi sono iniziati gli attacchi: al Pd romano reo di appoggiare Fassino («Dico no al modello balia che ha già provocato disastri con Rutelli a Roma e Turco in Piemonte. Sì ai candidati espressi dai territori come Renzi Zingaretti, Orsoni, Zanonato»), ma anche di fare «una politica vecchia come forma mentale prima ancora che come dato anagrafico»).
Poi ai rapporti, a parere di Gariglio troppo stretti, di Fassino con i poteri forti: «manager, finanzieri d'assalto, banchieri». Vecchie facce come ha sottolineato dalla platea l'economista Giuseppe Berta. È curioso che i principali spin doctors di Gariglio siano da un lato Bruno Manghi (l'ideologo delle giunte Castellani) e appunto Berta che lo è stato per anni di Chiamparino. «Basta con la logica degli ex - ha aggiunto Gariglio - molti di coloro che voteranno alle primarie non sono ex di niente, nì della Dc, né del Pci né di altro»).
Poi i temi programmatici, la sua «città del futuro»: un sì senza tentennamenti alla Tav, la volontà di rafforzare l'internazionalizzazione di Torino con un assessore ad hoc, un ministro degli Esteri della città e quella di puntare in modo deciso sulla ricchezza della «macchina comunale» rendendola però più efficiente e motivata. Il no a nuovi grandi insediamenti commerciali, ma anche abitativi («A Torino ci sono già troppi alloggi sfitti, le aree libere usiamole per attirare nuove imprese»).
Poi l'appello agli immigrati, agli oltre centomila «nuovi torinesi» alla necessità di integrarli e al loro «diritto, garantito dalla Costituzione di avere i propri luoghi di culto». Anche le moschee certo. E chissà se Cota richiamato da Gariglio più volte all'amato slogan della «necessità di fare squadra» tra istituzioni, avrà apprezzato anche questo.
Davide Gariglio, per esempio: regala ai giornali titoli accattivanti ("Vincerò e senza i signori delle tessere"), ma poi si dimentica di spiegarci da dove arrivano allora le sue firme, in quella congerie di piccoli comitati e di piccoli "sultanati" locali che proliferano nei segreti del Pd (a Napoli come a Torino). O, cosa ancora più opportuna, chi è per lui quel Mario Laus che, quanto a "signore delle tessere", non ha nulla da invidiare al Psi di corso Palestro o alla Dc di via Carlo Alberto. Quando il socialista Francesco Coda Zabet poteva vantarsi così: "Io sono in grado di far eleggere una pompa di benzina..." e qualcun altro, per distruggere l'elenco dei candidati al congresso provinciale, si mangiava due interi fogli di carta.
Oppure, se più vi aggrada, prendete Piero Fassino e domandatevi che cosa può essere successo, nella sua testa di "ragazzo rosso" torinese, tanto da indurlo a frequentare con una bulimia sfrenata molte case della "Torino Bene" e ad accettare a ritmo costante incontri con il "soliti noti" della città. Tra un plauso al nuovo demiurgo della produzione automobilistica torinese e l'ospitalità assidua di chi, molto avendo già avuto sia dalla vita sia dall'amministrazione civica precedente, adesso spera in un ulteriore rovesciamento dei dettami evangelici: per mantenere almeno la quota raggiunta o, meglio ancora, aumentare la propria contiguità con il potere.
La prima verità, però, è che chi sa, giudica Gariglio e Fassino secondo valutazioni molto più positive di questa loro immagine apparente e non del tutto obiettiva. E la seconda verità è che gli elettori e le elettrici del centrosinistra si aspettano da entrambi qualcosa che vada oltre le schermaglie interne al partito o il bisogno un po' infantile (tutto post-comunista) di stupire i borghesi per rassicurarli. Noto ci spiega che si tratta di scegliere il personaggio più credibile e più capace di interpretare quella potenziale tendenza subalpina del centrosinistra a vincere con un vantaggio netto.
La questione, piuttosto, e di riuscire a trasformare quel rito precario e raffazzonato nello strumento necessario per mobilitare il maggior numero di consensi. Come e con quali strategie? Forse bisognerebbe scomodare parole di una politica che quasi non esiste più.
Identità, per esempio, oppure programma. Dire, per capirci, quale politica comunale si intende perseguire nell'Italia dei tagli agli enti locali e del possibile federalismo (e dei possibili e nefasti compromessi tra certi sindaci del centrosinistra e la Lega).
A quale parte maggioritaria della città si intende offrire il proprio servizio di amministratore. E magari con quali intenzioni: nella Torino della depressione post-olimpica e delle casse pubbliche in parte dissestate da certe velleità faraoniche e dal sogno impossibile (anch'esso molto post-comunista) di fare di un semplice primo cittadino un manager nazionale dell'energia elettrica o uno stratega degli istituti di credito.
Nella Torino, infine, dello scontro sociale che il referendum di Mirafiori ha scoperchiato e per nulla risolto (e che l'uscita Di scena di Airaudo lascia per il momento orfanoe senza rappresentanza). Conosciamo bene Gariglio e Fassino e sappiamo anche che possono interpretare letturee soluzioni diverse di queste situazioni e di questi problemi. Aspettiamo con fiducia che ce lo spieghino, prima del voto delle primarie.
http://www.garigliosindaco.net/images/stories/rassegna/repubblica29gennaio.pdf
Fonte: Repubblica.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi