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(03 settembre 2011) - fonte: l'Unità - Simone Collini - inserita il 03 settembre 2011 da 31
«In queste ore siamo a un punto di svolta, purtroppo drammatico».Pier Luigi Bersani parla mentre la Borsa chiude su un brutto -3,9%, mentre l`Ue esprime perplessità sulle misure anti-evasione e mentre torna a volare lo "spread" italiano, una parola che nelle ultime settimane purtroppo tutti hanno imparato a conoscere.
«Questa manovra e questo governo non sono credibili. Siamo in piena emergenza e noi siamo disponibili ad assumerci le nostre responsabilità in Parlamento per cercare di migliorare le norme nel senso della credibilità, dell`equità e della crescita. Ma serve un cambiamento del quadro politico, altrimenti tutto è vano».
Non è la prima volta che formula un simile ragionamento.
«È vero, noi diciamo ormai da oltre un anno che il problema politico è nel cuore stesso dell`emergenza economica e finanziaria, perché chi ci ha portato fin qui, sul fronte più esposto, non è in grado di dire al Paese che c`è una crisi e che c`è bisogno di uno sforzo collettivo dove chi ha di più deve dare di più. E lo abbiamo detto non da oppositori, ma da italiani consapevoli. Ci siamo rivolti già un anno fa con un appello a tutte le forze delle classi dirigenti, abbiamo detto chi sa parli, perché rischiamo il botto. Adesso però abbiamo la prova, con questa manovra, che non abbiamo un governo credibile».
Cosa pensa possa succedere nelle prossime settimane?
«Difficile dirlo, ma quel che so è che siamo sull`orlo di una situazione drammatica e abbiamo un governo e una maggioranza che non se ne rendano conto. Per questo noi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità in un passaggio che affronti davanti ai mercati l`emergenza, ma questo dentro un percorso di cambio politico, perché altrimenti siamo da capo».
Cosa significa, concretamente?
«Che noi in Parlamento ci confrontiamo sulle nostre proposte, che siamo anche pronti a rafforzare di fronte all`aggravarsi della situazione. Ma chiediamo che si apra una prospettiva nuova. Serve un governo di transizione con figure autorevoli, credibile agli occhi del mondo, che approvi una nuova legge elettorale e che fissi un appuntamento più ravvicinato per le elezioni, nella primavera prossima. Noi siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità».
Perché questo suo messaggio dovrebbe essere raccolto?
«Perché altrimenti tra poco non sarà più soltanto questione di attacchi speculativi. L`Europa, la Bce, i mercati valutano che non stiamo affrontando il problema. Si aspettano che andiamo a prendere i soldi dove sono, mentre il governo pensa che si possano tagliare 20 miliardi sull`assistenza, il che pone un problema di credibilità prima ancora che di equità. E non si può pensare di prendere i soldi da chi non ne ha. Questo governo si accapiglia su minutaglie, su misure che valgono 2 o 3 miliardi quando la manovra dovrebbe essere di 55 e in realtà è piena di buchi. Vanno al ribasso perché siamo al si salvi chi può e non c`è nessuna misura che abbia il sapore di un approccio riformatore. Ma così provocano discredito e sfiducia su quello che invece possiamo fare. Se non ci sarà una svolta questo lo pagheremo».
La maggioranza le darà dell`allarmista...
«Nessun allarmismo, è la realtà. Il mese di settembre è molto delicato. I compratori dei buoni del tesoro sono per il 40% stranieri. Il nostro "spread" ha superato quello della Spagna, che ha avuto il merito di aver preso atto di un problema politico e ha anticipato le elezioni per consentire una ripartenza.
E a questo punto si trova in una situazione migliore della nostra».Ma a chi è rivolto questo ragionamento, se il premier vi ha accusato di essere "criminale e anti-italiana"?
