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Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Ha vinto la proposta, non il colore della pelle» - Colloquio
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(06 novembre 2008) - fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli - inserita il 07 novembre 2008 da 31
Per Giuliano Amato, «come per ogni uomo della mia generazione, che pensa all’America ricordando le truppe federali inviate nelle scuole di Little Rock per porre fine alla segregazione razziale», prima e sopra ogni cosa l’elezione di Barak Obama è «uno splendido processo elettorale concluso con due bambine di colore che entreranno alla Casa Bianca con la loro mamma e il loro papà». Per questo cita «la copertina dell’Economist: «It’s time. Era tempo e il tempo è venuto». Amato chiarisce: «di cose italiane non parlo». Inutile dunque chiedergli che effetto avrà Obama sulle sorti del Pd. Invece insiste sulla vittoria di un uomo di colore. «Quella famiglia alla Casa Bianca per me è accomplishment». Usa il termine inglese che racchiude l’idea del completamento di un’impresa e della soddisfazione che produce. Quell’impresa «è un valore per chiunque si trovi indietro, per motivi di razza, religione o economici. L’effetto trascinante che può avere è straordinario». E allora «nei prossimi mesi o anni verranno l’Iraq, l’Afghanistan, i provvedimenti contro la crisi, il piano sanitario». Più in là si valuterà anche la sua politica estera, dove «la nuova amministrazione dovrà avere una certa continuità con la vecchia perché nessuno se ne è accorto, ma col secondo mandato Bush, dall’Iraq fino alla convocazione del G20, ha fatto le mosse giuste, impresso una correzione non percepita perché è prevalsa l’immagine del primo mandato. Questione di fiducia, che Obama ha». E ci sarà tempo per discutere i provvedimenti contro la crisi: «Per la nostra perfida gioia, anche gli Usa hanno fatiscenti infrastrutture e studiano un piano per rilanciarle. La proposta avanzata da Felix Rohaty è simile a quella europea: la creazione di un fondo non finanziato dai bilanci statali, al quale affluiscano tutte le richieste di finanziamenti per le infrastrutture, che le selezioni e trovi le risorse». Ci sarà tempo per tutto. «Ma per me - insiste - questo è il giorno di It’s time». Non condivide perciò chi legge il risultato come la prova del superamento della questione razziale e del riuscito melting pot nella società americana. «Nego la possibilità di negare il ”malgrado”». Per lui «nella società americana continueranno ad esistere il mio grosso grasso matrimonio greco, San Patrizio per gli irlandesi, il richiamo dell’Africa per i neri. I wasp non hanno più il monopolio della rappresentanza, ma Obama è stato eletto ”malgrado” sia nero, per la forza della sua proposta, per le speranze che ha suscitato. Ne sono tanto convinto che se mi chiedesse se ora è possibile l’elezione di un italo-americano direi che no, non ne sono sicuro». Obama ha convinto per la sua capacità di mobilitare ed ascoltare. «Tutte le paure sul tradimento dei sostenitori di Hillary o per il possibile effetto Bradley (il non voto bianco per il candidato nero, di cui fu vittima nell’82 il sindaco di Los Angeles che si candidava governatore e veniva dato vincente nei sondaggi, ndr) sono cadute di fronte a questa marcia trionfale». Ora lo attende un’impresa da far tremare le vene ai polsi: «Col suo Yes we can ha toccato non tanto le corde democratiche quanto i miti dei singoli che ce la possono fare, alla John Wayne o Rossella O’Hara di ”domani è un altro giorno”. Forse è una fortuna, o forse no ma - conclude Amato - Obama ha sollecitato speranze che nessun uomo sembrerebbe in grado di soddisfare. Che Dio l’assista».
Fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi