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Dichiarazione di Francesco PIOBBICHI
Crisi e rivoluzione
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(07 settembre 2011) - fonte: controlacrisi.org - inserita il 07 settembre 2011 da 31
Mi colpisce molto la rapidità con la quale le classi dominanti europee hanno manomesso la democrazia sociale del vecchio continente. Mi colpisce il fatto che decenni di conquiste sociali siano state portate via cosi facilmente attraverso l'espropriazione della sovranità economica dei singoli stati in nome degli indici di Bruxelles.L'inserimento del vincolo di bilancio nella Costituzione, votato ‘bipartisan’ dalla Spagna, che verrà votato giovedì prossimo anche dal nostro Governo ne è l'ultimo esempio. Quando un anno e mezzo fa, facendo nascere controlacrisi.org parlavamo di colpo di stato monetario, della crisi come elemento costituente di nuove gerarchie sociali, la maggior parte della sinistra era impegnata a discutere di altro.
Mentre le classi dominanti chiudevano l'architettura istituzionale europea in maniera tale da rendere un “macellaio sociale” chiunque succederà a Berlusconi, noi eravamo rinchiusi in un dibattito provinciale che di fatto ha oscurato alla popolazione italiana cosa firmavano Tremonti e Napolitano in Europa.
Per carità, questo Governo è infame e classista e prima ce ne liberiamo meglio è per tutti, ma il rischio concreto è che il prossimo non sarà meno servo dei banchieri di quanto lo è l’attuale. Lo sarà per impossibilità materiale rispetto alla possibilità di mutare i rapporti di forza nel quadro dato a livello internazionale.
Primo, perchè è pressochè impossibile intervenire politicamente per modificare il patto di stabilità appena revisionato che ci costringe al rientro forzato del debito. Secondo, perchè l'accresciuto potere del tutto politico ed arbitrario della BCE sta dimostrando come e quanto sia simbiotico l'intreccio tra speculazione, austerity e ristrutturazione capitalista.Ieri sera Giorgio Napolitano ha proposto, dopo il diktat di Trichet/Draghi, una manovra TRIS, trovando la disponibilità di Casini e Letta e riuscendo ad ottenere in zona Cesarini ulteriori modifiche sulle pensioni e l'Iva.
Messa in questo quadro la situazione italiana sembra indirizzarsi velocemente verso quella greca: intervento della BCE in cambio di austerity, austerity che determina stagnazione.
La maionese impazzita delle ricette degli schieramenti politici per uscire da questa situazione, in cui tutti dicono tutto, è la conferma della profondità della crisi sia a livello nazionale che continentale.
Si vuol bloccare la speculazione attaccando le pensioni, si parla di Eurobond oramai fuori tempo massimo, di patrimoniale senza applicarla, e il ‘più Europa’ che tutti invocano sembra essere più un mantra che un progetto vero e proprio. Primo perchè questa Europa non è neutra nella sua costituzione materiale fatta e cucita sulle richieste liberiste, secondo perchè questa Europa ha una guida franco prussiana che, pur essendo in competizione con i tecnocrati di Bruxelles, produce una gerarchia economica tra paesi centrali e periferici.
La crisi è pertanto costituente perchè produce un nuovo modello sociale in cui il lavoro ed i beni comuni sono variabili rispetto alla competizione liberista globale. Terzo perchè come ho detto prima la leva del debito e della speculazione è un ricatto dal quale non si esce facilmente con un impianto “riformista” sempre poi che questa parola abbia senso. Per questi motivi, ritengo che occorre predisporre un progetto politico per far saltare l'Europa al di fuori di ogni elemento di compromesso con le classi dominanti.
Hanno dichiarato guerra al nostro popolo, alle conquiste sociali, alla nostra sovranità economica, alla nostra democrazia costituzionale dopo aver causato una crisi per fame di profitto. E' necessario rispondere a questo con un salto di qualità nella nostra discussione politica. Con il peso che questa parola porta con sè, ritengo che occorre rimettere al centro il tema della rivoluzione legandola al tema della democrazia. La necessarietà di costruire un movimento antisistemico in grado di essere egemonico tra le classi popolari che vivono il morso pesante della ristrutturazione capitalista e vedono nell'Europa un avversario, impone la rimessa al centro della rottura con il sistema economico e politico dominante.
Oggi noi dobbiamo riconoscere lo spazio politico euromediterraneo come luogo per la ricostruzione di un nuovo processo politico in cui ridefinire un progetto di lungo termine, ma al tempo stesso, qui ed ora, dobbiamo essere più antieuropeisti degli antieuropeisti e costruire, dentro la scissione tra democrazia e profitto maturatasi a Bruxelles, un nesso tra democrazia, diritti del lavoro, beni comuni.
Oggi, non abbiamo né un progetto politico né una forma organizzativa per produrre questo scarto. Il tema della rivoluzione è di nuovo davanti a noi, ma noi non siamo adeguati per affrontarlo. Alle rivolte che accendono le notti del vecchio continente che a quelle della sponda sud del Mare Mediterraneo che non sono per nulla concluse occorre rispondere politicamente con un progetto comune.
Oggi noi abbiamo bisogno innanzitutto di costruire una risposta politica credibile sia alla idea malsana di ridurre il danno tramite il governo che finisce di fatto, per i rapporti di forza dati, per spingere a destra le classi popolari com'è successo fino ad ora. Sia rispetto alle esplosioni della collera del popolo, le quali, seppur positive perchè rompono l'ideologia del pensiero unico, rischiano senza un progetto alternativo di essere poi metabolizzate dal sistema dominante. La crisi non è semplicemente crisi economica. Come abbiamo detto essa è crisi democratica, della rappresentanza parlamentare espropriata del potere di incidere in campo economico. Il sentimento di massa contro la casta ne è l'esempio principale.
La politica è impotente rispetto all'economia e viene percepita come parassitaria. Il rischio che nella crisi emergano nuove forme di plebiscitarismo autoritario è reale e concreto, Mario Draghi di fatto conta più di Berlusconi. In questo quadro il modello del partito istituzionale va lasciato alla sua sconfitta storica, mentre occorre concepire il modello del partito sociale come proposta da mettere in campo alla fase che stiamo attraversando.
Per questa fase che si apre, con fortissime tensioni sociali imposte dalla ristrutturazione capitalista, non ci serve un partito leggero, né tantomeno il partito incentrato esclusivamente sulle cariche pubbliche che si rivede ogni 5 anni prima delle elezioni. Pur non abbandonando il principio della rappresentanza che sarebbe, questo sì, il regalo più grande che faremmo ai padroni che da sempre vogliono cancellarci con sbarramenti e bipolarismo maggioritario, quello che ci serve è un partito connettivo, utile, radicato, popolare e meticcio.
Parlo di partito connettivo perchè riconosciamo la nostra insufficienza, perchè non vogliamo rappresentare i movimenti rifacendo l'errore del dopo Genova, ma cooperare con le forze sociali in mobilitazione misurando la nostra capacità di egemonia in un processo aperto e plurale che favorisce elementi di autorganizzazione ed autonomia.In questo spazio, nei tempi e nei modi adeguati, andrebbe collocata la proposta della costituente dei beni comuni, come luogo principale di connessione fra realtà che funzionano come una grande forza di cooperazione politica antisistemica.
La costituente dei beni comuni come forza cooperante del nuovo intellettuale collettivo nato dalle realtà sociali in mobilitazione, è forse il terreno con il quale ricostruire un progetto di alternativa di società. Parlo di partito utile perchè la crisi sta dissolvendo progressivamente lo stato sociale, e sta indebolendo (se non cancellando) il potere di acquisto del nostro blocco sociale.Il partito utile è il partito della quotidianità, partiamo dalle buone pratiche di mutualismo prodotte e allarghiamole. Le pratiche sociali dovranno essere il punto principale con il quale concepire la nostra militanza e ricostruire senso all'azione collettiva. Parlo di neomutualismo in una funzione rivoluzionaria così come lo è stato quello dei fasci siciliani sul finire dell'800 che concepirono la loro azione non per ritagliarsi una nicchia dentro il sistema dominante (come in parte fece invece il partito socialista) ma in un'azione solidale già immediatamente rivoluzionaria, che costruisce solidarietà tra pari con una chiara funzione antisistemica.
Parlo di partito radicato, perchè dobbiamo essere nel posto giusto al momento giusto, nei territori e nelle zone dove la politica non c'è più. Parlo di partito popolare, perchè al populismo ed alla cancellazione dell'azione collettiva in nome del plebiscitarismo dobbiamo opporre un processo politico che dia voce e possibilità di organizzazione immediata al popolo della crisi. Un processo democratico che costruisce il partito sociale come strumento per l'emancipazione collettiva dentro e contro la crisi della politica.
Parlo di partito meticcio perchè il nuovo soggetto rivoluzionario sarà tale solo se al piano inclinato della guerra tra poveri opponiamo attorno alla centralità del lavoro una battaglia comune tra i lavoratori mobili ed i residenti, tra i precari ed i garantiti. In questo senso il lavoro con gli altri partiti e movimenti della sinistra euromediterranea è fondamentale. Le prossime settimane saranno calde, lo spazio di contestazione che si apre alla crisi non sarà facilmente metabolizzato dai giochetti di chi scende in piazza oggi e già pensa che governerà domani su mandato della BCE.
Le manifestazioni di oggi anticipano la data del 15 ottobre che segna per la prima volta - al di la del ritardo dei grandi sindacati che non hanno ancora l'intelligenza di aderire come sigle - la prima risposta continentale contro l'austerity. La cacciata di Berlusconi dovrà coincidere con la permanente rottura verso le politiche europee e della BCE, e più in generale contro il sistema di dominio liberista.
In questo quadro ritengo che la partita per i comunisti del XXI secolo sia appena iniziata.
Fonte: controlacrisi.org | vai alla pagina » Segnala errori / abusi