«Affermazioni irresponsabili e sconsiderate di uno che è parte rilevante del problema e che dimostra con questo di non poter essere la soluzione. Io parlo a tutte le forze di opposizione ma anche, se esistono, a forze della maggioranza che non possono non vedere che siamo nell`ingovernabilità e che quindi devono promuovere atti di apertura al cambiamento. E infine mi rivolgo a chi può dare una mano nell` opinione pubblica, nel mondo dell` economia, tra le forze sociali, affinché ci si pronunci sulla necessità di affrontare l`emergenza chiamando tutti alla responsabilità, ma in un percorso di cambiamento politico che appaia credibile agli occhi del mondo».
Citava le forze sociali: il Pd sarà allo sciopero generale indetto dalla Cgil?
«Noi saremo presenti, con dirigenti e militanti, in tutti i luoghi in cui si criticherà la manovra e si chiederanno più credibilità, equità e misure per la crescita, allo sciopero della Cgil come ad altre manifestazioni. Aggiungo che in una emergenza del genere diremo sempre che una convergenza delle forze sociali, come quella dell`accordo del 28 giugno, è un bene prezioso su cui, fossimo stati al governo noi, avremmo fatto fiorire una nuova fase di concertazione. Questo governo invece ha introdotto nella manovra un articolo, l`8, che non c`entra niente col resto del decreto e che va rimosso, per ripristinare lo spirito e il valore dell`accordo tra le forze sociali».
Ha insistito molto sulla parola «credibilità»: c`è il rischio che il caso Penati abbia ripercussioni sul Pd?
«È una vicenda dolorosa, ma è anche l`occasione per fare una riflessione ulteriore non solo sul nostro diverso modo di procedere rispetto alla maggioranza, fatto di fiducia nella magistratura, passi indietro, uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, ma anche sul fatto che dobbiamo mettere ogni impegno nel migliorare l`esigibilità dei nostri codici etici e dei nostro Statuto. E ci stiamo lavorando. Ma la nostra gente ci chiede anche di reagire a teorie che vanno oltre le legittime critiche, e che descrivono il Pd come un corpo malato. Abbiamo fatto partire un po` dì denunce. Né accettiamo che si faccia di tutta l`erba un fascio e che si indebolisca per questa via l`unico strumento che gli italiani hanno per il cambiamento».
Qual è la posizione del Pd sul al referendum per il ritorno al Mattarellum?
«Partiamo dal fatto che abbiamo una nostra proposta di legge elettorale. Non è il Mattarellum, di cuì abbiamo visto i limiti dal punto di vista della governabilità. Però siamo amichevoli verso un`operazione referendaria che ha come obiettivo essere uno stimolo a cambiare la legge elettorale».
Fonte: l'Unità - Simone Collini | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 05 settembre 2011 da 18670
NIENTE DA AGGIUNGERE..."Il meraviglioso mondo di Bersani":siamo il Paese in cui Pci e post-comunisti sono stati più garantiti. E ancora oggi il Pd si ostina a vantare una diversità morale. Visti i vantaggi che la sua parte politica, di varie denominazioni e insegne, ha potuto ricavarne per tantissimo tempo, Bersani ha tutto il diritto, direi anzi il dovere, di considerare «meravigliosa», come ha detto nei giorni scorsi, questa Italia definita invece «di merda» da Silvio Berlusconi in una telefonata intercettata dai magistrati di Napoli. E prontamente divulgata dalla stessa magistratura, in un Paese coprofago come è diventato purtroppo il nostro, nel contesto di una indagine in cui il Cavaliere risulta solo parte lesa. Figuriamoci che cosa sarebbe venuto fuori, di quella telefonata e delle tante altre ascoltate dagli inquirenti, se il presidente del Consiglio si fosse trovato nel ruolo di imputato, solitamente riservatogli dalle toghe che si occupano di lui. L'Italia repubblicana, diciamoci la verità, è stata la Bengodi dei comunisti e dei loro epigoni, anche negli anni in cui l'anticomunismo sembrava andasse forte per il piglio con il quale il Ministero dell'Interno, per esempio, era guidato da Mario Scelba. E il segretario del Pci Palmiro Togliatti farciva i suoi comizi