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Salviamo il contratto
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(27 gennaio 2011) - fonte: Europa - inserita il 27 gennaio 2011 da 31
Federmeccanica sbaglia. Non è sostituendo il contratto nazionale di lavoro con il contratto aziendale che si forniscono alle imprese gli strumenti per essere competitive. Nel tentativo di rincorrere Marchionne e convincere la Fiat a rientrare in Confindustria, l'idea degli industriali metalmeccanici serve solo a scardinare il sistema contrattuale. Con gravissimo danno per i lavoratori e senza vantaggi per le imprese.Gli effetti pratici della proposta sono facili da individuare. Nelle imprese poco sindacalizzate verrebbero meno le tutele minime, con un peggioramento delle condizioni di lavoro e un incremento delle disuguaglianze, soprattutto salariali. Ma anche nelle aziende di più grande dimensione assisteremmo a una progressiva fuga dal contratto nazionale per stipulare accordi aziendali al ribasso. Un far west in cui le retribuzioni finirebbero per essere inferiori rispetto a quelle attuali. E il tutto senza che le imprese abbiano benefici di prospettiva.
Non è comprimendo il sette per cento di costo del lavoro (tanto pesa mediamente la retribuzione di un operaio sul valore di un'automobile) che si possono ottenere i risparmi necessari per battere la concorrenza. E non è con la corsa al ribasso che si vince la sfida della qualità e dell'innovazione. La Germania insegna.
Ciò non significa che sul piano delle relazioni industriali le cose vadano bene così. Ma è un'altra la strada da battere. Il contratto nazionale, soprattutto quello dei metalmeccanici, andrebbe riformato, non cancellato. Oggi non è niù un contenitore adeguato a rispondere alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. E' insieme troppo grande e troppo piccolo. E' troppo diversificato al suo interno. Disciplina allo stesso modo, sia sotto il profilo salariale che normativo (flessibilità, turni ed orari compresi), attività spesso con esigenze profondamente diverse.
Dall'operaio della catena di montaggio e dello stampaggio a caldo, all'ingegnere aerospaziale.Per questo i contratti vanno trasformati in "contratti cornice" che si limitino a tratteggiare le linee essenziali del rapporto di lavoro, dentro i quali possano trovare posto diverse normative di settore (auto, siderurgia ecc.), per ciò che riguarda i temi della competitività e della produttività, ritagliati sulle esigenze specifiche dei mercati entro i quali le diverse aziende operano. In questa direzione esiste una consolidata tradizione del sindacato dei chimici con i contratti di comparto.
Di pari passo va rilanciata la contrattazione di secondo livello, aziendale e territoriale, oggi in difficoltà.Soprattutto, però, la nuova dimensione settoriale va collocata in un ambito internazionale. In prospettiva, il punto d'approdo per settori in cui operano grandi imprese multinazionali non può che essere il contratto europeo. Per aziende come la Fiat le clausole riguardanti l'utilizzo degli impianti e le prestazioni lavorative devono essere simili (non uguali) per gli stabilimenti italiani, serbi, polacchi o turchi. In caso diverso, il nostro destino è segnato.
Ma buttare a mare il contratto nazionale sarebbe una sciocchezza.
Fonte: Europa | vai alla pagina » Segnala errori / abusi