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Dichiarazione di Sergio Gaetano COFFERATI

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Bologna (BO) (Partito: DS) 


 

"Ma la mia non è una ritirata" - Colloquio

  • (10 ottobre 2008) - fonte: La Stampa - Federico Geremicca - inserita il 10 ottobre 2008 da 31

    Immaginiamo che a quest’ora la luce stia come sempre prendendo d’infilata l’ufficio, facendo brillare gli spessi vetri delle due scrivanie, una delle quali interamente ingombra dei piccoli regali accumulati in questi anni, stendardi, oggettini, libri e gadget: Ferrari, innanzitutto. Quando nacque Edoardo - il bambino per il quale il sindaco ha deciso di rinunciare a rifare il sindaco - Luca Cordero di Montezemolo inviò delle piccolissime scarpine «rosso Maranello», con tanto di simbolo e di auguri. Immaginiamo siano ancora lì, in bella vista... Ora però che il dado è stato appena tratto, ora che il peso è sceso via giù per lo stomaco, la voce di Sergio Cofferati tradisce infine un’emozione. Racconta: «L’altra sera, come tento di fare tutti i mercoledì, sono scappato da Bologna a Genova per stare con lui e Raffaella almeno qualche ora. L’ho visto, finalmente, muovere il primo passo. Solo uno: poi ha sculettato ed è caduto... Non è giusto che cresca senza padre. E non è giusto che la madre, a 35 anni, sacrifichi il suo lavoro per me che ne ho sessanta...». E dunque sì, ci si può credere: quella di Sergio Cofferati è una scelta «di carattere strettamente personale», un bimbo e una donna che prevalgono sulla politica, uno stile forse più scandinavo che italiano, Paese dove storie così - a torto o a ragione - sono più che rare, e dove certo qualcuno starà commentando «Cofferati dev’essersi rincoglionito». Il «cinese» - il leader freddo e duro, il Garibaldi dei tre milioni al Circo Massimo - rinuncia a ricandidarsi, invece, esattamente e davvero per le ragioni che dice: ma immaginare che sulla sua scelta «personale» la politica non abbia influito, sarebbe ingenuo. Prima ancora che sbagliato. Per reciproca ammissione, infatti, il sindaco non-bolognese e la città non hanno mai legato. Ed è proprio in questo clima di gelida diffidenza - diffidenza politica, progettuale, per certi versi perfino identitaria - che Sergio Cofferati ha purtroppo dovuto tentare di risolvere i suoi problemi «di carattere personale». Senza riuscirci, naturalmente. Racconta: «Cominciarono a dire e a scrivere che lasciavo mia moglie perché avevo messo incinta una ragazza: aspettava due gemelli. Sì, certi salotti si divertirono... I gemelli, naturalmente, non nacquero: e allora dissero che la ragazza aveva abortito. Poi si scoprì che la ragazza non era tanto ragazza, che era una professionista con un buon lavoro a Genova e allora cominciarono a dire - e a scrivere - che stavo maneggiando per farla trasferire a Bologna, visto che aspettavamo - e quella volta era vero - anche un bambino. Fui costretto a querelare il “Corriere”, non servì a nulla. Le cattiverie continuarono, con il risultato di rendere impossibile un ricongiungimento con Raffaella e nostro figlio Edoardo. Per altro, ne arrivassero di nuovi professionisti come lei a dare una mano a quelli che già lavorano per i teatri bolognesi...». A sentirlo così, mentre ragiona con qualche pudore intorno a certi privatissimi fatti suoi, la tentazione è di raccontare questa storia come l’epilogo dello scontro tra due amori: quello sbocciato tra Cofferati, la sua compagna e loro figlio, e quello mai nato tra un bel pezzo della città e il suo «sindaco straniero». Il cinese, naturalmente, ci ha messo come sempre del suo a complicare le cose. Un rapporto difficile con l’«universo Prodi» - che a Bologna conta eccome - generato dal fatto che il Professore si legò al dito la circostanza di esser stato informato della candidatura di Cofferati a cose fatte. Un rapporto pessimo con il mondo della sinistra cosiddetta radicale, uscita dalla giunta comunale sull’onda della coraggiosa (e allora inedita) affermazione del cinese che «la sicurezza non è un valore di destra». Più di un problema con i potentati economici della città, abituati da decenni a parlare col sindaco in dialetto, e in naturale sintonia sul che fare, a chi farlo fare e quanto pagare. E perfino difficoltà con lo stesso Pd, preoccupato dalla «vocazione maggioritaria» invocata da Cofferati per le prossime elezioni comunali: «Al voto ci andiamo da soli, governare con gli ex alleati non è possibile». Questo amore mai nato ha contato nella rinuncia del sindaco: e lo si capisce, naturalmente, dalle soddisfazioni esplicite e dalle felicità nascoste che hanno fatto seguito all’annuncio del cinese. Ora, certo, il Pd è nei guai. «Ma mai nessuno - sussurra Cofferati - che si sia alzato per dire che su di me si scrivevano e si dicevano della maialate». Eppure, tutto questo sembra essere una pagina davvero già voltata. «Non potevo chiedere a Raffaella di sacrificare il suo lavoro - riprende - né potevo pretendere - per lei, apprezzata a Genova - che venisse comunque qui, magari per farsi dire in strada “ecco la fidanzata del sindaco, ecco la raccomandata”. Ci ho provato a fare il pendolare, in auto avanti e indietro, a volte con Edoardo, che però non può crescere su un’autostrada. Niente da fare, non reggeva. Dovevo scegliere, l’ho fatto: e non si tratta di una ritirata...». Sarà. Per il sindaco quasi ex, si parla di una candidatura alle europee. Si vedrà, ma al momento è ben altro quel che incombe. «A Bologna si può vincere lo stesso - dice - a condizione che non comincino interminabili balletti e il gruppo dirigente individui subito il suo nome per le primarie». Inutile chiedergli se abbia informato Romano Prodi della decisione di lasciare. «È tanto che non lo sento...», dice. Tanto quanto? «Lo chiamai quando decisi di dare la mia disponibilità a concorrere per un secondo mandato. “Bene - mi disse -. Io me ne sto andando in Africa...”». Ora la grande famiglia del Professore è in fermento, come - del resto - tutto il Pd. Loro, si dice, avrebbero almeno un paio di candidati da mettere in pista. Si vedrà. Certo, sono in tanti a sembrar contenti. Per il sindaco pendolare, in fondo, forse una motivo per imboccare l’autostrada verso Genova con qualche senso di colpa in meno e un po’ di sollievo in più...

    Fonte: La Stampa - Federico Geremicca | vai alla pagina
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