elettorali con la promessa di cacciare a «calci in culo» il presidente democristiano del Consiglio Alcide De Gasperi. Con il quale egli aveva peraltro collaborato come ministro della Giustizia per un po' di tempo, sufficiente a fargli avviare, come avrebbe poi raccontato il suo ormai ex segretario Massimo Caprara, una politica di furbesco investimento sulle nuove leve della magistratura. Neanche l'adesione italiana al Patto Atlantico, che con un libero voto del Parlamento ci schierò con gli americani in quella che gli storici chiamano «guerra fredda» contro l'Unione Sovietica e i paesi satelliti, impedì al Pci di essere finanziato da Mosca. E di diventare orgogliosamente, grazie anche a quegli aiuti, il più forte partito comunista d'occidente. Caduto il comunismo con il muro di Berlino nell'autunno del 1989, il Pci tentò di sottrarsi alle sue macerie cambiando più volte nomi e simboli. Che altrove non sono giustamente bastati ad evitare la fine. In Italia invece sono bastati, e avanzati. Per quanto ridotti al lumicino anche nei voti, più che dimezzati rispetto agli anni d'oro del partito guidato da Enrico Berlinguer, gli ex o post-comunisti del Pds, poi Ds, infine Pd, sono riusciti in questo «meraviglioso» Paese a conservare forza e ruolo. E a liberarsi, nel biennio 1992-93, dei loro vecchi avversari targati Dc, Psi, Psdi, Pli e sigle varie della cosiddetta Prima Repubblica affidandone la liquidazione, con processi per concussione, corruzione, concorso in associazione mafiosa e quant'altro ad un sistema giudiziario di cui Togliatti da Guardasigilli, come ho già ricordato, aveva saputo prevedere ed impostare lo sviluppo. Che anche i comunisti nelle loro varie denominazioni partecipassero più di vent'anni fa alla pratica del finanziamento illegale della politica si era capito subito, ma ebbero la fortuna, diciamo così, di uscire quasi indenni dalle indagini giudiziarie ricavandone un senso di impunità che spiega forse le cronache giudiziarie di questi giorni, di Monza e dintorni. Dalle quali si è scoperto l'uso delle tangenti rosse in anni come il 1994, quando cioè democristiani, socialisti e altri per le stesse cose finivano ancora in galera o comunque sputtanati sui giornali. Costretti proprio quell'anno a fare e a perdere i conti elettorali con la imprevista irruzione di Berlusconi nella politica, gli epigoni del Pci sembrarono persi. Ma, appunto, sembrarono. L'Italia è infatti rimasta per loro una terra politicamente meravigliosa. La buonanima di Mino Martinazzoli, l'ultimo segretario della Dc morto ieri, li recuperò ad un progetto di alleanza di cosiddetto centrosinistra. Che sperimentò con la sua elezione a sindaco di Brescia, e da cui sarebbero poi nate con Romano Prodi le esperienze dell'Ulivo e dell'Unione. Ma - cosa ancora più importante per la sopravvivenza degli ex o postcomunisti - scattarono contro Berlusconi micidiali trappole giudiziarie e istituzionali. Oltre all'Italia «meravigliosa», Bersani plaude spesso alla Costituzione «più bella del mondo», anche qui a ragione, sempre dal suo punto di vista. Disseminata di veti, più che di diritti e di garanzie reali, essa ha consegnato il Paese alle esondazioni giudiziarie e rende l'opposizione di fatto più forte del governo. Accade così che, dopo avere avuto il Pci più forte dell'occidente, abbiamo i postcomunisti più protetti e garantiti del mondo: tanto da mettere in imbarazzo anche il migliore dei loro. Che è sicuramente Giorgio Napolitano, al quale ieri non a caso Eugenio Scalfari, al termine dell'abituale omelia sulla sua Repubblica, ha tirato un po' le orecchie, pur «con devoto rispetto», per gli ostacoli che osa ancora frapporre ai tentativi di aggravare la difficile situazione dell'economia e della finanza con una crisi ministeriale. Della quale giustamente il capo dello Stato rifiuta anche l'idea fin quando il governo in carica continuerà a disporre di una maggioranza parlamentare. http://www.iltempo.it/politica/2011/09/05/1283332-meraviglioso_mondo_bersani.shtml
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