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Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Obama rafforza il Sogno Americano» - INTERVISTA
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(04 novembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Lucia Pozzi - inserita il 04 novembre 2008 da 31
Se Obama arriverà alla Casa Bianca, per chiunque sarà possibile farcelaROMA - «Obama rafforza il Sogno Americano. Un nero alla Casa Bianca...se ci arriverà, significa che per chiunque sarà possibile farcela».
Una prospettiva che è sempre stata la vera forza, il vero motore della riuscita degli Stati Uniti...
«E che negli ultimi anni si è appannata. Invece gli Usa ne hanno un bisogno vitale, adesso, per tornare a esercitare il ruolo di primo dei global player in un clima non ostile. Lo dico da europeo, con lo sguardo a un grande Paese che si ritrova davanti allo sfacelo di una gestione economico-finanziaria che ne mette in discussione il modo di spendere e di consumare, imponendo cambiamenti non piccoli, in un mondo gravato da una dilagante recessione e nel quale, da troppo tempo ormai, si sente la mancanza di una politica americana che riesca a farsi condividere, aumentando i sentimenti di amicizia, anzichè di ostilità, verso Washington».
Queste elezioni vengono paragonate a quelle del 1932, successive alla grande crisi e portatrici delle riforme che hanno animato il New Deal. Non crede sia un po’ azzardato il parallelo Roosevelt-Obama?
«Senza scomodare Roosevelt, è evidente che gli Stati Uniti abbiano bisogno di un cambiamento profondo. E se Obama è davvero come è stato percepito, allora credo che da Presidente avrebbe tutta l’autorevolezza e l’autorità necessarie a realizzarlo».
Parla con grande partecipazione Giuliano Amato, lui che a New York ha studiato all’Università prima di intraprendere la sua brillante carriera politica che lo ha portato a essere due volte Presidente del Consiglio, quattro Ministro del Tesoro, poi delle Riforme Istituzionali e da ultimo dell’Interno, dopo la presidenza dell’Antitrust e la vicepresidenza della Convenzione Europea. Sono elezioni di «straodinaria importanza», sottolinea Amato. «Ci rendiamo conto del fatto che il nuovo Presidente Usa potrebbe essere un afroamericano, in un Paese in cui cinquant’anni fa un nero doveva viaggiare sul retro degli autobus? Questo basta a esprimere la straodinaria vitalità della democrazia statunitense».
Sarebbe una bella svolta, certamente eccessiva per quel ventre molle dell’America più conservatrice e tradizionalista che, bene o male, ha detto sì a Bush per due mandati. E’ vero che quell’era è tramontata e che lo stesso McCain non fa altro che ripetere di non essere Bush, ma è altrettanto vero che i sondaggi hanno preso sonore cantonate in passato. Cosa ne pensa?
«Innanzitutto, che McCain fa bene a prendere le distanze dall’amministrazione uscente, ma non vedo in lui la capacità di cambiare le emozioni profonde verso gli Stati Uniti. Obama, invece, sembra in grado di farlo. Questa è la grande differenza, e la grade distanza, tra i due. Quanto ai sondaggi, detto che diversi Stati che votarono per Bush ora sono per Obama, è evidente che fino a quando non avremo un risultato acquisito dovremmo essere cauti. Il mio sangue meridionale me lo dice...e comunque, fattori di rischio ci sono».
Quello razziale, in testa?
«Non sappiamo quanto inciderà, detto che si tratta di un dato inconfessato nei sondaggi. Poi c’è il popolo delle sostenitrici di Hillary: la Clinton sta facendo di tutto per portare voti a Obama, ma proprio l’altro giorno leggevo sul New York Times la lettera di un suo elettore che spiegava perché non avrebbe mai e poi mai potuto convertirsi a lui. E io stesso ho testimonianze dirette di donne cariche di risentimento. Il terzo fattore di rischio è quello legato ai giovani. James Carville aveva detto: “Mostratemi un candidato che dipende dal voto dei giovani e io vi dirò che è il perdente”».
L’entourage di Obama assicura che gli “under 30” voteranno in massa, al 70 per cento...
«L’ultima volta non si è arrivati al 50 per cento. E’ vero che tra Obama e i giovani c’è un rapporto straordinario, costruito su tecniche di comunicazione assolutamente innovative ed efficaci, come i filmati su YouTube. Bisogna però vedere quanti di quei giovani si registreranno per votare: questa è la vera sfida».
Ma il premio simpatia va a McCain, non crede?
«Indubbiamente. Si è mostrato vivace e spiritoso, alimentando un’immagine inattesa per un candidato repubblicano. L’ha offuscata con la scelta della Palin per la vicepresidenza, né gli ha giovato il sostegno dell’amministrazione in carica, da ultimo con Cheney. Il suo vero limite, comunque, è quello di non aver dimostrato quella Vision che il Presidente degli Stati Uniti deve avere. Anche questo porta a preferire Obama, ben consapevoli del fatto che nemmeno lui ha la bacchetta magica per chiudere immediatamente questa fase recessiva, ma potrà certamente aiutarci a non ricaderci negli anni a venire».
Obama ha promesso più sanità, college meno cari, nuove infrastrutture: ha davanti un percorso difficile da gestire, minato dalla crisi delle carte di credito oltre che dei subprime. Poi c’è la svolta promessa in politica estera, mentre sul piatto ci sono le emergenze globali del cambiamento climatico e dell’approvvigionamento energetico. Ce la farà?
«Obama anima forti aspettative. Anche perché è nero, non c’è dubbio. Desta maggiori attese. E’ già da tempo il pupillo di noi europei. E visto che, come dice Ciampi, dovremo rifondare insieme le istituzioni del governo mondiale sapendo che a quel tavolo siedono di diritto nuovi interlocutori come la Cina, se Europa e Stati Uniti giocheranno la stessa partita il risultato sarà certamente migliore. Se Obama arriverà a vincere, è perché ha promesso il cambiamento in un mondo che lo chiede. Ha promesso che un altro mondo è possibile. E se arriverà alla Casa Bianca, vorrà dire che è vero».
Fonte: Il Messaggero - Lucia Pozzi | vai alla pagina » Segnala errori / abusi