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Dichiarazione di Nichi VENDOLA

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE))  - Consigliere Regione Puglia


 

«Basta alchimie, primarie» - INTERVISTA

  • (07 settembre 2010) - fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno - Bepi Martellotta - inserita il 07 settembre 2010 da 31

    Basta cincischiamenti sul «Nuovo Ulivo» e alchimie politiche con Fini o Casini: si facciano le primarie a ottobre perché il centrodestra è morto. Il presidente della Puglia Nichi Vendola morde il freno in vista di un voto anticipato e rilancia la sua sfida per la premiership con il centrosinistra, bocciando l’ipotesi - pure circolata nei giorni scorsi - di un suo ticket con il sindaco di Torino, Chiamparino.

    Presidente, come giudica la svolta di Mirabello?

    È stata certificata la morte del centrodestra per come l’abbiamo conosciuto alle ultime elezioni. Il processo di scomposizione, che va avanti da tempo e ha sfiorato la rissa, è giunto ad un punto terminale. La “casa di tutte le destre”, il Pdl, si è schiantata e il berlusconismo l’ha rivelata per quel che è, dietro le retoriche pubblicitarie: non un’azienda, ma una caserma.
    Fini ha messo in campo un’idea di destra lontana dal berlusconismo e assai più vicina alla destra europea liberal-democratica, laica e nemica del populismo. Quanto questo si tradurrà in precipitazione elettorale è difficile dirlo: ho l’impressione che nessuno voglia restare col cerino in mano ed essere indicato come l’artefice della crisi, il responsabile della fine anticipata. Ma di certo la legislatura non arriverà a compimento naturale.

    E l’idea, caldeggiata anche dal Pd, di un governo di transizione per fare la legge elettorale?

    Ormai è stata accantonata anche da coloro che l’avevano lanciata: per fare una riforma elettorale bisogna avere una maggioranza in Parlamento e nemmeno il Pd mi sembra abbia una proposta unitaria a riguardo. Sarebbe sensato fare una riforma elettorale e una legge sul conflitto d’interessi, ma ricordo che anche quando il centrosinistra era maggioranza non riuscì a farle, figuriamoci ora. Il problema è un altro.

    Prego.

    La crisi del berlusconismo ci mette di fronte alla necessità di costruire una credibile alternativa per il cambiamento nel Paese.

    Il «Nuovo Ulivo» di Bersani?

    C’è il rischio che assomigli troppo a quello vecchio, l’«unione sacra» contro Berlusconi non porta da nessuna parte. L’idea che un fenomeno di egemonia culturale possa essere archiviato da una mossa tatticamente abile sullo scacchiere della politica-politicante e che l’alleanzismo possa farci guadagnare la vittoria, è un’idea suicida. L'idea di reiterare le ricette del passato, come quella del governo Prodi, non funzionerà.

    Ripropone il «cantiere»?

    Certo. L’alleanza che bisogna costruire è con l’Italia che chiede un cambiamento, con le giovani generazioni che chiedono venga capovolto il paradigma dominante della precarietà, con gli operai di Melfi e i docenti estromessi dalla scuola. Dal discorso sul futuro dell’Italia possono nascere, non in modo trasformistico e non dentro i minuetti di Palazzo e le alchimie partitiche, le coalizioni più larghe e in grado di vincere.

    Come metterla con il «terzo polo» di Casini e Rutelli, con i quali il Pd vuole chiudere un accordo?

    Dico solo ai sacerdoti del veto che non bisogna né subirli né esercitarli. Mi sembra il gioco dei 4 cantoni, la politica fatta dalle belle statuine. Ognuno dice “io mai con quell’altro” e nessuno si preoccupa di parlare al Paese. Io il programma lo voglio scrivere col popolo delle partite Iva lungamente ingannato dalla destra, con il popolo del «family day» sbeffeggiato dalle politiche di questo governo, con i precari della scuola. Se il programma lo devono scrivere un insieme di cocci, di pezzi e cespugli che, usciti da veti incrociati, trovano un minimo comune denominatore e sperano di vincere semplicemente facendo la somma, siamo fritti.

    Eppure c’è chi a sinistra guarda bene ad un’intesa con Fini. Lo stesso Pd ha adombrato l’idea di un governo Tremonti.

    Mi pare che Fini sia stato onesto, perfino prevedibile nel richiamo all’«album di famiglia»: lui vuole ricostruire le coordinate della destra, non si può rimanere abbagliati al punto da volerlo cooptare a sinistra. Quanto al tremontismo, è solo una versione più disinvolta del liberismo: continuare a flirtare con lui sarebbe la prova di una subalternità culturale della sinistra.

    Allora, primarie. Quando?

    Temo il gioco dei paradossi: sinora mi hanno detto che io avevo posto la mia candidatura con troppo anticipo, ora - col precipitare degli eventi - non mi vengano a dire che non c’è tempo per farle. Le primarie non sono un capriccio di qualcuno, ma il valore aggiunto decisivo per il centrosinistra. Con le primarie si mettono in gioco idee, persone, programmi e si restituisce la libertà di scelta ai cittadini. Basta chiacchiere, convochiamo subito il tavolo delle regole.

    Lo fa o no il ticket con Chiamparino?

    È un eccellente sindaco e sono contento se si candida alle primarie, ma dal mio punto di vista è sbagliato indicare un ticket. È come precostituire il risultato. Confrontiamoci tutti, misuriamoci con una grande e bella gara sulle idee. E indichiamo un cambiamento vero: a questo giro il centrosinistra si assuma l’impegno a candidare donne ai vari livelli di governo del Paese. Se vogliamo davvero dare un segnale di discontinuità rispetto al berlusconismo, umiliante per le donne, cominciamo da qui: non è un tema da affrontare col diritto di tribuna o con le «quote rosa».

    E una rottamazione dei vertici del centrosinistra, come sostiene il suo «supporter» - nonché sindaco di Firenze - Matteo Renzi?

    Non uso questo linguaggio, dico solo che non bisogna lavorare per conservare rendite di posizione. Non serve rottamare le persone, piuttosto dobbiamo rottamare i conservatorismi, le tendenze oligarchiche, l’idea di una politica come proprietà delle èlite. Ecco perché le primarie: sono una riappropriazione della politica dal basso, danno corpo ad una speranza e voce alla gente comune. Così come il programma non deve e non può essere competenza di una ristretta tecnocrazia: si facciano da parte gli specialisti della politica, puntiamo a un progetto che sia frutto di una costruzione collettiva. Il Paese ci ha già chiesto un cambiamento, ma sinora gli abbiamo risposto con l’autoreferenzialità.

    Sembra un film già visto: lei in corsa «contro» i partiti e le alleanze «a tavolino». Italia come Puglia?

    Forse, ma - visto il finale - è stato un film bellissimo.

    Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno - Bepi Martellotta | vai alla pagina

    Argomenti: lavoro, sinistra, riforma elettorale, centrosinistra, rinnovamento, fini, precarietà, primarie, sindaco di Firenze, donne e politica, primarie di coalizione, alternativa, Nuovo Ulivo | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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