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(01 settembre 2011) - fonte: L'Espresso - Marco Damilano - inserita il 02 settembre 2011 da 31
Il rischio è un nuovo feudalesimo con aggregati bifronti politico-economici. Che sia la compagnia delle opere con il Pdl o le Coop con i Ds.Aziende che si fanno partiti. E partiti che si fanno azienda, per "fare gli affari propri e dettare le regole di tutti". "Conta poco che siano Compagnia delle Opere-Pdl, Fininvest-Forza Italia o Coop-Ds", il caso Penati non è isolato, avverte Arturo Parisi, il padre dell'Ulivo. "E' la confusione tra gli interessi economici privati e l'esercizio dei poteri pubblici che va combattuta, a destra e a sinistra", dice il professore, impegnato a raccogliere le firme per il referendum che cancella il Porcellum e restituisce ai cittadini la scelta dei parlamentari.
Lei per primo parlò di questione morale a sinistra quando Unipol provò a scalare la Bnl. Il caso Penati le dà ragione?
"Le ragioni di allora sono destinate ad apparire sempre più evidenti, messe di nuovo alla prova di fatti non del tutto chiariti, meno che mai compresi. Gli stessi nomi: Coop, Unipol, Bnl. Gli stessi tipi di connessioni e triangolazioni tra dirigenti e organizzazioni, politiche, economiche. E la stessa confusione tra morale e politica, come se il problema fosse di comportamenti individuali, l'eterna lotta tra il bene e il male, l'illusione di distinguere i buoni dai cattivi".
E invece, qual è il problema?
"Che Penati sia colpevole o innocente dal punto giudiziario lo può decidere solo la magistratura. Il problema sul quale dobbiamo interrogarci è però nitidamente politico, riguarda la confusione, il conflitto e la distinzione tra interesse generale e interesse individuale e di parte. La confusione tra gli interessi economici privati e l'esercizio dei poteri pubblici. E' questa confusione che ha raggiunto con Berlusconi il suo massimo. E' questo conflitto che ho denunciato e denuncio ovunque si manifesti. Nella sinistra come nella destra. In Berlusconi, ma non meno in chi denuncia Berlusconi".
Per Enrico Berlinguer, lo disse trent'anni fa a Eugenio Scalfari, la questione morale era l'occupazione dello Stato da parte dei partiti. Parole attuali?
"Più attuali che mai. Ma alla occupazione e usurpazione delle funzioni pubbliche si aggiunge ora un nuovo rischio. Ancor più pericoloso. Mentre la presenza della mano pubblica si riduce in Occidente e in Italia, si apre, magari in nome del principio di sussidiarietà verticale, uno spazio che in troppi si propongono di conquistare. Esattamente come nella Russia post-sovietica, nuovi soggetti e nuovi poteri si fanno avanti per conquistare gli spazi abbandonati. Guai se questi soggetti fossero aggregati bifronti politico-economici, che pretendono contemporaneamente di fare gli affari propri e dettare le regole di tutti. Sarebbe il ritorno al feudalesimo".
Chi sono gli "aggregati bifronti"?
"Che siano aziende che si fanno partiti, o partiti che si fanno aziende fa poca differenza. Così come poco conta che siano la Compagnia delle Opere- Pdl, Fininvest-Forza Italia o Coop-Ds".
Quali sarebbero le conseguenze?
"In Italia, come in Russia, la Repubblica che doveva essere dei cittadini, da oligarchia dei partiti diventerebbe confederazione di oligarchi. Capi fazione e insieme riferimento di organizzazione economiche. Regolati da se stessi si spartirebbero lo spazio pubblico abbandonato dallo Stato: previdenza, sanità, istruzione, fino alla Difesa, senza un potere superiore capace di regolarli. A dispetto dei socialisti difensori dello Stato e dei liberali guardiani del mercato".
Torniamo a Penati: è un caso isolato?
"Fino a quando non ho conosciuto Filippo Penati, per i miei ricordi di liceale i Penati erano gli spiriti protettori della famiglia e dello Stato, degli altari e dei focolari. Anche i partiti, soprattutto quelli antichi, hanno i loro Penati, ai quali i funzionari prestano giuramento, esattamente come facevano un tempo i magistrati. Il problema non è perciò capire quanti siano i Filippo Penati nel Pd, ma quali siano i Penati del Pd...".
E quali sono i numi tutelari del Pd?
"E' appunto questo il problema. Capire se e in che misura il Pd abbia ereditato il modello di partito-subcultura, nato per difendere e organizzare la condizione operaia, in una prospettiva rivoluzionaria, e ora diventato una sovrastruttura autonoma".
Quella che Bersani chiama la Ditta: gli ex Pci-Pds-Ds-Pd?
"Sì, la dorsale organizzativa, e l'habitat di chi viene da quella storia, il quadro dirigente, le sedi, i simboli, le parole, le abitudini".
Cosa dovrebbe fare Bersani?
"Chiedere a Penati un impegno ancora più preciso sulla rinuncia alla prescrizione. Solo l'indagine giudiziaria può metterci nelle condizioni di capire se siamo di fronte ad una deviazione individuale rilevante sul piano penale, o di fronte alla irrisolta questione del rapporto tra partito ed organizzazione economica".
Cosa rischia il Pd in questa vicenda?
"Il rischio maggiore è finire schiacciato sul proprio passato, che agli occhi dei più resta il passato della catena di comando che governa il partito, più o meno rinnovato grazie a nuovi matrimoni".
Lei raccoglie le firme per abrogare il Porcellum: c'è un nesso con la questione morale?
"L'indignazione, lo scandalo dei cittadini crescono ogni giorno di più, alimentati dalla crisi economica. E' urgente che la piazza che si sta mettendo in moto ritrovi nel Parlamento un interlocutore in cui possa riconoscersi. Oggi questo interlocutore si è logorato oltre misura: i parlamentari sono considerati una casta separata di privilegiati, dileggiati ogni giorno dalle stesse forze che li hanno ridotti così. Se questo è accaduto è a causa di quella vergogna che Calderoli ha definito una porcata. Abbiamo il dovere di consentire ai cittadini di dire basta. O quella legge la abrogate voi, o lo facciamo noi con l'arma che la Costituzione mette nelle nostre mani: il referendum".
Su questa battaglia nel Pd lei è partito isolato, ora c'è la corsa a firmare. Cosa si aspetta dai vertici del suo partito?
"Che seguano i dirigenti che li hanno preceduti e soprattutto gli elettori. Visto che non sono riusciti a precederli".
Fonte: L'Espresso - Marco Damilano | vai alla pagina » Segnala errori / abusi